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correndo il 1794 (), e l'anno di poi al conte Filippo Avogadro di Quaregna (2), nominato ad un tempo reggente della grande cancelleria (3). Egli fu dal patrocinio di questi due egregi personaggi, che il collegio chirurgico dovette riconoscere l'onorifica divisa onde fu primamente decorato per decreto del Re il 2 di maggio del 1795; nella quale occasione il priore Giambatista Pollano recitò alla presenza del collegio e di molti uditori un discorso, che fu publicato colle stampe (5).

Da questa radunanza del collegio chirurgico vedesi, che sebbene fosse proibito il publico insegnamento nella

fu oltre a ciò di una eccellente e soavissima indole, la quale, quasi viva immagine della sua virtù, gli traspariva nella dignità del volto. (1) GALLI, II, 81.

(2) Il conte Filippo Avogadro nacque nel 1734 il 19 di luglio, e morì il 12 di ottobre 1812. Nel 1760 era prefetto della facoltà legale nel collegio delle province; nel 1763 sostituito avvocato generale; nel 1768 senatore; nel 1777 avvocato generale; nel 1787 presidente del senato; nel 1794 reggente del ministero di Sardegna. Sotto la dominazione francese fu uno dei sette membri della giunta del governo, nominati dal generale Berthier; nel 1800 fu fatto primo presidente del senato; nel 1801 fu vice presidente nella corte d'appello; fu poscia cavaliere della legion d'onore, e membro della giunta di amministrazione delle scuole municipali. I suoi colleghi in questa giunta gli celebrarono un solenne funerale nella chiesa del Carmine; e uno di essi, il conte Somis disse l'orazione che fu data alle stampe con questo titolo: Delle lodi del cav. Filippo Avogadro nelle esequie fattegli dalla giunta d'amministrazione del collegio di Torino, orazione detta da Giambatista Somis ecc. Torino, stamp. municipale, in-8.o di pag. 79, comprese le note e le iscrizioni latine anche del SOMIS.

GALLI, II, 82.

(4) Era questa la toga colla stola di seta nera fregiata di pelle d'armellino.

(5) Nell'annunziare al collegio di chirurgia le grazie di S. S. R. M. delle accordategli onorifiche divise, Discorso detto il 2 di maggio dal priore del collegio Giambatista POLLANO, cerusico di S. A. il Principe di Carignano ecc. Torino, Fea, in-8.°

università; non era però vietato l'adunarsi dei professori e dei dottori collegiati tanto pei consueti esami, quanto per altre funzioni universitarie. E appunto uno degli esami di laurea in giurisprudenza, che ebbe luogo nel corso dell'anno 1797, fu cagione che si rinnovasse l'acerbo caso del professore di dritto canonico, rimosso dalla cattedra. Già fin dal 1768 era succeduto a Carlo Berardi (), lettore de' sagri canoni, il sacerdote Agostino Bono, ingegnoso e dotto professore, stimato anche fuori del Piemonte (2), ma uomo di voglie alquanto accese. Questi per occasione di un addottoramento stampò dieci conclusioni De sponsalibus et matrimonio, da sostenersi dal candidato (3). In queste tratta dei diritti del principe intorno al matrimonio (), e mantiene aver esso la podestà di

(1) Il Berardi onegliese era stato nominato professore il 26 di settembre 1754. Stampò: Caroli Sebastiani Berardi presbyteri uniliensis, de rebus ad canonum scientiam pertinentibus consultoris regii, et in taurinensi athenaeo decretalium professoris commentaria in ius, ecclesiasticum universum. Taurini, 1766, ex typ. reg., vol. Iv in-4.o con dedicatoria al Re Carlo Emmanuele.

(2) « .... L'abbé Bon, et les docteurs Allioni, Cigna et Dana étoient aussi (connus hors du Piémont). Le premier avoit eu part à l'édition des œuvres de Leibnitz; les trois autres étoient membres de la société des sciences ». Denina, Prusse littér. I, pag. 398.

(3) De coniugiorum iuribus theses ad tit. De sponsalibus et matrimonio. De iure principis circa matrimonium.

(4) « vI. Si per Christi legem intacta mansit principibus christianis potestas statuendi impedimenta dirimentia, per eam quoque integra ipsis potestas relicta est dispensandi ab impedimentis, quae induxisset; eius est enim solvere legem, cuius est eandem facere. Porro ab iis impedimentis eos dispensavisse apparet ex codice Iustinianeo. Adparet etiam ex auctoritate Cassiodori, ea potestate fuisse usos principes Ostrogothos, a quibus adhibitam dispensandi formulam refert idem scriptor. Eadem Christi lege non est adempta principibus christianis facultas leges ferendi, quae inducunt impedimenta dirimentia, nec eadem lege ereptum fuit ipsis eorumque magistratibus ius cognoscendi

stabilire impedimenti dirimenti, e dispensare in essi a sua posta. Questa dottrina fece mal suono all'orecchio di alcuni, che ravvisarono in essa un diminuimento dell'autorità del pontefice, al quale solo pretendevano appartenere un tal diritto. I primi a muover guerra al Bono per questa sua sentenza furono i teologi, e tra essi massimamente il Bruno, professore di teologia scolasticodogmatica. Questi inclinato per natura alle dispute, e assai bramoso di fare mostra di sè, stampò sullo stesso argomento proposizioni affatto contrarie a quelle del Bono, e le fece difendere in un publico esame della facoltà teologica. S' accese allora tra le due fazioni un combattimento, in cui ruppe una lancia anche il Ghio, professore di teologia morale. I buoni s'indegnarono di questa lotta universitaria, che mutava le dispute in ostinate contese, e il pacifico santuario di Minerva in uno steccato di combattenti; e pervenutane la notizia al Re, il Bono fu congedato dalla cattedra il 24 di ottobre del 1797 (1).

Fu questo uno degli ultimi decreti del Re riguardanti l'università. Imperciocchè l'anno di poi, cedendo all'impeto di una prepotente fortuna, riparossi colla regale famiglia nell'isola di Sardegna. I rivolgimenti politici, che travisarono poscia l'aspetto d'Italia, produssero pure un notabile mutamento nella nostra università. Ma a questo punto io mi arresto. Forse un dì, se piacerà al benignissimo Iddio di concedermi vita e forza che basti, io dirò,

iudicio instituto de impedimento eorum auctoritate inducto; pertinent enim iudicia ad legis executionem, quae certe in eius potestate est a quo fuit lata ».

(1) Il trattato del Bono fu stampato alla spicciolata per occasione degli esami publici.

seguitando, quali sieno state le vicende dello Studio di Torino sotto la dominazione francese, quale la sua condizione dopo il ritorno dei Reali di Savoia; e descriverò in fine la felicità de' nostri tempi, in cui la sapienza del Re Carlo Alberto, confortata dalla cooperazione dell'egregio personaggio che regge di presente gli studi, intende a fare dell'università di Torino una gloria italiana (2).

Rivolgendo lo sguardo a quanto io sono venuto raccontando finora, parmi di poterne dedurre questa giustissima conclusione: che molte difficoltà, o per la malvagità de' tempi, o per la tristizia degli uomini, si attraversarono sempre al buon volere dei nostri Principi, fautori delle lettere, e che allora solamente fioriscono gli studi e producono lietissimi frutti, quando l'ingegno ed il sapere, non il raggiro ed il favore sono scala alle cattedre; quando una discreta severità governa gli esami; e quando nel rimeritare le fatiche dei professori si bada più al decoro, che ad una misera economia, potente da sè sola a sterilire le menti, a impicciolire i cuori, e a soffocare i germi delle più nobili virtù.

(1) S. E. il marchese Cesare Alfieri di Sostegno, presidente capo delle RR. università degli studi di Torino e di Genova.

(2) Nessuno si maravigli, se correndo l'anno 1875 io non ho ancora attenuto la promessa fatta nel 1846. Un profondo dispetto me lo vietò per lo passato, e me lo vieta anche presentemente. Pensi il lettore, che dappoichè io ebbi stampato questa Storia, che mi costò ben sette anni di cure e di studi, io non ricevetti mai una parola di ringraziamento dai Rettori della Pubblica Istruzione. Quando sorgeranno tempi migliori, altri forse farà quello che certamente avrei fatto io stesso, se avessi trovato un po' di giustizia negli uomini.

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