283 E s'aveste, o Signor, veduto voi 284 Ma Penteo avendo ancor ferma credenza, Che torgli il regno il suo cugino agogni, Disse: abbiam dato troppo grata udienza A queste nove sue favole, e sogni. Pensando forse in me trovar clemenza, M'ha detto i suoi travagli, e i suoi bisogni: Pensò tardando in me l'ira placare Col novellar del suo finto parlare. 285 Prendetel tosto, e co'maggior tormenti, Che dar sapete, fatelo morire: E fu subito preso, e dai sergenti Penteo s' ostina di volerlo morto, Cantibus et clará Bacchantum voce sonabat. 710 706. Ictus aether. Aër impulsus et percussus. Longis ululatibus. Magnis bacchantum clamoribus. 708. Monte medio. In medio Cithaerone. Ultima. Extremas montis partes. 287 Già queste genti essendo giunte e quelle, Faceano un'armonia discorde e varia D'istrumenti, di gridi, e di favelle, Che rendean sordo l'uom, la terra, e l'aria; E più le furiose damigelle Con una libertà non ordinaria Stridean cantando per tutto il cammino Siccome freme un feroce cavallo... 289 Ha il Citeron di selve un prato cinto E appena v❜ v'entra, che la madre il vede, Nel prato por lo sfortunato piede. 290 Contro quei riti sacri andando l'empio, Era stato da tutti abbandonato. L'acciecò il ciel per darne agli altri esempio, La madre ch' era per entrar nel tempio, Prima suum misso violavit Penthea thyrso 720 714. Ille aper. Pentheus matri Bacchi furore correptae aper esse videbatur. Aper. Onpa, λixa, vèov v vocant Pentheum Euripides, Flaccus taurum, vitulum Persius. 29.1 E siccome di lui dovean le stelle, Come avea detto già Tiresia il saggio; Disse la madre all' altre due sorelle: Togliete gli occhi a quel porco selvaggio, Ch'a turbar vien le feste sacre e belle: Andiam tutte d'un core a fargli oltraggio, Tantochè contro lui le donne unirsi Con mille spade ignude, e mille Tirsi. 292 Egli, che contro altier venir si vede Quel donnesco ebro, e furioso stuolo, Per fuggir volta l'avvilito piede, Perchè si trova disarmato e solo: Poi si volge a pregar perchè non crede, Ch'empia la madre sia contro il figliuolo, Nè men, che le due zie, di cui si fida, Possan soffrir giammai ch'altri l'uccida. 293 Non più quelle orgogliose aspre parole Usa con le parenti empie e superbe: Ma confessa il suo errore, e se ne duole Con quelle più che mai fiere ed acerbe: E con quell'umiltà, che usar non suole, Mostra, che il sangue suo già tinge l'erbe; E le prega che traggan di periglio Il nipote le zie, la madre il figlio. 294 Ed alla madre d' Atteon ricorda Ino l'altra sua zia con lei s'accorda, |