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Quam quae contingit maribus, dixisse, voluptas.
Illa negat: placuit quae sit sententia docti
Quaerere Tiresiae. Venus huic erat utraque nota.

323. Tiresiae. Tiresiam mythologi annum interpretantur, propter alternas anni vices, modo marem, modo foeminam; vere, quo generantur omnia, marem; aestate, qua pariunt, foeminam: redire autem ad generationem autumno. Lucianus in Astrologia ait, Graecos fabulatos Tiresiam ancipitis fuisse sexus.

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E che questo sia il ver, poniamo mente A chi pon maggior cura in adornarsi: Le donne, sol per allettar la gente, Altro non studian mai, che belle farsi : Ben vede questo ognun palesemente, Io non parlo di quel, che dee celarsi, Che voi, se come all' uom vi fosse onesto, Fareste alla scoperta ancora il resto.

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Ben raddoppia in Giunon l'orgoglio e l'ira Questa ingiusta ed infame opinione; E tanto più le preme, e se n'adira, Quanto più vede, ch'egli al ver s'oppone. Trova che quel piacer gli uomini tira Fuora d'ogni onestà, d'ogni ragione; Nè tien, che tanto a lor aggradi e giove, Dappoichè tanto non le sforza e move.

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Replica, e dice, e pur cerca provare,
Che l'uom più dolce frutto gusta e coglie.
Egli la lascia a suo modo sfogare,
E in pazienza ogni cosa si toglie:

Alfin sì il punge, ch'ei risponde, e pare
Più il marito ostinato, che la moglie;
E vuol, che nelle donne al suo dispetto,
Sia senza paragon maggior diletto.

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Dopo molto garrir conchiusa fue,
Per por silenzio al lor ridicol piato,
Che dicesse ciascun le ragion sue
Ad un che maschio e femmina era stato.
Fu femmina una volta, e maschio due
Un uom ch' era Tiresia nominato:
E spesso or donna, or uom gustati avea
I frutti del figliuol di Citerea.

Nam duo magnorum viridi coëuntia silvá
Corpora serpentum baculi violaverat ictu :
Deque viro factus (mirabile!) foemina, septem
Egerat autumnos. Octavo rursus eosdem

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Più strano caso mai non fu sentito, Più degno di memoria e di stupore : Ch'essendo questi un giorno a caso gito In un bosco a fuggir le più calde ore, Vide due serpi la moglie, e 'l marito, Che congiunti godean del lor amore; E con un cerro a lor battendo il tergo Fe ch'al lor fin cercar più occulto albergo. 124

Appena dà nell' auree e vaghe pelli, Che gli vien l'esser suo di prima tolto, Manca la barba e cresce ne'capelli, Si fa più molle e delicato il volto: S'ingrossa il petto, e fuggon tutti i velli, Si ritira entro al corpo, e sta sepolto Quel che distingue dalla donna l'uomo, Talchè si trova donna, e non sa como. 125

Trovo che la natura ha molto a sdegno Chi impedisce i diletti naturali, E se n'adira forte, e talor segno Ne fa con varj ed infiniti mali; Dispiacque alla natura che quel legno Tolse gli abbracciamenti lor carnali Agl' indolciti serpi, e dimostrollo Allor ch' irata disse, e trasformollo. 126

Del sesso io voglio farti per tua doglia, Che tanto ingordo quel diletto agogna, Acciò che quando n' averai più voglia, T'impedisca il baston della vergogna; Ma 'l vezzo rio seguì la nova spoglia, E dell'onor schernendo ogni rampogna, Poco passò che per esperienza, Avria potuto dar quella sentenza.

Vidit: et, Est vestrae si tanta potentia plagae,
Dixit, ut auctoris sortem in contraria mutet:
Nunc quoque vos feriam: percussis anguibus ísdem
Forma prior rediit; genitivaque venit imago.

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