107 Non quel ch'arse il centimano Tifone Toglie, che troppo è quel tremendo e fero, Sceglie il manco nocivo, e'l più leggiero. Soffrir di lui, quando in tal forma apparse, 108 L'infante che nel corpo era imperfetto Che del seme di Giove avea concetto, 109 Quando fu poi perfetta, e ben matura La degna prole ch' in due ventri crebbe, Giove da se spicolla, e ne diè cura Ad Ino, una sua zia, che cura n' ebbe, La qual, sebben di Giuno avea paura, Non mancò al nipotin di quel che debbe ; Alle Ninfe Niseide il diè di notte, Ch' ascoso il nutrir poi nelle lor grotte. 110 Questo fu il padre Bacco, e l'inventore Del miglior culto alla feconda vite, Che la dolce uva, e quel divin liquore Porge al sostegno delle nostre vite: Or, mentr'egli è d'ogni periglio fuore Giunon, che star non suol mai senza lite, Vedendo in vista assai turbato Giove, Per più turbarlo un' altra lite move. Occuluére suis, lactisque alimenta dedere. 315 Fab. IV. Arg. Dumque ea per terras. Iupiter cum Iunone jocosius, omissis omnibus jurgiis, referens in conjunctione majorem capere foeminas quam viros voluptatem, Tiresiam judicem adeundum censuit, qui utramque naturam maris ac foeminae fuerat expertus. Nam quodam tempore cum serpentes concubitu haerentes baculo percussisset, in mulierem versus fuerat, ac rursus proximo vere eadem usus ratione ac tactu, in virum cesserat. Qui cum Iovis sententiam tutatus esset, damnata Iuno lusum in iracundiam vertit, ac Tiresiam luminibus orbavit. Qua injuria, cum Tiresias damnatus esset, Iupiter futurorum ei scientiam tribuit. 111 Stassi Giove turbato per la morte, Ch'ogni sua gioja, ogni suo ben gli ha tolto, Che qual sia dentro il cuor, fuor mostra il volto. 112 Nè può tenersi d'ira e rabbia accesa, Per farmi ognor star vedova nel letto? 113 Infinite ragion creder mi fanno il tutto. Ch'all'uom maggior contento amore arrechi: 114 Ma ben nacquer le donne per sentire Tutti quanti i martir, tutte le doglie: L'esser gravida, e'l duol del partorire, El nutrir tocca alla scontenta moglie: Questo è il nostro piacer, questo è 'l gioire, Questo frutto d'amor per noi si coglie, Ciocchè di male ha il matrimonio, è'l nostro; Ma il piacer e 'l contento, è tutto il vostro, Forte Jovem memorant diffusum nectare curas Seposuisse graves, vacuique agitasse remissos 319 Cum Junone jocos: et, Major vestra profecto est, 115 Maraviglia non è dunque, s' amore 116 Non potè far allor, che non ridesse A dir, che l'uom più si compiaccia, e goda, 117 E se par, ch'abbia l' uom maggior piacere, Ch'ei prega, ei serve, ei narra il suo martoro, E con difficoltà le donne avere Può, se non spende i prieghi, il tempo e l'oro : Fer come infame esser mostrata a dito Che se non raffrenasse questo alquanto Quel desio, che le donne hanno di nui, L'uom pregato saria da tante, e tanto, Ch' uopo non gli saria pregare altrui. Questo è quel, che vi tien: che se far quanto Sta bene all'uom lecito fosse a vui, Sareste al proferir tanto per tempo, Che l' uom non spenderia priego, oro e tempo. |