Saepe mori voluit, ne quicquam tale videret; 813. Saepe velut crimen etc. Quasi in concubinatum Herse Mercurio se dare pararet; crimen hoc ad Cecropem parentem deferre, sororemque accusare decernit Aglauros. Morosum senem, rigidum vocat. 299 O quante volte invidiosa e trista Pensò di propria man darsi la morte, Più tosto che patir, che la sua vista Vedesse la sorella in sì gran sorte: S'affligge, si ramarica, e s'attrista, Che vede, ch'ella è più stimata in corte; Si duol, ch' abbia tal grazia, abbia tal faccia, Ch' a tutti più di lei sia grata, e piaccia. 300 E quanto più ci pensa, più s'accora, Che membra abbia a goder tanto leggiadre; E non men l'avvelena, e l' addolora, Che di figli d'un Dio debba esser madre: E vuol più tosto procacciar, che mora, E dire il tutto al Îor rigido padre. Sull' uscio al fin di lei trista soggiorna, Per discacciar Mercurio, se ritorna. 301 Mercurio, come saggio, il tempo apposta, Che sola Erse si stia nella sua stanza: E vien con gran tesor per la risposta, Pien di felicità, pien di speranza: Aglauro, come vede, ch' ei s' accosta, Con villana, e non solita creanza Lo scaccia, e mostra farne poca stima, E più non l'accarezza come prima. 302 Allora il cauto Dio pien di malizia, Scopre il tesor, ch'ella gli chiese, e'l mostra : Come ella il vede, aggiugne al cor tristizia, Che in lei l' Invidia, e l' Avarizia giostra: Alfin forz' è che perda l' avarizia, E l'Invidia abbia il premio della giostra: Non può patir l'invidiosa e fella, Ch' ei goda di quel ben, nè la sorella. Caelatasque fores virga patefecit. At illi 820 825 819. Caelatasque fores. Quidam codices Caelestique. Eratas putabat olim Heinsius scribendum, quanquam haud ignarus aereas virorum principum fores opere caelato insignes fuisse. Noster lib. 11. Fastorum, Excipit aerata juvenem Collatia porta. Claudianus tamen, Caelatasque fores mediisque volantia signa |