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Scorta, che fu la più ricca miniera,
E quel metallo poi purgato e netto,
Se n' invaghiro gli uomini in maniera,
Che per lui fero ogni crudele effetto.
Di' tu tant'empie cose, empia Megera,
Falsa Erinni, Tesifone, ed Aletto,
Voi tutte Furie del regno di Dite,
Voi, che le ritrovaste, voi le dite.
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Va il ricco peregrino al suo viaggio,
Ecco un ladro il saluta, il bacia e ride :
E fingendo amistà, patria, e lignaggio,
L'invita seco a cena, e poi l'uccide.
Il cittadin più cortese, che saggio,
Alberga con amor persone infide,
Che scannan poi per rubarlo nel letto
Lui, che con tanto amor diè lor ricetto.

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Vede il genero, grave esser il seno Della moglier, che sarà tosto madre, E dando al ricco socero il veleno, Toglie alla fida moglie il caro padre. Un altro, la cui figlia il ventre ha pieno, Con le sue mani insidiose e ladre, Dando al genero ricco occulta morte, Fa pianger alla figlia il suo consorte.

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Tra fratelli ogni amor si vide estinto Nel partir la paterna facoltade.

Che

Vien dal proprio interesse ognun sì vinto,
spesso la dividon con le spade.
La matrigna crudel con viso finto
All'incauto figliastro persuade,

Che

per suo ben l'occulto tosco pigli, Per veder poi più ricchi i propri figli

Filius ante diem patrios inquirit in annos;
Victa jacet pietas; et virgo caede madentes
Ultima coelestum terras Astraea reliquit.
Neve foret terris securior arduus aether,

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150. Astraea reliquit. Astraei filia: cur virgo fingatur, et graphicam Justitiae imaginem gerat, vide apud A. Gell. lib. 14. c. 4.

FAB. V. Arg. Neve foret terris. Gigantes immensae molis et similes matri filios terra produxit, quorum magnitudini par exarsit audacia. Nam extructis in excelsum aggerem montibus: sacrilegas manus injecere coelestibus. Sed fulmine dejecti, impium genus poenae suae cruore generarunt. Nam sanguis eorum permixtus terrae, homines procreavit haud longe ab origine discrepantes..

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Chi potria dir l'ingiuriose note,

Ch'ogni di nascon tra marito, e moglie ?
Chi per goder la roba, e chi la dote
Cercando van, come l'un l'altro spoglie.
Egli l'uccide il figlio, ella il nipote,
Ella a lui, egli a lei la vita toglie,
Fa ricco ella il su' amor d'ogni rapina,
Ei della dote altrui la concubina.

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Per nutrire il buon padre il dolce figlio Fatica, e suda, e sforza la natura: Spesso la vita sua mette in periglio, Per dargli il pane, alla sua bocca il fura; Poi ricco il fece suo savio consiglio, E il figlio ingrato morte gli procura; O rimbambito il finge, e di sè fuore, Per goder senza lui del suo sudore.

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S'accendon l'aspre e l'orride giornate
Piene di sanguinosi alti perigli,
Che spingono a morir le genti armate
Sotto l'offese de' lor fieri artigli;
Onde le donne afflitte e sconsolate
Piangono i morti lor mariti, e figli,
E il fanciullin con l'angosciosa madre
Resta senza governo, e senza padre.

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Astrea, che con la libra, e con la spada, Conosce di ciascun l'errore, e il merto, Poi che si avvide, che non v'era strada, Da giugner con la pena al gran demerto, Se non rendeva per ogni contrada Il Mondo affatto inutile e deserto: Pria che veder, che il tutto si consumi, Ultima andò fra i più beati numi.

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Affectasse ferunt regnum caeleste Gigantes;
Altaque congestos struxisse ad sidera montes.
Tum pater omnipotens misso perfregit Olympum
Fulmine, et excussit subjectum Pelion Ossae.
Obruta mole sud cum corpora dira jacerent,
Perfusam multo natorum sanguine terram
Immaduisse ferunt, calidumque animasse cruorem:
Et ne nulla ferae stirpis monumenta manerent,
In faciem vertisse hominum; sed et illa propago 160
Contemptrix Superum, saevaeque avidissima caedis,
Et violenta fuit: scires e sanguine natam.

Quae pater ut summa vidit Saturnius arce,
Ingemit: et facto nondum vulgata recenti
Foeda Lycaoniae referens convivia mensae,
Ingentes animo, et dignas Jove, concepit iras,
Conciliumque vocat: tenuit mora nulla vocatos.

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160. In faciem hominum. In formam et figuram humanam. Sic dici tur, facies maris, facies coeli, ec. Adeoque omnis externa species et forma, oculis exposita, facies appellatur. Hinc superficies.

164. Quae pater ec. Jupiter convocat Superos. Via Lactea.

163. Foeda convivia. Tetra, crudelia. Nam Lycaon Pelasgi filius, hospitio susceptos, non solum interficiebat, sed etiam convivis comedendos apponebat. Quod cum Jupiter cognovisset ejusque domum ingressus, factas insidias comperisset; et domum incendit, et Lycaonem in lupum animal rapacissimum convertit.

167. Conciliumque vocat. De x11. consiliariis et assessoribus Jovis, ut censuit antiquitas, nonnihil Turneb. l. 25 cap. 12 Adversar.

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