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Tertio Cererem et Liberum, quod horum fructus maxime 4 necessarii ad victum. Ab bis enim cibus et potio venit e fundo.

Quarto Robigum et Floram, quibus propitiis neque robigo 5 frumenta atque arbores corrumpit, neque non tempestive florent. Itaque publicae Robigo feriae robigalia; Florae ludi floralia instituti.

Item adveneror Minervam et Venerem, quarum unius pro- 6 curatio oliveti, alterius hortorum.

Nec non etiam precor Lympham ac Bonum Eventum, quo- 7 niam sine aqua omnis arida ac misera agri cultura, sine successu ac bono eventu frustratio est non cultura.

4. Cererem: dea delle messi. Liberum dio della viticoltura. fondo, dal podere ».

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5. Robigum et Floram: il dio Robigus impediva che il grano fosse attaccato dal male detto dai Romani robigo (cf. piú innanzi) e da noi ruggine o carbone o golpe; la dea Flora presiedeva alla fioritura delle piante e impediva che essa avesse luogo fuori di tempo (non tempestive). Itaque etc. Costr. Ita

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que publicae feriae robigalia (sott. instituta sunt) Robigo; ludi floralia instituti (sott. sunt) Florae. Queste publicae feriae, dette, robigalia venivan celebrate il 25 di Aprile mediante processioni e sacrifizî; i ludi poi, detti floralia, venivan celebrati dal 28 di Aprile al 3 di Maggio mediante solenni giuochi del circo.

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6. advenerorveneror. Minervam: Minerva era divinità d'origine italica e non già prettamente romana (appartenente quindi alla cerchia degli dèi novensides e non a quella degli indigetes): essa era la protettrice delle arti e delle industrie tutte quante, e quindi la sua protezione era efficace anche nei lavori industri delle campagne, come ad es. la coltivazione degli olivi. In tempi posteriori venne appunto identificata colla greca Athena, inventrice delle arti e in particolar modo della coltivazione degli olivi. Venerem: anche questa divinità era d'origine italica, anziché propriamente romana. Essa in origine rappresentava la grazia e la bellezza della natura fiorente, e quindi veniva considerata come la protettrice dei giardini e degli orti. Ad essa più tardi vennero dati gli attributi della greca Aphrodite. procuratio (sott. est): « governo, tutela,

protezione ».

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7. Nec non equivale all' item del periodo precedente: «e cosi pure, e parimente». Lympham: divinità simboleggiante la forza fecondatrice e salutare delle acque: i Romani veneravano pure il dio Fons, che aveva presso a poco lo stesso significato. Bonum Eventum: il Bonus Eventus (come pure altre divinità ad esso affini, quali erano la Fortuna, e la Felicitas) simboleggiava il buon successo delle imprese in generale, ma piú in particolar modo (almeno ne' tempi primitivi), il buon successo delle imprese agricole, l'abbondanza del raccolto. omnis arida etc. Costr. omnis agri cultura arida ac misera (sott. est). - frustratio est non cultura: si riduce ad una vana aspettativa, si risolve in una assoluta delusione.

X. Giano e il primo giorno dell'anno.

(OVIDIO, Fasti, I, 65 sgg.).

Iane biceps, anni tacite labentis origo,
Solus de superis qui tua terga vides,
Dexter ades patribusque tuis populoque Quirini,
Et resera nutu candida templa tuo.
Prospera lux oritur; linguis animisque favete!
Nunc dicenda bona sunt bona verba die.
Cernis, odoratis ut luceat ignibus aether,
Et sonet accensis spica Cilissa focis?

X. 1. Iane biceps: Giano (Ianus) era il più antico degli dèi nazionali di Roma (dii indigetes), protettore delle porte delle case e della città. Da questo suo significato primitivo traeva origine il suo soprannome di geminus, bifrons, biceps, perché ogni porta ha, per cosí dire, due faccie, e vede davanti e di dietro. Di Giano, dio delle porte e delle entrate (e quindi custode del tempio della Guerra), si fece poi il dio del principio d'ogni cosa, e perciò gli era sacro il primo mese

Fig. 16.

Moneta romana coll'impronta di Giano bicipite.

dell'anno (Ianuxrius), e il primo giorno dell'anno, perciò ogni preghiera cominciava con lui, perciò egli era considerato (in ordine di tempo) come il primo degli dèi.

3. tuis non si riferisce solamente a patribus, ma anche al seguente populo. 4. resera nutu... tuo: Giano porta una chiave come

simbolo, e quindi egli dischiude (reserat) i templi, nella quale espressione è inclusa l'idea di buon augurio e di consacrazione. candida: qui i templi sono detti candida non tanto per il bianco colore dei marmi, onde sono costruiti, quanto per le bianche vesti, onde sono adorne le turbe festanti, che vi accorrono a pregare.

5. linguis animisque (abl.) favete « guardate da funesti presagi la lingua e la mente»; cf. TIBULL. II 2, 1: quisquis ades, lingua, vir mulierque, fave.

7. In questo verso e nei seguenti, il poeta ci trasporta sul Campidoglio, e ci fa assistere alla solenne processione che ha luogo quivi per celebrare la entrata in carica dei nuovi consoli. odoratis... ignibus: nelle fiamme dei sacrifizi si gettava incenso insieme con altre sostanze odorose.

8. spica Cilissa: il crocus (zafferano), che s'importava a Roma dalla Cilicia. Si considerava come buon augurio il crepitio, che faceva bruciando (sonet) lo zafferano o altra pianta; cf. TIBULL. II 5, 81: Laurus, io, bona signa dedit: gaudete coloni. VERG. Ecl. VIII: fragiles (cioè crepitantes) incende bitumine

laurus.

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Flamma nitore suo templorum verberat aurum,
Et tremulum summa spargit in aede iubar.
Vestibus intactis Tarpeias itur in arces,

Et populus festo concolor ipse suo est.
Iamque novi praeeunt fasces, nova purpura fulget,
Et nova conspicuum pondera sentit ebur.
Colla rudes operum praebent ferienda iuvenci,
Quos aluit campis herba Falisca suis.
Iuppiter arce sua totum cum spectet in orbem,
Nil nisi Romanum, quod tueatur, habet.
Salve, laeta dies, meliorque revertere semper,
A populo rerum digna potente coli.

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10. summa... in aede « in cima al tempio », il cui tetto era ricoperto di lastre di bronzo dorato.

11. Vestibus intactis: le pure e candide vesti del popolo festante, cf. v. 4. Tarpeias... arces: il tempio di Giove Capitolino, che sorgeva sul Campidoglio, il cui scosceso fianco meridionale era detto rupes Tarpeia.

12. festo concolor .. suo: al dies festus (candidus) corrispondevano le vestes candidae delle turbe festanti (v. 4 e 11); al dies candidus era opposto il dies ater.

13. novi... fasces: i fasci dei nuovi consoli che entravano in carica al principio dell' anno. nova purpura: la toga praetexta (ornata di striscie purpuree), che rivestivano i magistrati curuli.

14. Et nova conspicuum etc.: giunti sul Campidoglio, i consoli si sedevano per la prima volta (nova pondera) sulla seggiola d'avorio (ebur sella curulis).

=

15. praebent ferienda porgono il collo per essere uccisi»; la resistenza delle vittime presso l'altare era considerata come cattivo augurio. herba Fa lisca: il distretto di Falerii (capitale dei Falisci) nell' Etruria, presso il Clitunno, era celebre per la bellezza dei suoi candidi buoi; cf. VERG. Georg. II 146-148: Hinc albi, Clitumne, greges, et maxima taurus Victima saepe, tuo perfusi flumine sacro, Romanos ad templa deum duxere triumphos.

17-20. Questi versi non hanno diretta connessione con quello che precede, e servono solo a meglio esprimere la grandezza e la maestà dello spettacolo. 17. arce sua: il Campidoglio.

20. Costr. digna coli a populo potente rerum; digna coll: dignus presso i poeti e presso i prosatori dell' età più tarda si trova spesso coll' infinito.

Fig. 17. sovrapp. ad una stele (Pompei).

Testa di Giano,

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XI. Cerimonie espiatorie e purificatrici (Februa).

(OVIDIO, Fasti, II, 19 sgg.).

Februa Romani dixere piamina patres:
Nunc quoque dant verbo plurima signa f
Pontifices ab rege petunt et flamine

Quis veterum lingua februa nomen

Quaeque capit lictor domibus purgamina ceftis

XI. 1. Februa: februum è parola di origine Sabina, ed equivale a piam purgamentum, cioè mezzo di purificazione; il verbo februare vale purgare, purum facere. Nei vv. seguenti sono indicati i vari oggetti adatti per le purificazioni. Si noti che il mese di Febbraio (Februarius) prese appunto il suo nome da februare, perché in esso avevan luogo diverse specie di purificazioni. patres: gli antenati.

2. dant... verbo fidem: provano che questo era il significato originario della parola. plurima signa: moltissimi indizi, argomenti.

3. ab rege: il rex sacrorum o rex sacrificulus era quel sacerdote che, dopo la espulsione dei re da Roma (come in Atene l'arconte re), offriva quei sacri

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Fig. 18.- Scena religiosa (tolta dall'Ara Pacis Augustae);

in essa sono rappresentate varie figure sacerdotali.

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fizi, che si riconnettevano al nome dei re. flamine: il namen Dialis, sacerdote addetto al culto di Giove. Vi erano pure altri famines addetti al culto di varie divinità, di cui i piú importanti, oltre al Dialis, erano il Martialis ed il Quirinalis. lanas: forse le sacrae infulae, oppure anche oggetti di lana, in generale, adoperati nelle cerimonie del culto, specialmente per i riti espiatori. 4. Quisquibus.

5. lictor: il littore del tamen Dialis, che lo assisteva nel disimpegno delle sue sacre funzioni. capit... domibus... certis « prende per certe determinate case », nelle quali sia necessaria una purificazione, per esservi morto qualcuno o per qualsivoglia altra cagione.

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Torrida cum mica farra, vocantur idem.
Nomen idem ramo, qui caesus ab arbore pura
Casta sacerdotum tempora fronde tegit.
Ipse ego flaminicam poscentem februa vidi,

Februa poscenti pinea virga data est.

Denique quodcumque est, quo corpora nostra piantur,
Hoc apud intonsos nomen habebat avos.

tosta, da unirsi con farra.

mică sott. salis. — idem, cioè februa.

m, sott. est. arbore pura: un albero che purifica, per es. il L. I 5, 11: sulfur purum: lo zolfo che purifica.

9. flaminem: la moglie del famen Dialis, la quale in altre occasioni portava generalmente un ramoscello di granato (arculus) sul velo che le cingeva il capo; distintivo del flamen Dialis era l'apex (berretto di forma conica) con sopra un ramoscello d' ulivo. Osserva questo apex sul capo del personaggio situato a sinistra, nella scena religiosa rappresentata dalla fig. 18; quel personaggio è appunto un flamen.

12. intonsos: epiteto frequentemente attribuito agli antichi Romani, che lasciavano crescere liberamente la barba e i capelli: i primi barbieri vennero dalla Magna Grecia e dalla Sicilia in Roma solo nel 300 a. C.; cf. HOR. Od. II 15, 11: intonsi Catonis. aros: antenati.

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XII. Festa del dio Termine (Terminalia).
(OVIDIO, Fasti, II, 641 sgg.).

Termine, sive lapis, sive es defossus in agro
Stipes, ab antiquis tu quoque numen habes.
Te duo diversa domini pro parte coronant,
Binaque serta tibi binaque liba ferunt.
Ara fit huc ignem curto fert rustica testu
Sumptum de tepidis ipsa colona focis.

XII. 2. ab antiquis: secondo la tradizione, Terminus, il dio dei confini, era stato consacrato da T. Tazio, e la sua festa era stata istituita da Numa.

Stipes: cf. TI

- nu

BULL. I 1, 11: Nam veneror seu stipes habet desertus
in agris, Seu vetus in trivio florida serta lapis.
men habes =
coleris, « hai onori divini », « sei venerato
come un dio ».

3. duo... domini: due confinanti ti incoronano, ciascuno dalla sua parte (che è opposta a quella dell'altro: diversa).

4. Bina serta... bina liba « un paio di corone... un paio di focaccie, cioè ciascun confinante arreca una corona ed una focaccia.

5-6. Ara fit « si erige un altare ».

hue ignem etc.

Costr. ipsa rustica colona fert huc curto testu (« entro

un pezzo di coccio ») ignem sumptum de tepidis focis.

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Sumptum etc.: i Romani si facevano un obbligo di coscienza di accendere qualunque fuoco, che avesse attinenza con una cerimonia religiosa, da un altro fuoco che già ardesse, cioè da una fiamma viva.

GIORNI, Letture latine.

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