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XIII. Guerre contro i Sanniti.

(Ridus. da EUTR., II, 8-9).

Nullus unquam hostis fuit intra Italiam, qui Romanas vires 1 magis fatigaverit quam Samnites. Romani opibus iam creverant, et qui antea cum finitimis bella gerere soliti essent, arma contra Samnites tulerunt, qui medii sunt inter Picenum, Campaniam et Apuliam.

L. Papirius Cursor cum honore dictatoris ad id bellum pro- 2 fectus est. Qui cum Romam rediret, Q. Fabio Maximo, magi

XIII. Dopo la ritirata dei Galli Roma si rimise rapidamente in forze, e sostenne coi popoli dell'Italia centrale lunghe e pericolose guerre che terminarono però con esito assai favorevole per lei. La lotta coi Sanniti si mutò ben presto in una lotta cogli Etruschi, i Galli, gli Umbri e i Lucani, e dopo circa 50 anni tutti i popoli propriamente detti Italici furono assoggettati da Roma (343-290 a. C.).

1. intra Italiam: entro i confini d'Italia. Samnites: popolo che abitava quella regione dell' Italia centrale (detta Samnium), che oggi corrisponde presso a poco

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ai circondarî di Campobasso ed Isernia (Molise) e alle provincie di Benevento ed Avellino. opibus: opes = forze, potenza. Picenum: Piceno, parte delle Marche (a mezzodi dell' Esino) e provincia di Teramo (Abruzzo ulteriore I). Campaniam: Campania, provincie di Caserta (Terra di Lavoro) e di Napoli. - Apuliam: Puglia e Capitanata.

2. cum honore dictatoris « colla carica di dittatore». Questa carica fu istituita nei primi tempi della repubblica (pare circa dieci anni dopo la caduta della monarchia) ed era per cosí dire la ricostituzione temporanea del potere regio: essa conferiva a chi ne era investito un potere illimitato, ma durava solo sei mesi. Si eleggeva un dittatore solo in circostanze straordinarie, di gravità eccezionale. magistro equitum: il magister equitum (cioè comandante della cavalleria)

stro equitum, quem apud exercitum reliquerat, praecepit, ne se absente pugnaret. Ille, occasione reperta, felicissime dimicavit 3 et Samnitas delevit. Ob quam rem a dictatore capitis damnatus, quod se vetante pugnasset, ingenti favore militum et populi liberatus est, tanta Papirio seditione commota, ut paene ipse interficeretur.

4 Postea Samnites Romanos T. Veturio et Sp. Postumio consulibus ingenti dedecore vicerunt et sub iugum miserunt. Pax tamen a senatu et populo soluta est, quae cum ipsis propter 5 necessitatem facta fuerat. Postea Samnites victi sunt a L. Papirio consule, septem milia eorum sub iugum missa. Papirius primus de Samnitibus triumphavit.

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Eo tempore Ap. Claudius censor aquam Claudiam induxit et viam Appiam stravit.

era l'aiutante del dittatore, che doveva prestare piena ed assoluta obbedienza al suo capo, dal quale appunto veniva eletto a quell' ufficio, come persona di sua intera fiducia.

3. tanta Papirio seditione commota, ut etc. « essendo scoppiata contro Papirio tale una sollevazione popolare, che etc. ».

4. ingenti dedecore vicerunt: I Sanniti condotti dal prode Ponzio Telesino trassero i Romani ad un agguato in una valle, presso Caudio, stretta e profonda, cinta da monti scoscesi e diru

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pati che formano, all' entrata e all'uscita di quella, due gole dette Furculae Caudinae (Forche Caudine, oggi gola di Montesarchio). I soldati Romani, costretti alla resa, furon fatti passare sotto il giogo (sub iugum); giogo militare era formato di due aste piantate in terra e di una terza posta a traverso sopra quelle, e sotto a quel giogo si facevan passare, in segno d'ignominia, i nemici vinti, uno dopo l' altro, dopo averli disarmati. Pax tamen etc. Quella pace però che i consoli Romani Veturio e Postu

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mio, costretti dalla necessità, avevan concluso coi Sanniti vincitori, non fu ratificata dal popolo e dal Senato.

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6. censor: ai censores spettavano molte attribuzioni importantissime, tra cui quella di redigere secondo il censo le liste dei cittadini (onde il loro nome); spettava pure loro l'ufficio di sorvegliare e tenere in buono stato i beni demaniali come templi, strade, acquedotti; appaltarne i lavori, collaudarli etc. aquam Claudiam: l'acquedotto Claudio (o Appio) fu uno dei più antichi di Roma: 310 a. C. viam Appiam: non appena i Romani cominciarono ad avere un dominio assai esteso, essi posero mano alla costruzione di grandi vie militari, per potere

Samnites reparato bello Q. Fabium, Maximi filium, vicerunt 7 tribus milibus hominum occisis. Postea, cum pater ei Fabius Maximus legatus datus fuisset, et Samnitas vicit et plurima ipsorum oppida expugnavit. Deinde P. Cornelius Rufinus et s M'. Curius Dentatus, ambo consules, contra Samnites missi ingentibus proeliis eos confecere, et bellum cum Samnitibus per annos undequinquaginta actum sustulere.

spedire lontano i loro eserciti. Una delle più importanti fu questa via Appia, che si dirigeva verso sud, attraverso le Paludi Pontine, fino a Taranto e Brindisi. 7. reparato bello ripresa la guerra». - legatus: aiutante del generale in

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capo.- M'. Curius Dentatus: Manio (M'.) Curio Dentato; questi nel 290 concluse la pace definitiva coi Sanniti, che assicurò a Roma il predominio sull' Italia centrale. ingentibus proeliis eos confecere: li debellarono con una serie di grandi battaglie.

XIV. Due episodf della guerra contro Pirro
e la Magna Grecia.

a) Esempio di lealtà dato dal popolo Romano.
(AULO GELLIO, III, 8).

1 Cum Pyrrhus rex in Italia esset et unam atque alteram pugnas prospere pugnasset satisque agerent Romani et pleraque Italia ad regem descivisset, tum Ambraciensis quispiam Timochares, regis Pyrrhi amicus, ad C. Fabricium consulem furtim venit ac praemium petivit et, si de praemio convenisset, promisit se regem venenis necaturum; idque facile factu esse dixit, quoniam filius suus pocula in convivio regi ministraret.

XIV. a) I Romani colle loro guerre vittoriose contro i Sanniti e gli altri popoli italici a questi alleati (Etruschi, Umbri, Galli etc.) si acquistarono il dominio dell'Italia centrale e di parte dell' Italia meridionale (313-290 a. C.); essi allora si trovarono di fronte i popoli dell' estrema Italia (Lucani, Bruzzii, etc.) e le colonie greche, tra le quali la più potente era Taranto. Ebbe luogo la cosiddetta guerra Tarentina, alla quale partecipò Pirro, re dell' Epiro (oggi Albania); e i Romani dapprima furono vinti (in due battaglie: presso Eraclea e presso Ascoli), ma poi disfecero completamente il re Epirota presso Benevento (275 a. C.), e lo costrinsero ad abbandonare l'Italia. In seguito a questa guerra tutta la penisola venne sotto la supremazia di Roma, e l'Italia raggiunse cosí, per la prima volta nella sua storia, l'unità nazionale che doveva poi conservare fino al vi sec. dopo Cristo. La tradizione raccontava che dopo la prima battaglia (quella di Eraclea), in cui i Romani erano stati vinti, questi mandarono a Pirro una ambasceria di cui faceva parte il vecchio senatore C. Fabrizio Luscino, celebre pe'l suo valore e la sua rettitudine. Gli ambasciatori avevano l'incarico di ottenere la restituzione dei prigionieri presi da Pirro; ma il re mise in opera ogni arte per piegare i Romani alla pace. La virtú di Fabrizio resistette ad ogni tentazione, e Pirro né colle lusinghe né colle minaccie poté piegarlo ai suoi voleri. Dello stesso Fabrizio si narra pure che, dopo la seconda battaglia (quella di Ascoli), un familiare di Pirro gli fece sapere che dietro un compenso in danaro, avrebbe avvelenato il re. Fabrizio, che allora era console, non volle accettare un'offerta cosí disonesta ed anzi avvertí Pirro del tradimento che gli si preparava: il re (secondo la leggenda) fu cosí commosso da tale prova di lealtà, che restituí gratuitamente i prigionieri.

1. unam atque alteram... pugnas «la prima e la seconda battaglia », « le prime due battaglie », quella di Eraclea e quella di Ascoli. Osserva la locuzione pugnas pugnare (figura etimologica). satisque (et satis) agerent: satis agere o anche sat agere, satagere significa « avere abbastanza da fare, essere in un grave impaccio, essere grandemente preoccupato ». descivisset. In seguito alle prime disfatte dei Romani, quasi tutti i popoli italici avevano abbandonato Roma ed erano passati alla parte di Pirro. Ambraciensis: nativo di Ambracia (oggi Arta), città dell' Epiro. si de praemio convenisset « se si fossero messi d'accordo sul compenso »; convenisset è usato impersonalmente: cf. convenit inter omnes (« tutti sono d'accordo »), convenit de pretio (« si conviene per il prezzo ») etc.

Eam rem Fabricius ad senatum scripsit. Senatus ad regem 2 legatos misit mandavitque, ut de Timochare nihil proderent, sed monerent, uti rex circumspectius ageret atque a proximorum insidiis salutem tutaretur.

Consules tum fuerunt C. Fabricius et Q. Aemilius. Litteras 3 quas ad regem Pyrrhum super ea causa miserunt, Claudius Quadrigarius scripsit fuisse hoc exemplo:

< Consules Romani salutem dicunt Pyrrho regi.

Nos pro tuis iniuriis continuis animo tenus commoti inimiciter tecum bellare studemus. Sed communis exempli et fidei ergo visum est nobis, ut te salvum velimus, ut esset quem armis vincere possemus. Ad nos venit Timochares, familiaris 5 tuus, qui sibi praemium a nobis peteret, si te clam interfecisset. Id nos negavimus velle, et simul visum est, ut te certiorem faceremus, ne quid eiusmodi, si accidisset, nostro consilio civitates putarent factum, et quod nobis non placet pretio aut dolis pugnare. Tu, nisi caves, iacebis >>.

2. mandavitque, sc. legatis.

ut de Timochare nihil proderent « che non rivelassero nulla circa Timochare », « che non facessero parola di Timochare e delle sue profferte ». circumspectius ageret << tenesse una condotta piú circospetta »,

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3. super ea causa « per quella cagione », « su tal proposito». drigarius: annalista romano, vissuto nella 1a metà del I sec. a. C. <di questo tenore », « di tal fatta ».

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4. animo tenus commoti « commossi, conturbati sin nel profondo dell'animo communis exempli et fidei ergo. Ergo è un avverbio che spesso (come qui) si usa con un precedente genitivo, ed ha lo stesso significato di causā o gratiā; traduci dunque: « per dare a ognuno un esempio di lealtà » (letteralmente, sarebbe: «a cagione di comune esempio e di fede »). visum est nobis etc. Senso: abbiam voluto che tu fossi salvo, acciocché tu potessi esser vinto da noi colle armi (e non già colla frode).

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dico di quid

5. Id nos negavimus velle noi abbiam detto di non volere ciò (nego no, ricuso)». certiorem faceremus: certiorem facere far avvisato. (=aliquid) eiusmodi: cioè un qualche attentato contro Pirro. civitates: le città dell'Italia meridionale, alleate di Pirro. quod: causale. Tu, nisi caves, iacebis. Senso: sta ben attento, o re, perché sei attorniato da insidie, e non tutti i tuoi nemici saranno forse generosi e leali come noi.

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