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Quid faciant pauci contra tot milia fortes?
Quidve, quod in misero tempore restet, adest?
Sicut aper longe silvis Laurentibus actus

Fulmineo celeres dissipat ore canes;

Mox tamen ipse perit: sic non moriuntur inulti,
Vulneraque alterna dantque feruntque manu.
Una dies Fabios ad bellum miserat omnes,

Ad bellum missos perdidit una dies.

30. in misero tempore in quella posizione disperata ».

31. silvis Laurentibus: il territorio di Laurento (oggi « Torre di Paterno »), antica residenza del re Latino, era coperto di paludi di folte macchie, e quindi vi abbondavano i cignali. longe actus dopo un lungo inseguimento », lett. «per lungo tratto cacciato ».

32. Fulmineo... ore: cf. MART. X 550: fulmen habent acres in aduncis dentibus apri.

34. dantque ferantque « dànno e ricevono ».

35-36. Una dies... una dies: epanalessi.

XI. I decemviri.

(Riduz. da EUTR., I, 18, e da LIVIO III, 33).

Anno trecentesimo tertio ab urbe condita imperium ab consulibus translatum est ad decemviros, qui summam potestatem haberent ac populo leges scriberent.

2 Hi rempublicam initio summa aequitate administrarunt; decem legum tabulas, fontem omnis publici privatique iuris, proposuerunt, quibus cum postea duae additae essent tabulae, absolutum est veluti corpus omnis Romani iuris.

XI. I tribuni della plebe, pochi anni dopo la loro istituzione, si misero all'opera per ottenere utili riforme nell'ordinamento dello stato. Siccome in que'tempi non esistevano ancora leggi scritte e ne tenevano luogo le costumanze antiche, i patrizi, che soli erano sacerdoti e giudici, abusavano della loro posizione a danno de' plebei; i quali, non potendo citare una legge scritta, dovevano rassegnarsi a qualunque sentenza. Quindi è che la proposta di scrivere le leggi venne dai tribuni della plebe. Secondo la tradizione, il tribuno Terentilio Arsa fece approvare la nomina di un Decemvirato o Commissione di dieci persone per scrivere le leggi. Due Decemvirati lavorarono successivamente a questo fine (451-419 a. C.), e resultato dell'opera loro furono le XII Tavole, che rimasero sempre il fondamento del diritto romano.

1. imperium « il potere supremo, la podestà sovrana »; cf. subito dopo: summam potestatem.

2. absolutum est etc. Ancora ai tempi di Cicerone le XII Tavole si studiavano a memoria nelle scuole, come documento legislativo, storico e letterario; a noi sono pervenute frammentarie e scarse.

Post autem, societate inter se facta, dominationem appetere 3 multaque superbe facere coeperunt. Interea unus ex decemviris, Appius Claudius, Virginii cuiusdam, qui honestis iam stipendiis contra Latinos in monte Algido militaverat, filiam virginem ingenuam in servitutem asserere conatus est; at Virginius pater, cum eam tueri aliter non posset, ne in potestatem Appii veniret, filiam suapte manu occidit. Qua re tumultu in 4 urbe castrisque concitato sublata est decemviris potestas; Appius Claudius in carcere necatus, ceteri in exsilium acti sunt.

3. societate inter se facta: fatta lega tra loro, cioè, unitisi col patto di sostenersi a vicenda per aspirare al potere assoluto, alla autorità dispotica ed arbitraria (dominationem). - multa superbe facere: commettere molti atti di prepotenza, di tirannia honestis. stipendiis... militaverat aveva servito con onore nell'esercito», « aveva combattuto da prode in monte Algido (cf. sopra, N° X, b,

...

nota al § 2): il mons Algidus (oggi monte Ceraso) fra Tuscolo e Velletri. — ingenuam: ingenuus si diceva chi era nato di genitori liberi, e quindi non era mai stato schiavo; libertinus all'opposto si diceva chi discendeva da genitori che erano stati schiavi. in servitutem asserere « ridurre in servitú ». tueri proteggere, salvare dalla schiavitú ».

4. necatus, sott. est.

XII. L'invasione dei Galli.

a) Battaglia dell'Allia.

(LIVIO, V, 38).

Ad Alliam tribuni militum, non loco castris ante capto, non 1 praemunito vallo, quo receptus esset, instruunt aciem diductam

XII. a) 1. Ad Alliam. I Galli Senoni già fino dal tempo dei Tarquinî (vi sec. a. C.), attraversate le Alpi occidentali, si erano stanziati nella pianura del Po, che da loro si disse Gallia Cisalpina. Nel 390 a. C. essi passarono l'Appennino, scesero in Etruria e in numero di circa 30.000 si presentarono avanti a Chiusi, chiedendo parte del suo territorio. La domanda fu respinta e i Galli assediarono la città, la quale ricorse tosto per aiuto a' Romani. Questi mandarono subito tre ambasciatori ad interporsi per la pace. Le pratiche fallirono e i tre ambasciatori romani si unirono ai difensori di Chiusi. Allora il brenno o capo dei Galli deliberò di abbandonare Chiusi e marciare su Roma. I Romani si armarono e corsero per arrestarlo. I due eserciti si incontrarono sulla riva del fiumicello Allia, piccolo affluente del Tevere a 40 km. da Roma. I Romani furono disfatti, pochi si salvarono passando il Tevere e ripararono a Veio, la grande città etrusca che essi da poco avevano vinta ed occupata. La sconfitta fu cosí tremenda che il giorno di quella battaglia fu segnato in nero nel Calendario romano e dichiarato nefasto, a perpetua memoria di tanta sventura. tribuni militum: i comandanti dell'esercito. In quel tempo la repubblica non era governata da consoli, ma da tribuni militum consulari potestate. receptus: i Romani trascurarono quella volta le precauzioni che essi, accorti e prudenti quali erano solitamente, pigliavano sempre prima di dar bat. taglia, cioè stabilire dietro a loro un campo fortificato, ove potessero rifugiarsi in caso di bisogno.. instruunt aciem diductam in cornua

2 in cornua, ne circumveniri multitudine hostium possent. Nec tamen aequari frontes poterant, cum extenuando infirmam et 3 vix cohaerentem mediam aciem haberent. Non fortuna modo, 4 sed ratio etiam cum barbaris stabat. Nihil simile Romanis, non apud duces, non apud milites erat: pavor fugaque occupaverat animos, et tanta omnium oblivio, ut multo maior pars Veios in hostium urbem, cum Tiberis arceret, quam recto itinere Ro5 mam ad coniuges ac liberos fugerent. Circa ripam Tiberis, quo armis abiectis totum sinistrum cornu defugit, magna strages facta est; multosque imperitos nandi aut invalidos, graves loricis aliisque tegminibus, gurgites hauserunt.

schierano l'esercito in battaglia, distendendolo su due ali»; cornua sono le ali dell'esercito, in contrapposto a media acies (cf. piú innanzi, § 2).

2. frontes: la larghezza delle due fronti di battaglia (dei Romani e dei Galli). cum extenuando etc. << sebbene (i Romani), coll'assottigliare di soverchio il centro delle loro schiere (mediam aciem), l'avessero resa debole e quasi slegata (vix cohaerentem a mala pena coerente, poco compatta) ».

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Bassorilievo rappresentante una battaglia fra Galli e Romani. (Museo Capitolino).

3. ratio: il calcolo, la buona disposizione tattica; ed infatti i Galli (barbari) aggirarono l'esercito Romano.

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4. Nihil simile Romanis... erat: i Romani al contrario, tanto i capi quanto i soldati, mostrarono la massima imprevidenza. tanta omnium oblivio, sott. fuit. ut multo maior pars etc. I piú preferirono fuggire a Veio, città nemica, non ostante che ci fosse di mezzo il Tevere, piuttosto che ritirarsi direttamente a Roma presso la moglie e i figli. Veio era posta sulla riva destra del Tevere, e la battaglia ebbe luogo sulla riva sinistra, presso l'Allia, affluente (come si è detto) del Tevere; vedi sopra, nota, in principio.

5. invalidos feriti ». aliisque tegminibus: gli altri pezzi della armatura difensiva, come l'elmo, le gambiere etc. - hauserunt: haurio = sorbisco, assorbisco, ingoio.

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b) Astuzia dei Romani stretti d'assedio dai Galli
sull'arce Capitolina.

(OVIDIO, Fasti, VI, 351 sgg.).

Cincta premebantur trucibus Capitolia Gallis:
Fecerat obsidio iam diuturna famem.
Iuppiter, ad solium superis regale vocatis,
<< Incipe! » ait Marti. Protinus ille refert:
<< Scilicet ignotum est, quae sit fortuna meorum,
Et dolor hic animi voce querentis eget!
Si tamen, ut referam breviter mala iuncta pudori,
Exigis Alpino Roma sub hoste iacet.

Atque utinam pugnae pateat locus! arma capessant,
Et, si non poterunt exsuperare, cadant.

Nunc inopes victus ignavaque fata timentes

Monte suo clausos barbara turba premit ».

b). Il fatto qui narrato cade nell'anno 390 a. C., quando i Galli, dopo avere vinto i Romani nella battaglia dell'Allia (vedi luogo precedente), incendiarono la città e posero l'assedio al Campidoglio. Mentre i Romani, in preda alla carestia, vedevano intorno a sé l'innumerevole esercito de' barbari nemici che li stringevano da ogni parte, uno strattagemma ingegnoso, ispirato da Giove stesso, salvò il Campidoglio e il nome romano. Gli assediati gettarono tutti i viveri che loro restavano, e che consistevano in pani, nel campo dei nemici; e cosí questi, ingannati da tale finzione che faceva lor credere all'abbondanza delle provvigioni nel Campidoglio, abbandonarono l'assedio di quel luogo che avevano sperato di espugnare solo per mezzo della fame.

In memoria di questo fatto, al re degli dèi, ispiratore di codesto salutare espediente, fu innalzato un altare, sotto il nome di Giove Pistor (Fornaio).

1. Unisci Cincta con Capitolia. trucibus: trux torvo, bieco, feroce. pitolia: traduci col singolare (qui il plurale è usato per ragioni metriche). 2. Costr. Obsidio iam diuturna fecerat (« aveva cagionato ») famem. 3. superis... vocatis « convocati gli dèi ».

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4. Incipe: Giove dà la parola a Marte per il primo, affinché riferisca intorno alle tristi condizioni in cui versa la sua città.

5. Scilicet « Si davvero!»: Marte parla con intonazione ironica, perché egli è sdegnato che ancora nessuno degli dèi si sia mosso spontaneamente al soccorso di Roma, ed egli abbia dovuto provocare una solenne adunanza de' celesti per provvedere alla salvezza della sua città pericolante.

6. E questo dolore dell'animo mio ha proprio bisogno di essere espresso con dei lamenti»: Marte seguita ad esprimersi ironicamente.

7. mala iuncta pudori << sventure unite a vergogna ».

S. Alpino... sub hoste: i Galli venivano dalle Alpi.

9-10. Atque utinam pugnae pateat locus! arma etc. E almeno ci fosse la possibilità di combattere ! Essi (i Romani) darebbero di piglio alle armi, e anche se non potessero vincere, cadrebbero da forti sul campo di battaglia. Osserva che il cong. pateat ha valore ottativo, gli altri due cong. (capessant, cadant) hanno valore potenziale.

11. inopes victus « privi di vettovaglie ». - ignava fata: la morte per fame è ignobile.

12. Monte suo: il monte, la rocca de' Romani, cioè il Campidoglio.

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Tunc Venus et lituo pulcher trabeaque Quirinus
Vestaque pro Latio multa locuta suo est.
<< Publica» respondit « cura est pro moenibus istis »,
Iuppiter << et poenas Gallia victa dabit.

Tu modo quae desunt fruges, superesse putentur,
Effice, nec sedes desere, Vesta, tuas.

Quodcumque est solidae Cereris, cava machina frangat,
Mollitamque manu duret in igne focus ».

Iusserat, et fratris virgo Saturnia iussis

Annuit, et mediae tempora noctis erant;
Iam ducibus somnum dederat labor: increpat illos
Iuppiter et sacro, quid velit, ore docet:

<< Surgite, et in medios de summis arcibus hostes
Mittite, quam minime perdere vultis, opem! »
Somnus abit, quaeruntque novis ambagibus acti,
Perdere quam nolint et iubeantur opem.
Esse Ceres visa est. Iaciunt Cerealia dona:
Iacta super galeas scutaque longa sonant.
Posse fame vinci spes excidit: hoste repulso
Candida Pistori ponitur ara Iovi.

13-14. Prendono la parola per appoggiare i lamenti di Marte le altre divinità protettrici di Roma : Venere (madre di Enea), Quirino e Vesta. lituo etc. Costr. Quirinus pulcher (« adorno ») lituo et trabea. Il lituus era un bastone ricurvo in cima, di cui si servivano gli Auguri per misurare le regioni del cielo nella ispezione degli uccelli, e di cui si servi anche Romolo (Quirino) nella fondazione della città. La trabea era il distintivo dei re (più tardi dei consoli), e consisteva in una specie di toga con striscie (trabes) orizzontali di color rosso, e con un orlo di porpora.

15. Publica... cura. Senso: la salvezza di Roma è argomento che interessa tutti quanti gli dèi. Il soggetto di respondit è il Iuppiter del verso seguente.

17-18. Costr. Tu modo effice (sott. ut) putentur superesse fruges, quae de sunt: « purché tu, o Vesta, faccia si che si creda (dai Galli) che sopravanzino quelle vettovaglie (fruges), le quali invece sono mancanti ».

19. solidae Cereris: grani solidi (cioè interi), grana nondum fracta. machina la macina.

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20. Mollitam manu impastata ». duret indurisca, cioè cuocia».
21. virgo Saturnia: Vesta, figlia di Saturno.
22. mediae tempora noctis erant « era la mezzanotte ».

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23. ducibus: quei del Campidoglio. -- increpat sveglia », propr. « sgrida, rimbrotta ».

24. Unisci sacro con ore.

27. novis ambagibus acti « stimolati da quello strano enigma »; ambages, qui equivale a « giro oscuro di parole ».

28. Costr. (quaerunt) quam opem nolint perdere et iubeantur (sott. perdere). 29. Esse Ceres visa est visum est Cererem esse: parve loro che questa ricchezza (opem) fosse Cerere, ossia il pane. Cerealia dona: i doni di Cerere, le pagnotte.

30. scuta longa: gli scudi dei Galli erano assai lunghi e stretti.

31. spes excidit, sott. Gallis. I Galli persero la speranza che i Romani assediati in Campidoglio potessero esser presi colla fame.

32. Candida di bianco marmo.

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