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Vergilium vidi tantum; nec amara Tibullo

Tempus amicitiae fata dedere meae.
Successor fuit hic tibi, Galle; Propertius illi;
Quartus ab his serie temporis ipse fui.
Utque ego maiores, sic me coluere minores,

Notaque non tarde facta Thalia mea est.

11. Vergilium vidi tantum: Virgilio negli ultimi anni della sua vita visse generalmente a Napoli, e quindi fu poco conosciuto dal nostro poeta.

11-12. nec amara Tibullo etc. Costr. nec amara fata dedere Tibullo tempus amicitiae meae. Senso: né la morte prematura diede a Tibullo il tempo di essermi amico. Tibullo, poeta elegiaco di grandissimo valore, morí assai giovane nel 19 a. C., allorché Ovidio solo da poco tempo trovavasi a Roma.

13-14. L'autore si rivolge figuratamente a Gallo (Cornelius Gallus), altro poeta che pure gli fu amico e fu il più antico degli elegiaci romani, e gli dice: A te, o Gallo, successe Tibullo (hic) e a Tibullo (illi) successe Properzio; il quarto dopo questi (ab his) per ordine di tempo (serie temporis) fui io». Ovidio era il piú giovane di tutti i poeti nominati.

15. A maiores e a minores sott. natu.

coluere onorarono », « riverirono ». 16. Costr. et mea Thalia facta est nota non tarde, «e la mia Musa (cioè, il mio ingegno poetico) divenne nota non tardi (cioè, si fece conoscere ben presto)». Thalia era propr. la Musa della commedia; qui è presa per le Muse in generale.

III. Un poeta romano si reca a visitare la Grecia.

(PROPERZIO, IV, 21).

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Magnum iter ad doctas proficisci cogor Athenas,
Ut me longa gravi solvat amore via.
Crescit enim assidue spectando cura puellae:
Ipse alimenta sibi maxima praebet amor.
Omnia sunt temptata mihi, quacumque fugari
Possit at ex omni me premit iste deus.

III. Properzio, per sottrarsi ad un gravoso amore, si decide ad abbandonare Roma e recarsi ad Atene per attendere quivi a serì studi: in questo carme egli dà l'addio agli amici ed a Cintia, la donna che lo rende infelice.

1-2. Cosur. cogor proficisci magnum iter ad doctas Athenas, ut longa via solvat re gravi amore. - Magnum iter è oggetto (interno) di proficisci; cf. le locuzioni: longam viam ire, servitutem servire, somnium somniare etc. 3. assidue spectando col vederla continuamente ». pieno d'affanni per Cinzia ».

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cura puellae « l'amore

4. Ipse alimenta etc. E l'amore procura (praebet) a se stesso sempre maggiore alimento ».

5. mihi a me. soggetto è amor (v. 4).

quacumque, sott. ratione oppure via.

fugari possit: il

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Unum erit auxilium: mutatis Cynthia terris

Quantum oculis, animo tam procul ibit amor.
Nunc agite, o socii, propellite in aequora navem,
Remorumque pares ducite sorte vices,
Iungiteque extremo felicia lintea malo:

Iam liquidum nautis aura secundat iter.
Romanae turres et vos valeatis amici,
Qualiscumque mihi tuque puella vale.

Ergo ego nunc rudis Adriaci vehar aequoris hospes,
Cogar et undisonos nunc prece adire deos.
Deinde per Ionium vectus cum fessa Lechaeo
Sedarit placida vela phasellus aquã,

Quod superest, sufferre, pedes, properate laborem,
Isthmos qua terris arcet utrumque mare.
Inde ubi Piraei capient me litora portus,
Scandam ego Theseae brachia longa viae.

7-8 auxilium « rimedio ».

mutatis etc. Costr. tam procul ab animo ibit amor, quantum Cynthia (sott. removebitur), terris mutatis. Cf. il nostro detto lontan dagli occhi, lontan dal cuore ».

9. Nunc agite, o socii, propellite etc. Il poeta si rivolge ai suoi compagni di viaggio.

10. Remorumque etc. I rematori sedevano l'uno accanto all'altro, cosi come la sorte li aveva appaiati (pares... sorte). La costr. del verso sarebbe: et ducite sorte vices pares remorum, « ed estraete a sorte gli ufficî appaiati de' remi», cioè sorteggiate le coppie de' rematori ».

11. Legate su in cima all'albero le fortunate vele »; felicia sono dette le vele per espressione di lieto augurio.

12. Già il vento (favorevole) rende propizio ai marinai il cammino sulle onde (liquidum... iter) ».

14. « E tu pure (tuque = tu quoque), o fanciulla, addio, comunque tu ti sia diportata con me (Qualiscumque mihi: letteralm. « Qualunque a me », sott. «tu sia stata »).

15. rudis: perché era la prima volta che il poeta solcava il mare Adriatico (Adriaci... aequoris dipende da rudis... hospes).

16. Costr. et nunc cogar adire prece (= precari) undisonos deos. 17-18. Costr. Deinde cum phasellus vectus per Ionium Lechaeo (sott. mari) sedarit (= sedaverit) fessa vela placidă aquã, etc.« Poi quando la nave, attraversato l'Ionio e giunta al Lecheo (porto di Corinto), avrà riposato le stanche sue vele nell'onda placida (sott. << del porto di Corinto »), allora etc. ». Lechaeo: il Lechaeum era il porto di Corinto situato sul golfo Corintiaco. 19. Quod superest Per quello che rimane », « per il resto della via». ferre... laborem dipende da properate. Quanto al senso cf. nota seguente.

- suf

20. Isthmos qua etc. Costr. qua Isthmos arcet terris utrumque mare. « Per quel tratto (qua) in cui l'Istmo tiene separati (arcet) i due mari (l'Ionio e l' Egeo) colla sua lingua di terra (terris: abl. strum.) ». Il poeta vuole attraversare a piedi l'Istmo, e quindi, imbarcandosi di nuovo nel porto Cencreo (altro porto di Corinto, situato sul golfo Saronico), far vela verso Atene, attraverso il mare Egeo. 21. Inde ubi etc. « Poi quando mi accoglieranno le sponde del Plreo ». Pyraci va unito con portus (gen.). Il Pireo era il porto di Atene.

22. Theseae... viae: il poeta chiama Thesea via la strada in salita (perciò: scandam), che conduce dal Pireo ad Atene, la città di Teseo. brachia longa «<le lunghe mura», che recingevano ai due lati la strada suddetta.

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Illic vel studiis animum emendare Platonis
Incipiam aut hortis, docte Epicure, tuis:
Persequar aut studium linguae, Demosthenis arma,
Librorumque tuos, docte Menandre, sales;
Aut certe tabulae capient mea lumina pictae,
Sive ebore exactae seu magis aere manus.
Aut spatia annorum aut longa intervalla profundi
Lenibunt tacito vulnera nostra sinu:

Seu moriar, fato, non turpi fractus amore;

Atque erit illa mihi mortis honesta dies.

23 sgg. Atene era il soggiorno prediletto degli studiosi, per i sentimenti che suscitava il ricordo del suo grande passato, e per la quiete accademica che vi si godeva.

23-24. Costr. Illic vel incipiam emendare animum studiis Platonis, aut (sott. incipiam emendare animum) hortis tuis, docte Epicure. studiis Platonis mediante le dottrine di Platone ». hortis: è noto che il filosofo Epicuro insegnava ad Atene in ameni giardini, posti in vicinanza della città. 25-26. Senso: oppure io m'applicnerò allo studio dell'eloquenza (linguae), che fu l'arma di Demostene, e a quello delle spiritose commedie di Menandro. Tanto Demostene (principe degli oratori), quanto Menandro (celebre scrittore di commedie) furono Ateniesi. Librorumque tuos... sales sales tuorum librorum, cioè le arguzie delle tue commedie », « le tue spiritose commedie ». docte: qui non è dotto », ma piuttosto esperto, saggio ». 27. tabulae... pietae quadri, pitture ». miei sguardi ».

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capient mea lumina «attrarranno i

28. Sive ebore etc. Oppure (sott. capient mea lumina) le opere di scultura (manus) eseguite nell'avorio, o meglio ancora (magis) nel bronzo ».

29. spatia annorum «il volger degli anni ». — profundi, sott. maris.

-

30. Lenibunt lenient. È da notare che talora ne' poeti si trova l'imperfetto dei verbi in -ire formato in -ibam, e il futuro in -ibo. tacito vulnera nostra sinu le ferite (d'amore) tenute nascoste nel profondo del petto ».

31-32. Seu moriar etc. « E quando poi morrò, (sott. « morrò ») per volere del destino, non già fiaccato da vergognoso amore; e il giorno della mia morte sarà per me onorato (honesta =decora)».

IV. La vita d'un uomo di lettere in campagna.

(PLINIO IL GIOVANE, IX, 36).

C. PLINIUS FUSCO SUO S.

Quaeris quemadmodum in Tuscis diem aestate disponam. 1 Evigilo cum libuit, plerumque circa horam primam, saepe

IV. Plinio descrive minutamente all'amico Fusco la vita che mena in campagna, dove egli alterna gli studi e le faccende co' divertimenti.

1. in Tuscis << nella mia campagna di Tuscolo »; cf. piú innanzi, N.° VII, nota al § 1. - diem... disponamio distribuisca il giorno, «io divida il mio tempo». - Evigilo cum libuit: a piacere, senza ora fissa. circa horam primam: verso le quattro e mezzo (del mattino).

« mi desto, « mi sveglio».

2 ante, tardius raro: clausae fenestrae manent. Cogito, si quid in manibus, cogito ad verbum scribenti emendantique similis, nunc pauciora nunc plura, ut vel difficile vel facile componi tenerive potuerunt. Notarium postea voco, et quae formaveram, dicto abit, rursusque revocatur, rursusque dimittitur. 3 Ubi hora quarta vel quinta (neque enim certum dimensumque tempus), ut dies suasit, in bibliothecam me confero, reliqua

2. Cogito medito».

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si quid in manibus (sott. est) << se ho qualche cosa per le mani »>, se ho qualche lavoro incominciato ». - cogito ad verbum etc. « penso parola per parola, come fa chi scrive e corregge (scribenti emendantique similis)». ut a seconda che ». componi: componere orainare. teneri: tenere ritenere a mente. - Notarium: i notarii (« amanuensi, copisti ») erano servi provvisti di una certa istruzione, che prendevano note o appunti e facevano

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costruita e ordinata secondo il tipo delle antiche biblioteche romane.

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abit... re

estratti di libri per ordine del padrone. - quae formaveram, dicto gli fo scrivere sotto dettatura quelle cose che avevo pensato, ideato nella mente >>. vocatur... dimittitur, sogg. sottint. notarius.

certum dimen

3. Ubi hora quarta vel quinta (sott. est): tra le 91/2 e le 10 12. sumque fisso e misurato». - ut dies suasit « secondo quel che mi consiglia il tempo», secondo il tempo »>. bibliothecam: cf. fig. 96. Nelle biblioteche antiche i libri stavano ordinati in appositi scaffali o armadi (armaria) collocati lungo le pareti, ed alti solo quanto permettessero di potere agevolmente levare qua. lunque libro. Le singole divisioni di questi scaffali si chiamavano loculamenta, foruli o nidi. La grande biblioteca Vaticana, cosí nella sua architettura generale, come nei piú minuti particolari della sua disposizione interna, segue il tipo

meditor et dicto. Vehiculum deinde ascendo. Ibi quoque idem quod ambulans aut iacens. Durat intentio mutatione ipsa refecta: paulum redormio, dein ambulo, mox orationem Graecam Latinamve clare et intente, non tam vocis causa quam stomachi, lego: pariter tamen et illa firmatur. Iterum ambulo, ungor, exerceor, lavor. Cenanti mihi, si cum uxore vel paucis, 4 liber legitur: post cenam comoedus aut lyristes: mox cum meis ambulo, quorum in numero sunt eruditi. Ita variis sermonibus vespera extenditur, et quamquam longissimus dies cito conditur. Vale.

delle antiche biblioteche romane. Vehiculum: carrozza. I signori romani usavano, oltre la lettiga, varie specie di vetture per diporto e per viaggio. idem (sott. facio) quod etc. « faccio lo stesso che quando passeggio a piedi o me ne sto adagiato [sul letto]». - Durat intentio etc. perdura l'applicazione della mente, rinfrancata (oppure « favorita ») dallo stesso mutamento (cioè « da questo variare di ambiente, di posizione e di esercizi ») ». clare et intente « ad alta voce. stomachi i medici antichi (vedi Celso, de med., 1,8) consigliavano ai malati di stomaco di leggere ad alta voce. - pariter tamen et illa firmatur «ma del resto,

si irrobustisce nello stesso tempo anche quella (cioè, la voce) ». -ungor, exerceor: gli antichi solevano ungersi con olio prima di fare gli esercizi ginnastici. lavor« prendo un bagno ».

4. Cenanti mihi... legitur « mentre io ceno... mi si legge un libro »; questa lettura veniva fatta da uno schiavo, a ciò appositamente addestrato. comoedus aut lyristes: i ricchi Romani solevano chiamare alle loro mense attori che recitavano parti di commedie o di tragedie, accompagnandosi col suono della cetra o della lira; talora, come nel caso presente, le due persone erano distinte. cum meis « coi miei servi e liberti ». vespera extenditur (= producitur) « la serata si prolunga, si protrae ». conditur si compie ».

V. Le letture pubbliche.

(PLINIO IL GIOVANE, I, 13).

C. PLINIUS SOSIO SENECIONI SUO S.

Magnum proventum poëtarum annus hic attulit. Toto mense 1 Aprili nullus fere dies, quo non recitaret aliquis. Iuvat me,

V. Plinio scrive a Sosio Senecione, rallegrandosi del rifiorire degli studi poetici: quasi ogni giorno si leggono nuovi componimenti. Peccato che il pubblico ora sia cosí indifferente!

Egli però non è della turba de' noncuranti, e, appunto per assistere alle letture degli amici si è trattenuto in · qual cultore dell'arte non è suo amico?

Roma un poco più di quel che avrebbe voluto.

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Toto mense Aprili:

1. proventum «provento, raccolto, messe, abbondanza». i mesi di primavera e di estate erano quelli preferiti per le pubbliche letture. nullus fere dies, sott. fuit. recitaret recitare si diceva propr. del leggere in pubblico le proprie produzioni letterarie; cf. il N.° I, 1 di questa Parte Sesta, nota al § 3. Iuvat me, quod etc. A me fa piacere che gli studi fioriscano, che

GIORNI, Letture latine.

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