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tiores, in quibus et Apollonium, et Christum, et Abraham, et Orpheum, et huiuscemodi deos habebat, ac maiorum effigies. 2 Dehinc actibus publicis aliquid temporis dabat, et omnes res bellicae et civiles per amicos tractabantur, sed sanctos et fide3 les, et numquam venales. Post actus publicos, lectioni graecae operam maiorem dabat, De Republica libros Platonis legens. Latina cum legeret, non alia magis legebat quam De Officiis 4 Ciceronis et De Republica. Post meridianas horas lectioni et subscriptioni epistolarum semper dedit operam.

5 Iniuriam nulli umquam amicorum comitumve fecit, nec magistris quidem aut principibus officiorum. Si quando alicui. praesentium successorem dedit, semper illud addidit: «Gratias tibi agit respublica »: eumque muneratus est, ita ut privatus pro loco suo posset honeste vivere.

loro morte (divos principes, sed optime electos), non che quelle dei personaggi piú illustri per santità (animas sanctiores), fra cui Apollonio di Tiana (filosofo e taumaturgo famosissimo del I sec. d. C.), Cristo, Abramo ed Orfeo. Come si vede, Alessandro Severo mescolava insieme le idee pagane con quelle giudaiche e cristiane. Queste ultime facevano continui progressi, e circa 90 anni dopo la morte di Severo, Costantino promulgava il famoso editto di Milano (313), che segna la vittoria del Cristianesimo.

Fig. 84. Alessandro Severo.

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2. actibus publicis: alle faccende dello Stato, agli affari di governo. et omnes res bellicae et civiles « e tutti gli affari riguardanti la guerra e l'amministrazione ». amicos: CODsiglieri, detti con termine proprio: consiliarii, comites (onde il titolo di conte, comes). sanctos et fideles et numquam venales: Alessandro dunque sapeva scegliere i suoi ministri; essi erano persone virtuose e a lui devote, e che non si lasciavano corrompere per denaro.

3. lectioni graecae: alla lettura di scrittori greci, specialmente filosofi. Latina cose latine, opere latine.

4. lectioni et subscriptioni epistolarum semper dedit operam << si applicò sempre alla lettura e alla firma dei documenti ufficiali». Col nome di epistolae s'intendeva propriamente la corrispondenza ufficiale dell'imperatore, ma poi per estensione di significato epistolae furono detti documenti ufficiali di ogni specie, che dovevano passare sotto gli occhi dell' imperatore e da lui essere firmati.

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5. amicorum comitumve: cf. sopra, nota al § 2. magistris... aut principibus officiorum: i magistri officiorum erano i più alti funzionarî civili, i principes officiorum i più alti funzionari militari; gli uni e gli altri si potrebbero para gonare ai nostri ministri. Si quando (= aliquando) etc. Senso: allorché egli congedava qualche ministro per sostituirlo con un altro, usava sempre trattarlo cortesemente, ringraziandolo a nome dello Stato (respublica) e rimunerandolo con una lauta pensione, sí che quegli potesse da privato vivere decorosamente, come si conveniva al suo grado.

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XIV. Diocleziano e la tetrarchia.
(EUTR., IX, 26-27).

Imperator Diocletianus primus imperio regiae consuetudinis 1 formam magis quam Romanae libertatis invexit, adorarique

XIV. Quasi tutto il secolo III d. C (180-284) trascorse nelle guerre civili e nelle continue rivoluzioni militari (cf. N. precedente, nota in principio). In quel secolo si contano una trentina di imperatori, de' quali due soli morirono di morte naturale (Settimio Severo e Claudio II), gli altri perirono di morte violenta. Ma finalmente questo periodo di anarchia militare ebbe termine coll'avvenimento al trono di Diocleziano nell' anno 284. Questi che era soldato di fortuna, salito all'impero dai piú umili gradi della milizia, e che lasciò spontaneamente il potere dopo avere riordinato l'impero, fu certo uno dei migliori imperatori romani. Egli pensò al modo di metter fine alle usurpazioni, dividendo il governo con altri tre fra i più stimati generali dell'esercito romano. Uno di essi doveva avere un potere uguale al suo, e perciò chiamavasi Augusto come lui; gli altri due occupavano un grado inferiore e si chiamavano Cesari: ciascuno di essi dipendeva da un Augusto e gli doveva succedere, quando quegli morisse. Tale ordinamento durò più di mezzo secolo, e si disse tetrarchia. Diocleziano scelse per Augusto il suo amico Massimiano, e per Cesari Costanzo e Galerio; egli però rimase sempre l'anima del governo, e nulla di importante si faceva da alcuno senza consultarlo. In segno della sua superiorità egli prese il soprannome di Giovio, mentre Massimiano si chiamò soltanto Erculio. Diocleziano inoltre, persuaso che gli ordinamenti dell' impero repubblicano, quale era stato fondato da Augusto e quale era durato fino ai tempi degli Antonini, piú non convenissero ai tempi suoi, riformò il governo e l'amministrazione. Egli diede all'impero una forma assoluta e quasi dispotica; e si fece chiamare dominus, cioè padrone dei suoi sudditi. Introdusse nella corte le pompose costumanze dei sovrani asiatici, e rese assai difficile l'avvicinarsi alla persona del sovrano. Dopo venti anni di governo egli abdicò, non tanto collo scopo di godere un po' di riposo, quanto pel desiderio di vedere assicurato, mentre egli era ancora in vita, il funzionamento della sua riforma di governo e per regolare la successione al trono; perciò appunto egli costrinse ad abdicare anche il suo collega Massimiano Erculio. 1. primus imperio etc. Costr. primus invexit imperio formam regiae consuetudinis magis quam Romanae libertatis : « introdusse nell' impero le forme proprie del governo monarchico, piuttosto che quelle del governo repubblicano ». L'impero primitivo più che una vera e propria monarchia, era stato un governo repubblicano con un capo vitalizio; a poco a poco sparve ogni forma di libertà e Diocleziano finalmente introdusse un governo monarchico assoluto (vedi la nota in principio). adorari: Diocleziano stabili la divina gerarchia, e fece della sua corte una corte orientale in cui il re-dio viveva nascosto in fondo al suo palazzo, custodito da un intero esercito di guardie e di eunuchi. Le persone ammesse a una udienza imperiale vi erano condotte con mille cerimonie, e, appena varcata la soglia della sacra porta che conduceva alla sala del trono e che era guardata da 30 silentiarii, esse dovevano prosternarsi e a dorare il sacro volto dell'imperatore, osando a mala pena alzare gli occhi.

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Fig. 85.

Diocleziano (Museo Vaticano).

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