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3 est. Quibus diebus custodes in urbe disposuit, ne raritate remanentium grassatoribus obnoxia esset.

4 Ipse circenses ex amicorum fere libertorumque cenaculis spectabat, interdum ex pulvinari et quidem cum coniuge ac 5 liberis sedens. Spectaculo plurimas horas, aliquando totos dies aberat petita venia commendatisque qui suam vicem praesi6 dendo fungerentur. Verum quotiens adesset, nihil praeterea

Tevere, fra la Naumachia di Augusto e il fiume; esso faceva parte dei celebri giardini che Cesare lasciò per testamento al popolo romano. 3. Ne' giorni in cui si davano questi grandi spettacoli, che attiravano tutta

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la popolazione e lasciavano vuota la città, Augusto disponeva speciali guardie che custodissero la città esposta ad imprese ladresche.

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4. Ipse: Augusto. circenses (sott. ludos): i giuochi del Circo. generale, per lo più ». cenaculis: cenaculum propr. era la sala da pranzo che di solito si trovava nei piani superiori delle case; la parola si prese poi anche

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Rappresentazione di una battaglia navale (da una pittura di Pompei).

nel senso generale di piano superiore, più elevato. - ex pulvinari: il pulvinar in origine era un cuscino o sedile riccamente adorno, destinato agli dèi nelle cerimonie, dette lectisternia (banchetti per gli dèi); più tardi esso passò a significare il sedile imperiale, o anche (come qui) il palco imperiale.

5. L'imperatore era talora costretto ad assentarsi da questi spettacoli per alcune ore, o magari per la giornata intera, e in tali casi chiedeva perdono al popolo per tale assenza e lasciava chi in sua vece presiedesse ai giuochi. L'etichetta voleva che o l'imperatore o un membro della casa imperiale onorasse sempre i giuochi colla sua presenza.

6. Quando però l'imperatore poteva esser presente a' giuochi, egli non si occupava d'altro (nihil praeterea agebat), e ciò per il gran piacere che provava nel rimirarli: egli del resto non nascose mai, anzi dichiarò sempre apertamente

agebat studio spectandi ac voluptate, qua teneri se neque dissimulavit umquam et saepe ingenue professus est.

di provare un gran diletto nell'assistere ai giuochi. In ciò egli era diverso dal padre suo adottivo Cesare, il quale durante gli spettacoli non prestava la minima attenzione a ciò che veniva rappresentato, ed era tutto intento a leggere, a scrivere e a sbrigare gli affari di stato.

IV. Buon governo di Tiberio.

(SVET., Tiber., 26 sgg.).

Tiberius ex plurimis maximisque honoribus praeter paucos 1 et modicos non recepit. Templa, flamines, sacerdotes decerni 2 sibi prohibuit, et statuas atque imagines sibi poni permisit ea sola condicione, ne inter simulacra deorum, sed inter ornamenta aedium ponerentur. Intercessit, et quo minus in acta sua 3 iuraretur, et ne mensis September Tiberius, October Livius

IV. Ad Augusto, morto nel 14 d. C., successe Tiberio suo figliastro, che go. vernò fino al 37. L'amministrazione di Tiberio fu esemplare: egli si occupò con gran cura delle finanze e della sicurezza pubblica, e beneficò in molti modi le provincie. Fu però di carattere rigido e sospettoso, e visse continuamente nella paura che altri insidiasse ai suoi diritti e alla sua vita. Né i suoi sospetti erano del tutto infondati; poiché fra i nobili romani non pochi erano quelli che desideravano ristabilire l'antica repubblica: e bisogna poi ricordarsi che per la grande somiglianza che v'era fra gli ordinamenti dell'impero e quelli della repubblica, una rivoluzione era presto fatta col togliere di mezzo il principe e restituire il governo ai consoli ed al Senato. Tiberio è stato assai variamente giudicato dagli storici, cosí antichi come moderni: in complesso si può assicurare che egli ebbe assai piú virtú che vizî, e che contribuí grandemente dopo Cesare ed Augusto a consolidare in Roma l'edifizio del governo imperiale.

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Fig. 63.

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Tiberio.

1. honoribus: titoli e cariche onorifiche. Come abbiamo veduto (cf. sopra, N.° I, nota in principio), secondo la costituzione dell'impero repubblicano fondato da Augusto, il capo dello Stato in Roma non aveva un titolo solo: egli concentrava in sé i titoli e l'autorità che avevano avuto gli antichi magistrati; soltanto che, a differenza di quelli, egli era solo, senza collega, e quindi libero nelle sue azioni.

2. Templa, flamines, sacerdotes: agli imperatori si rendevano onori divini, non solo dopo la loro morte (apoteosi), ma anche durante la loro vita: s'innalzavano loro templi, e speciali collegì di sacerdoti avevano l'incarico di presiedere al loro culto. Circa il preciso significato della parola flamen, vedi Parte Seconda, N. VIII, nota al § 5. aedium: edifizi consacrati al culto, templi.

3. Intercessit, et quo minus etc. Proibí che gli si prestasse giuramento di fedeltà, e che il mese di Settembre fosse chiamato Tiberio e il mese di Ottobre Livio (dal nome dell'imperatrice Livia, madre di Tiberio). Questa moderazione di Tiberio è tanto più notevole, in quanto che né Giulio Cesare né Augusto avevano fatto opposizione a che in loro onore fossero mutati i nomi dei mesi Quintilis e Sextilis (Iulius, Luglio; Augustus, Agosto). Circa l' espressione in acta

4 vocarentur. Praenomen quoque imperatoris cognomenque patris patriae recusavit ac ne Augusti quidem nomen, quamquam hereditarium, ullis nisi ad reges ac dynastas epistulis addidit.

5 Atque haec eo notabiliora erant, quod ipse in appellandis et singulis et universis prope excesserat humanitatis modum. 6 Dissentiens in curia a Q. Haterio: « Ignoscas » inquit, « rogo, 7 si quid adversus te liberius sicut senator dixero ». Et deinde omnes alloquens: « Dixi et nunc et saepe alias, patres conscripti, bonum et salutarem principem, quem vos tanta et tam libera potestate instruxistis, senatui servire debere et universis civibus saepe et plerumque etiam singulis. Neque id dixisse me paenitet, et bonos et aequos et faventes vos habui dominos et adhuc habeo »>.

alicuius iurare, osserva che essa propr. significa « giurare di eseguire fedelmente le prescrizioni del principe, di obbedire scrupolosamente alle sue volontà».

4. Praenomen... imperatoris: questo titolo (come abbiamo spesso veduto) in ori. gine era dato a ogni comandante supremo di esercito; Cesare per il primo lo ottenne in un grado più alto, vale a dire a vita e trasmissibile ai suoi discendenti. Lo stesso avvenne con Augusto, onde a poco a poco la parola imperator venne ad equivalere a princeps. Anche i principi del sangue ottenevano dal favore imperiale un tale titolo (imperatorium nomen). Si osservi poi che al tempo della repub blica la parola imperator si posponeva al nome, mentre al tempo dell'impero si usò invece anteporla. ullis... epistulis addidit: il nome di Augusto (= venerando, sacro) da Tiberio fu usato solo quando egli scriveva ai re ed ai principi (dynastas) stranieri; e ciò a fine di accrescere maestà a se stesso, in quanto che egli rappresentava il senato ed il popolo romano.

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Fig. 64. Livia.

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5. Atque haec eo notabiliora erant, quod etc. Tale modestia era tanto più notevole, in quanto che egli al contrario oltrepassava quasi il limite della cortesia nel rivolgere ad altri la parola, sia che si trattasse di singole persone (per es. un magistrato), sia che si trattasse di corpi costituiti (per es. il senato, il collegio dei pontefici etc.).

6. Primo esempio della cortesia di Tiberio: Una volta che in Senato (in curia) egli in una discussione non si trovava d'accordo con Q. Haterio, gli disse: < Perdonami, di grazia, se io, usando del mio diritto di senatore, esprimerò liberamente la mia opinione contraria alla tua ». Q. Haterius Agrippa fu un illustre parlamentare, morto vecchissimo nel 12° anno dell'impero di Tiberio.

7. Secondo esempio della cortesia di Tiberio: Dopo che Tiberio con tanta umanità ebbe parlato ad Haterio, rivolto all'intero Senato si espresse nel seguente modo: «Ho già detto piu volte, ed ora lo ripeto, che un principe da voi liberamente eletto e che conosca veramente il suo dovere, deve esser ossequente sempre al Senato, e spesso al popolo (universis civibus) e talora anche ai singoli cittadini. Ho detto questo, e non me ne pento etc. ».

V. Una spedizione guerresca di Caligola.

(SVET., Calig., 46).

Postremo Caligula, quasi perpetraturus bellum, directa acie 1 in litore Oceani ac ballistis machinisque dispositis, nemine gnaro aut opinante, quidnam coepturus esset, repente, ut conchas legerent galeasque et sinus replerent, imperavit, << spolia

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MANICYS

V. A Tiberio successe C. Giulio Cesare, suo bisnipote, soprannominato Caligola perché fanciulletto, seguendo il padre suo Germanico alla guerra, vestiva da soldato e calzava le caligae (scarpe militari). Caligola fu ben dissimile dai suoi due predecessori (Augusto e Tiberio). Egli aveva un certo ingegno e non era privo di buona volontà; quindi i primi mesi del suo governo furono lodevoli ed egli parve tutto animato dal desiderio di conservarsi la benevolenza del popolo, che lo aveva veduto salire al potere con grande entusiasmo per la memoria delle virtú del padre di lui Germanico e della madre Agrippina (figlia del grande Agrippa) Presto però egli mutò contegno, e a poco a poco spiegò un carattere cosi feroce e stravagante al tempo stesso, che il suo governo può considerarsi come quello d'un pazzo incoronato. Cadde vittima d'una congiura provocata dalla sua follia sanguinaria, e fu ucciso per mano del tribuno militare Cassio Cherea nel 41 d. C., dopo 4 anni d'impero.

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Fig. 65.

Caligola.

Fra le molte stranezze che resero tristamente famoso il suo nome, si ricordano quelle che egli commise quando, colto dalla smania di acquistare celebrità

Fig. 66.

Germanico.

militare, andò a prendere il comando dell'esercito che doveva muover guerra ai Germani e ai Britanni. Egli però nulla fece di serio e, per poter dire d'aver fatto prigionieri e bottino, prese prigionieri alcuni Germani della sua guardia e ordinò ai suoi soldati di raccogliere le conchiglie sulla spiaggia del mare Britannico. Nel luogo di Svetonio qui riportato si racconta appunto questo ultimo grottesco episodio.

1.Postremo Caligula, quasi perpetraturus bellum etc. Caligola, dopo le sue simulate imprese contro i Germani (vedi nota prec.), da ultimo, quasi volesse compiere la guerra con una spedizione contro i Britanni, fece grandi appa. recchi bellicosi sulla spiaggia dell'Oceano. directa acie: schierato l'esercito di fronte al mare, come se dovesse attaccar battaglia. - ballistis machinisque dispositis: poste in ordine le balestre e le altre macchine da guerra. Tanto le ballistae, quanto le catapultae e gli scorpiones, erano arnesi guerreschi assai complicati, che dagli antichi venivano adoperati per scagliare proiettili d'ogni sorta (dardi, grosse pietre, palle di piombo etc.). - nemine gnaro etc. senza che alcuno sapesse o immaginasse, che cosa mai egli avesse in animo di fare ». - spolia Oceani etc. « dicendo (sogg. sott. Caligola) che quelle erano le spoglie del vinto Oceano, e che dovevano esser consacrate sul Campidoglio e sul Palatino». I trofei riportati dai duci romani sui vinti nemici si deponevano in generale nel tempio di Giove Capitolino (sul Campidoglio) e in quello di Giove Statore (sul Palatino).

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2 Oceani » vocans, « Capitolio, Palatioque debita »; et in indicium victoriae altissimam turrem excitavit, ex qua ut Pharo 3 noctibus ad regendos navium cursus ignes emicarent. Pronuntiatoque militi donativo centenis viritim denariis, quasi omne exemplum liberalitatis supergressus: « Abite » inquit, « laeti, abite locupletes >>.

innalzò».

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2. in indicium victoriae « come segno, come monumento di vittoria ». tavit Pharo: Pharus era detta una piccola isola vicina alla costa d'Egitto, famosa per il suo fanale marittimo. Alessandro la uni, mediante una diga lunga circa un miglio, colla terraferma e col porto d'Alessandria. La parola moderna faro trae appunto la sua origine dal nome di quell' isoletta. regendos... cursus « per dirigere il corso ».

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3. Pronuntiato... donativo. Donativum veniva chiamato un premio o ricompensa in danaro che gli imperatori solevano accordare ai soldati in circostanze straordinarie (come una grande vittoria, la nascita d' un figlio dell'imperatore etc.). centenis... denariis: apposizione di donativo. quasi... supergressus: ritenendo di aver superato qualunque altro esempio antecedente di liberalità verso i soldati. E difatti un donativo di cento denarii (ossia di circa cento lire della nostra moneta) per ogni soldato, era veramente straordinario, e soprattutto, poi spropor zionato affatto all'importanza dell' avvenimento che con esso si voleva cele. brare!

Fig. 67.

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Agrippina.

1

VI. Giovinezza di Claudio.

Opinione che di lui avevano i suoi congiunti.

(SVET., Claud., 2-4)).

Claudius per omne fere pueritiae atque adulescentiae tempus variis et tenacibus morbis conflictatus est, adeo ut animo

VI. A Caligola successe nell'impero lo zio di lui, Claudio (Tiberius Claudius Caesar Germanicus). Questi era brutto, timido e, sebbene assai dotto, poco pratico delle cose politiche: in compenso però era uomo d'onesti propositi ed assai intelligente. Attese con grande zelo all'amministrazione, alla legislazione e alla giustizia, e compi grandi opere pubbliche, come il porto d'Ostia, il canale di scarico del lago Fucino, grandi acquedotti etc. I suoi generali sottomisero la Britannia ed alcune provincie dell'Affrica.

Il suo governo perciò sarebbe stato eccellente, se egli, a causa del suo carat. tere estremamente debole ed irresoluto, non si fosse lasciato raggirare dalle persone di famiglia e dai liberti, impiegati nella sua corte, i quali trassero occasione dagli uffici loro affidati per mercanteggiare favori e compiere vendette.

Mori nel 51, dicesi per veleno propinatogli dalla sua seconda moglie Agrippina Minore, che voleva assicurare la successione al suo figlio di primo letto, Nerone. 1. Claudio ebbe una triste infanzia: travagliato da continue malattie, che gli

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