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XIX. Una lezione di buon gusto.

(AULO GELLIO, I, 10).

1 M. Terentius Varro adulescenti veterum verborum cupidissimo, et plerasque voces nimis priscas et ignotissimas in quo2 tidianis communibusque sermonibus expromenti: « Curius, in<< quit, et Fabricius, et Coruncanius, antiquissimi viri nostri, et << his antiquiores Horatii illi trigemini, plane ac dilucide cum << suis fabulati sunt, neque Auruncorum, aut Sicanorum, aut << Pelasgorum, qui primi incoluisse Italiam dicuntur, sed aetatis 3 << suae verbis locuti sunt. Tu autem, perinde quasi cum matre << Evandri nunc loquare, sermone abhinc multis annis iam de<< sito uteris, quod scire atque intellegere neminem vis quae

XIX. 1. M. Terenzio Varrone nato a Reate nel 116 a. C. (detto perciò Rea tino a differenza dell'altro Varrone Atacino), fu dotto e facondo scrittore, che coltivò tutti i generi di prosa (storia, archeologia, grammatica, filosofia, agronomia etc.) e in tutti lasciò opere di pregio. Egli morí quasi nonagenario nel 27 a. C. In questo luogo si, racconta come Varrone deridesse un giovane, il quale era smanioso di adoperare, anche nel linguaggio comune della conversazione, parole antiquate e fuori d'uso. Unisci Varro con inquit (« Varrone ad un giovane, che..., disse: Curio, e Fabrizio, e Coruncanio etc. »). adulescenti veterum verborum cupidissimo: quel che noi oggi chiameremmo un purista oppure un cru. scante! in quotidianis communibusque sermonibus: nel parlar familiare, che richiede l'uso di un linguaggio semplice e piano, inteso da tutti, e alieno da ogri voce rancida e vieta. — expromenti (da riferirsi a adulescenti): ex-promere =trar fuori, metter fuori, esprimere, profferire.

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2. Curius... Fabricius... Coruncanius: illustri personaggi degli antichi tempi di Roma, vissuti tutti e tre fra il Iv e il I sec. a. C. Circa Curio e Fabrizio, cf. Parte Prima, N.i XIII e XIV; circa Coruncanio, si noti che qui si allude a quel Tiberio Coruncanio che fu il primo pontefice massimo plebeo, fu amico di Curio e di Fabrizio e lasciò larga fama per la sua saggezza politica e per la pietà, come pure per la cognizione delle leggi. Horatii illi trigemini: i famosi Orazii che pugnarono contro 1 Curiazii sotto il regno di Tullo Ostilio; cf. Parte Prima, N.° V, b. plane ac dilucide cum suis fabulati sunt « usarono co' loro contemporanei un linguaggio semplice e intelligibile», cioè, il linguaggio che si parlava a' loro tempi e non già quello de' secoli trascorsi, quello parlato dai popoli primitivi d'Italia, quali gli Aurunci, i Sicani e i Pelasgi.

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3. Tu autem: Varrone apostrofa direttamente il giovane, e gli dice (con burlesca esagerazione) che egli adopera addirittura il linguaggio della madre di Evandro, cioè di colui che, secondo la leggenda, fu il primo abitatore di Roma. Raccontava questa leggenda che l'Arcade Evandro, sessanta anni prima della distruzione di Troia (cioè 4 secoli prima della fondazione di Roma), venne in Italia colla madre Carmentà, donna dotata di spirito profetico, e fondò una città sul monte Palatino, nel luogo ove più tardi sorse Roma. Egli arrecò ai rozzi abitatori del Lazio l'uso della scrittura, la musica e le altre arti. — perinde quasi... loquare (=loquaris) << come se tu parlassi › desito (da desinere) « caduto fuori d' uso ». - quod scire etc. Costr. quod vis neminem scire atque intellegere quae dicas, perché tu vuoi che nessuno sappia e comprenda quello che tu dici ». —

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<< dicas. Nonne, homo inepte, ut quod vis abunde consequaris, << taces? Sed antiquitatem tibi placere ais, quod honesta, et 4 << bona, et sobria, et modesta sit. Vive ergo moribus praete<< ritis; loquĕre verbis praesentibus; atque id, quod a C. Cae- 5 << sare, excellentis ingenii ac prudentiae viro, in primo De << Analogiae libro, scriptum est, habe semper in memoria << atque in pectore, ut tamquam scopulum, sic fugias inau<ditum atque insolens verbum ».

Nonne etc. Senso: e perché allora, o sciocco, non te ne stai addirittura zitto, per riuscire cosí pienamente nel tuo intento, che quello di non farti capire? 4. antiquitatem: l'antichità, i tempi antichi. Vive... moribus praeteritis, 10quere verbis praesentibus Vivi coi costumi antichi, ma parla col linguaggio presente».

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5. id, quod etc., dipende dal seguente habe semper in memoria atque in pectore. C. Caesare. L'interesse che si prendeva da tutte le persone, nel I sec. a. C., alle questioni di grammatica e di lingua, è dimostrato dal fatto che perfino il divo Cesare se ne occupò scrivendo i due libri De Analogía, qui ricordati e che egli compose nel 53 a. C., mentre passava le Alpi per tornare al suo esercito in Gallia. ut tamquam scopulum etc. Ecco il consiglio dato da Cesare sull' uso della lingua: «evitare, come se fosse uno scoglio, qualunque vocabolo inaudito e inusitato, cioè qualunque vocabolo nuovo, oppure uscito fuori d'uso; i neologismi, e gli arcaismi.

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XX. Alcuni motti arguti di Cicerone.

(MACR., Saturn., II, 3).

In iocis facundissimus, ut in omnibus, Cicero fuit. Is cum 1 Lentulum, generum suum, exiguae staturae hominem, longo gladio accinctum vidisset, « Quis, inquit, generum meum ad gladium alligavit? ». Nec Q. Ciceroni, fratri, circa similem 2 mordacitatem pepercit. Nam, cum in ea provincia, quam ille

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XX. 1. In iocis «ne' motti faceti, arguti, spiritosi », « nelle facezie, nelle lepidezze ». — longo gladio accinctum « cinto da una lunga spada », << con una lunga spada alla cintura ». Quis, inquit, etc. Senso: mi par di vedere non già una spada legata al fianco d'un uomo, ma un uomo legato ad una spada! 2. Nec Q. Ciceroni, fratri... pepercit « nè la risparmiò a suo fratello, Q. Cicerone. - circa similem mordacitatem « riguardo a un frizzo somigliante », « mordendolo con un frizzo somigliante ». in ea provincia: Quinto Cicerone resse la provincia d'Asia nel 61 a. C., ed ivi colla sua savia amministrazione, e soprattutto coll' alleviamento delle imposte, s' acquistò grandi meriti, riconosciuti dai provinciali stessi che gli si dimostrarono molto riconoscenti. clipeatam imaginem:

un ritratto a mezza figura. Clipeus (0 clupeus) era propr. uno scudo rotondo in bronzo; ma con tal nome si significava anche una immagine di divinità o di per

rexerat, vidisset clipeatam imaginem eius, ingentibus lineamentis usque ad pectus ex more pictam (erat autem Quintus ipse staturae parvae), ait: « Frater meus dimidius maior est, 3 quam totus ». - Pompeius Ciceronis facetiarum impatiens fuit: cuius haec de eo dicta ferebantur: « Ego vero, quem fugiam, 4 habeo; quem sequar, non habeo ». Sed et cum ad Pompeium venisset, dicentibus eum sero venisse, respondit : « Minime 5 sero veni; nam nihil hic paratum video ». In Caesarem quoque mordacitas Ciceronis dentes suos strinxit. Nam primum post victoriam Caesaris interrogatus, cur in electione partis errasset, respondit: « Praecinctura me decepit; iocatus in Caesarem, qui ita toga praecingebatur ut, trahendo laciniam, velut mollis incederet.

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sonaggi ragguardevoli, effigiata sino alla cintura, in rilievo o in pittura, su di una superficie fatta a mo' di scudo rotondo o ovale. ingentibus lineamentis: «a tratti giganteschi, in proporzioni piú grandi dal vero ». usque ad pectus: vedi la nota di sopra. ex more: era uso di innalzare statue, o effigiare ritratti in quel modo, a personaggi illustri, come segno d'onore e come ricordo delle loro benemerenze. Frater meus dimidius maior est, quam totus « mio fratello, mezzo come egli è (sott. « in questo ritratto »), è più grande di quanto egli è tutto in tero ».

-

de

3. impatiens: Pompeo tollerava mal volentieri gli scherzi di Cicerone. eo: de Pompeio. Ego vero etc. Con tale detto mordace, Cicerone voleva dire che, mentre egli era avverso al partito di Cesare, non aveva però fiducia nell'avversario di quello, cioè in Pompeo.

4. et etiam.

cum ad Pompeium venisset « dopo essersi recato presso Pompeo », al suo campo in Oriente; si allude alla guerra Farsalica tra Cesare e Pompeo, nella quale Cicerone parteggiò per questo ultimo. dicentibus a quelli che gli dicevano ». — nihil hic paratum video: Cicerone voleva con queste parole rimproverare la insufficiente preparazione dell'esercito pompeiano.

in

5. primum post victoriam Caesaris subito dopo la vittoria di Cesare ». electione partis: nella scelta del partito da seguire; a Cicerone venne chiesto come mai egli avesse sbagliato seguendo il partito Pompeiano anziché quello Cesariano, cioè come mai egli, uomo avveduto ed esperto quale egli era, non avesse preveduto che Cesare sarebbe stato il più forte. Praecinctura: il modo

di stringersi la cintura, cioè il modo di portare cinti i vestiti. I Romani, quando ave. vano molte faccende, portavan la toga succinta per essere meno impacciati nell'andar e venire; laddove gli oziosi che non avevan alcuna fretta, portavan la toga sciolta e spiovente sino ai piedi. iocatus in Caesarem « scherzando su Cequi ita toga praecingebatur ut etc. il quale portava la toga cosi poco cinta che, trascinando a terra i lembi, camminava a mo' di un uomo effeminato ».

sare ».

XXI. Sulle relazioni cogli amici.

(CIC., de Amic., VI, 22; XIII, 47).

Qui potest esse vita vitalis, ut ait Ennius, quae non in 1 amici mutua benevolentia conquiescat? Quid dulcius quam habere quicum omnia audeas sic loqui, ut tecum? Quis esset tantus fructus in prosperis rebus, nisi haberes qui illis, aeque ac tu ipse, gauderet? Adversas vero ferre difficile esset sine eo, qui illas gravius etiam quam tu ferret. Denique ceterae 2 res, quae expetuntur, opportunae sunt singulae rebus fere singulis; divitiae, ut utare: opes, ut colare: honores, ut laudere: voluptates, ut gaudeas: valetudo, ut dolore careas et muneribus fungare corporis. Amicitia res plurimas continet: quoquo te verteris, praesto est; nullo loco excluditur; numquam intempestiva, numquam molesta est. Neque ego nunc de vulgari aut 3 de mediocri, quae tamen ipsa et delectat et prodest, sed de vera et perfecta loquor, qualis eorum, qui pauci nominantur, fuit. Nam et secundas res splendidiores facit amicitia, et ad

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XXI. 1. Qui = quomodo. · vita vitalis: una vita veramente tale, una vita viva, piena, intensa, tale che non escluda nessuno degli elementi di cui il vivere si compone. ut ait Ennius: Ennio (nato a Rugge in Calabria nel 239 a. C., morto nel 169, fu il più grande fra i poeti romani primitivi; autore di molte tragedie, di alcune commedie, di un poema epico intitolato Annales, e di varî altri componimenti raccolti sotto il titolo di saturae; fu egli che introdusse nella poesia romana l'esametro greco, sostituendolo al rozzo verso saturnio. Quid dulcius, sott. est. qnicum =eum cum quo. Quis esset tantus fructus « Che gran vantaggio ci sarebbe ». qui illis etc. Costr. (eum) qui gauderet illis, aeque ac tu ipse (gaudes). Adversas, sott. res.

2. ceterae res, si riferisce (per prolessi, cioè per anticipazione) all'Amicitia del periodo seguente. Osserva che questi due concetti contrapposti (ceterae res... Amicitia) qui, come spessissimo in latino, sono coordinati asindeticamente (cioè senza congiunzione); in italiano si può far sentir meglio il contrapposto, ponendo prima di Amicitia un « laddove », « mentre invece ». res, quae expetuntur «le cose, che sono oggetto di desiderio per l'uomo ». — opportunae sunt singulae rebus fere singulis (dat. di scopo) sono opportune ciascuna per il proprio fine, per il proprio oggetto soltanto ». - utare... colare... laudere... fungare = utaris... colaris etc. - res plurimas continet « contiene moltissimi beni », « è buona a moltissime cose », « consegue una gran varietà di scopi ». — quoquo te verteris « ovunque tu ti volga », « in qualunque occasione». - praesto est « ti è alla mano », « è pronta », ti si offre all'aiuto».

a

3. de vulgari aut de mediocri (sott. amicitia): volgare è detta quell'amicizia che può aver luogo fra persone incolte; mediocre (oppure mezzana) quella che sta di mezzo fra la vulgaris e la vera et perfecta, quale può aversi solo fra le persone veramente buone e colte. qui pauci nominantur « che in piccol numero sono ricordati »: i veri amici sono rari assai, e in tutta la storia del mondo solo ben pochi esempî di sincera e profonda amicizia possono essere citati.

GIORNI, Letture latine.

adversas,

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4 versas, partiens communicansque, leviores. Solem e mundo tollere videntur, qui amicitiam e vita tollunt: qua nihil a dis immortalibus melius habemus, nihil iucundius.

sott. res. - partiens communicansque (=communicando partiens: endiadi): siccome tra amici diventan comuni le sventure di ciascuno, cosí restano ripartite e quindi più lievi.

qua, sc. amicitia.

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iucundius: iucundus

4. tolleretor via, cacciare ». (da iuvo), propr. « giovevole, proficuo, grato ».

XXII. Non si deve sfuggire l'onesta allegria de' banchetti.

(CIC., ad Fam., IX, 24).

CICERO PAETO S.

1 Te ad cenas itare desisse, mu este fero. Magna enim te delectatione et voluptate privasti. Deinde etiam vereor, licet enim verum dicere, ne nescio quid illud, quod solebas, dediscas, et 2 obliviscare cenulas facere. Spurinna quidem noster, cum ei rem demonstrassem, et vitam tuam superiorem exposuissem, magnum periculum summae reipublicae demonstrabat, nisi ad superiorem consuetudinem tum cum Favonius flaret, rever

XXII. Questo luogo fa parte d'una lettera che Cicerone scrive ad un suo intimo amico, Lucio Papirio Paeto, uomo d'indole allegra e poco inclinato agli affari politici. Pare che nel momento in cui Cicerone gli scriveva questa lettera, il buon Papirio non fosse del suo solito umore, ed avesse smesso di frequentare (come prima era solito) le allegre cene degli amici. Cicerone lo rimprovera scherzosamente, e lo esorta a riprendere le sue usanze antiche, degnissime di lode, poiché nulla v' ha di meglio de' conviti onesti e lieti, ove regni una moderata letizia, giovevole alla salute dello spirito ancora più che a quella del corpo. 1. itare (frequentativo di ire) « andar spesso, frequentare ». licet enim verum dicere mi sia lecito dire il vero », « a dire il vero ». ne nescio quid illud, quod solebas, dediscas « che tu non abbia a dimenticare (propr. « a disimparare ») quel certo non so che, che tu solevi; cioè quella certa tua usanza», la quale consisteva (come vien detto subito dopo) nel dare egli stesso delle cenette (cenulas facere).

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2. Spurinna: un amico d'entrambi ; forse quel Vestricio Spurinna, famoso aruspice che predisse a Cesare la sua morte, ammonendolo a guardarsi dalle Idi di Marzo. cum ei rem demonstrassem etc. Cicerone, seguitando lo scherzo, dice che egli ha parlato a Spurinna di questa faccenda e gli ha esposto quale fosse il genere di vita precedente (vitam... superiorem) di Papirio, vita cioè allegra e mondana, e come ora egli sia del tutto cambiato. Spurinna ha risposto con bur. lesca gravità che la faccenda era molto seria, e che egli prevedeva grandi pericoli per la salute della repubblica (summae reipublicae), se Papirio per la nuova stagione non fosse tornato alle antiche usanze. cum Favonius flaret: Favonio era detto dai Romani il vento di ponente (Zephyros de' Greci), che incomincia a soffiar di primavera, e domina specialmente nell' equinozio di quella stagione.

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