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Ne mea praesentia obstet, neu causa ulla restet reliqua,
Quin tua Philumena ad te redeat. PA. Quaeso, quid istuc consi-
Illius stultitia victa, ex urbe tu rus habitatum migres?

10 Haud facies, neque sinam ut qui nobis, mater, male dictum
Mea pertinacia esse dicat factum, haud tua modestia. [velit,
Tum tuas amicas te et cognatas deserere et festos dies
Mea causa nolo. So. Nil pol iam istaec mihi res voluptatis ferunt:
Dum aetatis tempus tulit, perfuncta satis sum: satias iam tenet
15 Studiorum istorum: haec mihi nunc curast maxuma, ut nequoi
Longinquitas aetatis obstet, mortemve expectet meam. [mea
Hic video me esse invisam inmerito: tempus est concedere.
Sine me, obsecro, hoc ecfugere, volgus quod male audit mu-
[lierum.

Mi gnate, da veniam hanc mihi, redduce illam. PA. Ei misero [mihi. 20 So. Et mihi quidem : nam haec res non minus me male habet [quam te, gnate mi.

8. Quin dipende tanto da Ne... obstet, quanto da neu... restet. Philumena: la moglie di Panfilo. quid istuc (= istud) consilii est! « che idea è mai questa?». 9. Illius stultitia vieta etc. « Tu, sopraffatta dagli sciocchi capricci dilei (cioè di mia moglie Filumena) vuoi lasciare la città, per recarti ad abitare in campagna ? ».

10-11. neque sinam ut etc. Costr. neque sinam ut qui velit male dictum (=male dicere) nobis, dicat (hoc) esse factum etc. « né permetterò che chi voglia sparlare di noi, abbia a dire che ciò è avvenuto etc. ». pertinacia « testardag. modestia << moderazione, condiscendenza

gine

12-13. Costr. Tum nolo te deserere mea causā tuas amicas et cognatas et festos dies. Tum: e poi, ed inoltre. festos dies: le feste, i ritrovi festivi, i

piaceri della città.

13. Mea causā « per cagion mia ».

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- pol: per Polluce!». - istaee istae.

Unisci Nil a voluptatis (genit. partitivo).

14. perfuncta satis sum (sott. istis rebus) « ho goduto abbastanza di tali cose ». satias satietas.

15. Studiorum: sollazzi, piaceri, passatempi.

15-16. haec mihi nune curast (= cura est), ut etc. « il più gran pensiero che ora io abbia, è quello che la lunghezza della mia vita non sia d'impaccio ad alcuno (nequoi = necui, da nequis), o che (sott. alcuno) aspetti la mia morte ». 17. Hic qui, in questa casa ». — invisam << veduta di mal occhio ». dere ritirarmi, andar via, fare posto ad altri ».

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- conce

18. Costr. Sine me, obsecro, ecfugere (— effugere) hoc quod (= hoc propter quod) volgus mulierum male audit : « lascia, te ne prego, che io sfugga quelle accuse per le quali la maggior parte delle donne (volgus mulierum) ha cattivo nome »; l'espressione male audio significa: ho cattivo nome, sono in mala voce, sono biasimato (il contrario è: bene audio).

19. da veniam hanc mihi « fammi questo piacere »,
redduce illam « riconduci a casa tua moglie ».

plora la partenza di sua madre.

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accordami questa grazia ». Ei misero mihi: Panfilo de

haec res: questa partenza e tutti questi

20. Et mihi quidem, sott. miserae. contrasti di famiglia. male habet « tormenta ».

XVI. Sul contegno che si deve avere in società.

(CIC., De off., I 36).

1 Cum pulchritudinis duo genera sint, quorum in altero venustas sit, in altero dignitas, venustatem muliebrem ducere 2 debemus, dignitatem virilem. Ergo et a forma removeatur omnis viro non dignus ornatus, et huic simile vitium in gestu motuque caveatur. Nam et palaestrici motus sunt saepe odiosiores et histrionum nonnulli gestus ineptiis non vacant et in 3 utroque genere quae sunt recta et simplicia laudantur. Formae autem dignitas coloris bonitate tuenda est, color exerci 4 tationibus corporis. Adhibenda praeterea munditia est non odiosa neque exquisita nimis, tantum quae fugiat agrestem et inhumanam neglegentiam.

5 Eadem ratio est habenda vestitus, in quo, sicut in plerisque rebus, mediocritas optima est. Cavendum autem est, ne aut tarditatibus utamur in ingressu mollioribus, ut pomparum ferculis similes esse videamur, aut in festinationibus suscipiamus

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XVI. 1. « Poiché vi sono due generi di bellezza, nell' un de' quali sta la grazia (venustas) e nell'altro la nobiltà (dignitas), dobbiam ritenere la venusta come propria della donna e la nobiltà come propria dell' uomo ». 2. a forma (sott. virili) « dalla bellezza virile ». — omnis, si unisca ad ornatus. huic simile vitium ogni vezzo simile a questo (cioè, all'ornatus sconveniente in un uomo)». — in gestu motuque " ne' gesti e nelle movenze ». palaestrici motus: le movenze imparate dal maestro di ginnastica (palaestrita) sentono sempre della scuola, e quindi riescono alquanto affettate e spiacevoli (odiosiores). — histrionum... gestus: i gesti, il modo di gestire imitato dagli attori di teatro ha un che di lezioso e di manierato (ineptiis non vacant). in utroque genere, cioè tanto nelle movenze (motus) quanto nei gesti (gestus). recta et simplicia: semplici e naturali.

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3. Formae... dignitas : « la nobiltà del sembiante », « la bellezza virile ». — tuenda est: tueri = custodire, serbare, mantenere. coloris bonitate colla freschezza del colore, indizio di buona salute e di robustezza ». - color, sott. tuendus est. exercitationibus, specialmente gli esercizî in uso a Roma: il bagno giornaliero, il nuoto, l'equitazione, e i giuochi ginnastici nel Campo di Marte. Il Romano amava crescer forte, patiens pulveris atque solis, come dice Orazio (Od. I, 8, 4), e quindi al colorito pallido e delicato preferiva quello bruno e fresco per salute e gagliardia.

4. Adhibenda praeterea munditia est etc. Si deve inoltre avere tale cura per la nettezza della persona, che non riesca troppo ricercata e quindi molesta; tale soltanto che schivi la trascuratezza propria della gente rozza ed incivile. 5. Eadem ratio est habenda « la stessa regola si deve tenere ». mediocritas la misura, la moderazione ». — tarditatibus... mollioribus « una lentezza troppo molle». - in ingressu « nell'incedere, nel camminare ». — pomparum ferculis: noi diremmo gli stendardi delle processioni»; ferculum (da fero) era la barella, su cui s portavano le immagini delle divinità nelle processioni. I Romani badavano molto a questa dignità esteriore, che era l'indizio di quella gravità di carattere, che piú sotto è chiamata constantia. in festinationibus « nell'affrettarci »,

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« nella

nimias celeritates, quae cum fiunt, anhelitus moventur, vultus mutantur, ora torquentur; ex quibus magna significatio fit non adesse constantiam.

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fretta». suscipiamus nimias celeritates prendiamo un passo troppo lesto». - quae (celeritates) cum fiunt etc. allorché prendiamo un tale andamento, si desta in noi l'affanno, si muta l'espressione del volto, si stravolgono i lineamenti; e da tali atti risulta chiaro indizio che non v'è costanza (cioè fermezza, gravità di carattere) ».

XVII. Sulla conversazione.

(CIC., De off., I 37).

Sit sermo lenis minimeque pertinax; insit in eo lepos; nec 1 vero, tamquam in possessionem suam venerit, excludat alios,

XVII. 1. sermo: qui discorso familiare », « conversazione», «< comun favellare; più sotto questa specie di sermo è appunto chiamato communis. 1 lenis <non troppo grave, non soverchiamente pesante », e quindi leggiero, piacevole, senza pretese ». pertinax ostinato, caparbio». Colui che prende parte a una

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conversazione familiare, non deve ostinarsi nelle sue asserzioni e volere aver ragione per forza. lepos: lepidezza, arguzia. venerit... excludat... putet etc. Questi e tutti i congiuntivi che seguono hanno per soggetto grammaticale sermo, ma il soggetto logico deve essere una persona (cioè: colui che discorre, colui che conversa). · tamquam in possessionem suam etc. Senso: chi discorre non deve

sed cum reliquis in rebus, tum in sermone communi vicissitu2 dinem non iniquam putet; ac videat in primis, quibus de rebus loquatur; si seriis, severitatem adhibeat; si iocosis, leporem; in primisque provideat, ne sermo vitium aliquod indicet inesse in moribus; quod maxime tum solet evenire, cum studiose de absentibus, detrahendi causa, maledice contumelioseque dici3 tur. Habentur autem plerumque sermones aut de domesticis negotiis aut de re publica aut de artium studiis atque doctrina. Danda igitur opera est, ut, etiamsi aberrare ad alia coeperit, 4 ad haec revocetur oratio. Animadvertendum est etiam, quatenus sermo delectationem habeat, et, ut incipiendi ratio fuerit, ita sit desinendi modus.

fare come colui che, trovandosi in un proprio possesso, ne caccia via tutti gli altri; cioè non deve credere che a lui solo spetti il diritto di parlare, di essere il padrone della conversazione e quindi di poterne escludere gli altri. vicissitudinem non iniquam putet «stimi cosa non ingiusta la vicendevolezza »; ossia, stimi cosa giusta che ognuno abbia la sua parte, che niuno abbia il pri vilegio esclusivo di checchessia.

se

2. quibus de rebus loquatur « quale sia l'argomento del suo discorso ». riis... iocosis, dipendono dal de che sta con rebus. severitatem adhibeat «usi gravità »; severus, severitas hanno presso a poco lo stesso senso di serius e dell' inusitato serietas (il contrapposto di severus è iocosus). provideat, ne... << provvegga, che non... » « badi, che non... ». — vitium << difetto ». studiose <a bella posta de absentibus, dipende da maledice contumelioseque dicitur. detrahendi causa << per dirne male», « per sparlarne »; l'espressione detrahere de aliquo, o detrahere de fama (de gratia, de dignitate) alicuius, significa propr. << sottrarre (qualcosa) da qualcuno, dalla fama di qualcuno », e quindi « diminuirlo, abbassarlo, biasimarlo »; il suo contrario sarebbe « esaltare, lodare ».

3. Habentur... sermones etc. In generale questi discorsi familiari hanno per argomento (letteralm. « si tengono intorno a ») o le faccende domestiche, o gli affari politici, o gli studî e l'insegnamento delle arti ». —- aberrare ad alia « trascorrere, deviare ad altri argomenti, ad altri soggetti ». coeperit, sc. oratio. ad haec, cioè all'argomento primiero.

4. Animadvertendum est etiam etc. « bisogna altresí por mente fin dove (quatenus) il discorso possa arrecar diletto; e, come vi sarà stata ragione per cominciarlo, cosí vi sia modo di finirlo ».

XVIII. Sulla piacevolezza.

(CIC., De off., I 29).

1 Non ita generati a natura sumus, ut ad ludum et iocum facti esse videamur, ad severitatem potius et ad quaedam stu

XVIII. 1. «Noi non siamo stati dalla natura generati in modo da sembrar fatti per attendere ai giuochi (ad tudum) e agli scherzi (ad iocum), ma piuttosto (potius) per applicarci a cose serie (ad severitatem; cf. N.° preced., nota al § 2) e ad occupazioni (studia) più gravi ed importanti

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dia graviora atque maiora. Ludo autem et ioco uti illo quidem 2 licet, sed sicut somno et quietibus ceteris tum, cum gravibus seriisque rebus satis fecerimus. Ipsumque genus iocandi non 3 profusum nec immodestum, sed ingenuum et facetum esse debet. Ut enim pueris non omnem ludendi licentiam damus, sed eam, quae ab honestatis actionibus non sit aliena, sic in ipso ioco aliquod probi ingenii lumen eluceat. Duplex omnino est iocandi 4 genus, unum illiberale, petulans, flagitiosum, obscenum; alterum elegans, urbanum, ingeniosum, facetum. Quo genere non 5 modo Plautus noster et Atticorum antiqua comoedia, sed etiam philosophorum Socraticorum libri referti sunt. Facilis igitur 6 est distinctio ingenui et illiberalis ioci. Alter est, si tempore fit, gravissimo homine dignus; alter ne libero quidem, si rerum turpitudini adhibetur verborum obscenitas.

2. illo quidem, uso concessivo del pronome: «pur tuttavia è lecito giocare e scherzare (uti ludo et ioco) etc. ». - quietibus ceteris (dipend. da uti) « gli altri riposi », « ogni altra sorta di ricreazione ». — tum, cum etc. « allor quando avremo soddisfatto alle nostre gravi e serie incombenze ».

3. Ipsumque genus iocandi « L'istessa maniera poi di scherzare ». — profusum... immodestum, esprimono presso a poco lo stesso concetto: eccessivo... smoderato». — ingenuum « onesto ». —- facetum « aggraziato, garbato, elegante, finamente spiritoso ». omnem... licentiam « una libertà sconfinata>. ab honestatis actionibus ab honestate. — probi ingenii: qui probus indica piuttosto le qualità intellettuali che quelle morali; trad. « di una mente colta e raffinata ». eluceat deve risplendere ».

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4. illiberale « rozzo, grossolano, plebeo, volgare ». — petulans « sfrontato, sfac ciato, smodato» (il contrario sarebbe modestus). - flagitiosum disonorevole, turpe ». - obscenum « ripugnante, brutto, disgustoso »; obscenus deriva da cenum (caenum, coenum)=fango, bruttura. ingeniosum spiritoso, arguto». 5. Plautus noster... Atticorum antiqua comoedia: i sali di Plauto e della antica commedia Attica non sempre piacerebbero al nostro gusto moderno; il principale rappresentante della antica commedia Attica (di carattere essenzialmente satirico e politico) è Aristofane. philosophorum Socraticorum libri: Socrate stesso non fermò cogli scritti le sue dottrine e i suoi principì, e noi lo conosciamo soltanto per le opere dei suoi discepoli, come Platone e Senofonte. La forma in cui Socrate amava svolgere e chiarire le sue idee era quella del dialogo, nel quale con fine ed umoristica ironia tutta sua propria, egli mostrava la debolezza degli argomenti de' suoi avversarî.

6. distinctio etc. «la differenza fra lo scherzo gentile e quello volgare »; qui gli epiteti ingenuus e illiberalis riassumono tutte le qualità già specificate sopra (§ 4). si tempore fit « se si fa a tempo debito»; per es. ne' momenti di ricreazione (cf. sopra, § 2). ne libero quidem (homine), sott. dignus est.

di

si rerum turpitudini adhibetur verborum obscenitas << se alla sconcezza delle cose si aggiunge la bruttura delle parole ».

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