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VII. Qualità militari di Cesare.

(SVETONIO, Caesar, 57-58).

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Armorum et equitandi peritissimus, laboris ultra fidem patiens erat. In agmine nonnumquam equo, saepius pedibus, an2 teibat, capite detecto, seu sol seu imber esset. Longissimas vias incredibili celeritate confecit expeditus, ut persaepe nun3 tios de se praevenerit. In obeundis expeditionibus, dubium cautior an audentior. Exercitum neque per insidiosa itinera duxit unquam, nisi perspeculatus locorum situs; neque in Britanniam transvexit, nisi ante per se portus et navigationem 4 et accessus ad insulam explorasset. A Brundisio Dyrrachium inter oppositas classes hieme transmisit; cessantibusque copiis

VII. Pompeo reduce dai suoi trionfi in Oriente, fu per alcuni anni arbitro di Roma; ma, poiché faceva piú conto degli onori che del potere, nulla egli mutò nella forma del governo. Intanto, un giovane patrizio (ma che però parteggiava per i popolari), Caio Giulio Cesare, si rese assai influente. Pompeo, Crasso (cf. N. precedente) e Cesare si misero d'accordo per dividersi il potere e Cesare fu eletto console e poi proconsole in Gallia, Crasso si fece dare il comando dell'esercito inviato in Asia contro i Parti, e Pompeo restò in Roma (60). Fra questi personaggi ben presto salí a singolare potenza Cesare. Egli si era coperto di gloria colla conquista della Gallia; e, poiché Crasso era perito nel 53 guerreggiando contro i Parti, Cesare e Pompeo si trovavano soli l'uno di fronte all'altro. Ognuno voleva essere il padrone: Pompeo aveva il vantaggio di essere in Roma e di dominare il Senato; Cesare aveva per lui i suoi soldati di Gallia, agguerriti da 8 anni di milizia continua (59-52 a. C.).

Pompeo prese l'offensiva: egli fece decretare dal Senato che Cesare dovesse abbandonare il comando e tornare a Roma. Cesare allora risolse di varcare i limiti della sua provincia (cioè il fiume Rubicone), e marciò su Roma. Pompeo non aveva in Italia un esercito a sua disposizione; e se ne fuggi, colla maggior parte de' senatori, al di là dell'Adriatico in Epiro. Egli aveva varî eserciti in Ispagna, in Grecia ed in Affrica. Cesare li sconfisse uno dopo l'altro: quello di Spagna prima (49), poi quello di Grecia a Farsalo (48), e finalmente quello d'Affrica (46). Pompeo vinto a Farsalo si rifugiò in Egitto, ove il re Tolomeo lo fece assassinare.

1. Armorum et equitandi peritissimus «abilissimo nel maneggio delle armi e nel cavalcare ». - laboris ultra fidem patiens « tollerante della fatica oltre ogni credere ». In agmine << durante le marcie ».

2. ut persaepe nuntios de se praevenerit. Senso: fu tale la celerità di queste marcie forzate di Cesare, che spesso egli giunse alla mèta prima che si avesse notizia della sua partenza.

Britanniam: Cesare

3. dubium, sott. est. cautior an audentior, sott. fuerit. traverso due volte la Manica (55 e 54) per invadere la Brettagna; le sue spedizioni furono il preludio della conquista di quella grande isola, compiuta dai Romani nel I secolo dell'era cristiana. per se da se stesso », « personalmente ». 4. A Brundisio etc. Nella guerra contro Pompeo (vedi nota in principio), questi, sorpreso dalla rapidità colla quale Cesare aveva invaso l'Italia (passaggio del Rubicone), si era ritirato al di là dell'Adriatico nell' Epiro. Cesare lo raggiunse, traversando il mare non ostante la stagione contraria (hieme) e le flotte

quas subsequi iusserat, cum ad arcessendas saepe misisset, novissime ipse clam noctu parvulum navigium solus obvoluto capite conscendit, neque aut quis esset ante detexit, aut gubernatorem cedere adversae tempestati passus est, quam paene obrutus fluctibus.

Pompeiane che cercavano di sbarrargli il passo (inter oppositas classes). transmisit (sott. mare): varcò il mare alla volta di Durazzo. cessantibusque copiis cessare adventum differre. ad arcessendas, sc. copias. misisset: qui mittere è usato assolutamente nel senso di « inviare messi ». — novissime << da ultimo parvulum navigium... conscendit sali su di un piccolo naviglio ». — obvoluto capite: per non farsi riconoscere da nessuno. neque aut quis esset etc. Senso: Cesare non volle svelare chi egli fosse, né acconsenti che pilota cedesse alla tempesta, prima di esser quasi sommerso dalle onde. ante: si riferisce al quam che segue (ante... quam paene obrutus fluctibus). Si racconta che in quell'occasione, per rincorare il pilota intimorito, Cesare gli dicesse: « Quid times? Caesarem vehis ».

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VIII. Parallelo fra Pompeo e Cesare.

(LUCANO, Fars., I, 126 sgg.).

Quis iustius induit arma,

Scire nefas magno se iudice quisque tuetur:
Victrix causa diis placuit, sed victa Catoni.
Nec coiere pares: alter, vergentibus annis
In senium longoque togae tranquillior usu,

VIII. 1-3. Senso: non è lecito sapere qual dei due, Cesare o Pompeo, abbia piú giustamente impugnate le armi, poiché l'uno e l'altro invoca a sua difesa un giudice eccelso: Cesare si appella agli dèi che gli hanno procurato la vittoria, Pompeo si appella a Catone che, sebbene disperasse della vittoria, pure volle seguire il partito di lui. Nota l'antitesi del verso 3: agli dèi è contrapposto C'atone; gli dei dettero la preferenza a Cesare, ma Catone la dette a Pompeo, e ciò basta per equilibrare le due cause e far si che i posteri rimangano incerti circa la sentenza che debba darsi intorno alla giustizia dell'una e dell'altra causa. Il Catone qui ricordato è il pronipote del famoso censore (cf. piú innanzi, Parte IV, N. IV, b), degno emulo del suo avo per la vita severa ed onesta, e per la devozione che egli professava alla vecchia costituzione repubblicana. Egli seguí il partito di Pompeo, ritenendo fermamente che solo quegli potesse salvare Roma, e quando vide colla disfatta di Farsalo crollare ogni sua speranza, si uccise.

4. Nec coiere (=coierunt, da coire) pares « Ed essi (cioè Pompeo e Cesare) non vennero alla pugna con parità di condizioni »; cioè, ben diverse erano le condizioni nelle quali si trovavano l'uno di fronte all'altro.

4-6 alter: Pompeo. vergentibus annis In senium « mentre già l'età sua piegava alla vecchiezza»: Pompeo aveva 58 anni quando ebbe principio la guerra. longoque togae tranquillior usu e divenuto più pacifico per il lungo uso della toga », cioè: divezzatosi alquanto dalla pratica della guerra, per essere stato da lungo tempo lontano dalle imprese militari, intento al governo civile di Roma. Toga era il vestito nazionale dei Romani (gens togata), e piú propriamente il vestito che essi indossavano nelle funzioni della vita civile; essa quindi, in contrapposi

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Dedidicit iam pace ducem; famaeque petitor,
Multa dare in vulgus; totus popularibus auris
Impelli, plausuque suo gaudere theatri:
Nec reparare novas vires, multumque priori
Credere fortunae. Stat magni nominis umbra.
At non in Caesare tantum

Nomen erat, nec fama ducis: sed nescia virtus
Stare loco solusque pudor, non vincere bello.
Acer et indomitus; quo spes, quoque ira vocasset,

Ferre manum, et numquam temerando parcere ferro:
Successus urgere suos, instare favori

zione alla armatura indossata in guerra, significava : « le arti della pace », « la pace», il viver civile ». Dedidicit iam pace ducem «< disimparò nella pace l'arte del capitano». Ripetizione, con parole alquanto diverse, del concetto già espresso antecedentemente (longoque togae etc.).

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6-10. dare... impelli... gaudere... reparare... credere: infiniti storici, da tradursi coll' imperfetto dell' indicativo. famae petitor: Pompeo era assai avido di gloria, e perciò molto concedeva al volgo (Multa dare in vulgus), cioè mostrava poca energia nel padroneggiare i partiti. - totus popularibus auris etc. Pompeo, tutto dedito a procacciarsi il favor popolare, non aveva gioia maggiore che sentirsi acclamare dal popolo nel proprio teatro. Allusione al teatro che Pompeo fece costruire nel 55, e che fu il primo teatro stabile di Roma con i posti per 40.000 spettatori. Dopo di lui Augusto ne fece costruire uno splendidissimo, dedicato al suo genero Marcello. Nec reparare novas vires etc. Pompeo non pensava a procacciarsi nuove forze per far fronte all'avversario che lo minacciava, fiducioso come egli era che l'antica fortuna non lo avrebbe mai abbandonato. Cf. sopra, N.° VI, nota al § 2. Stat magni nominis ambra del gran nome di Pompeo (cioè, del nome di Magnus dato a Pompeo) piú non resta che l'ombra.

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Fig. 32. Pompeo.

11-12. «

Ma in Cesare invece non v'era soltanto il nome e la fama di capi tano »; ossia, Cesare non si accontentava della gloria militare già da lui acquistata, e non si adagiava sui trionfi riportati: egli era incalzato senza posa dall'ambizione di accrescere sempre più con nuove imprese il suo potere, aspirando non solo agli onori, ma al governo assoluto dello Stato.

Fig. 33. Cesare.

12-16. sed (sott. erat in Caesare) nescia virtus Stare loco: la virtú militare, l' ardore guerresco di Cesare non trovava posa in alcun luogo; egli anelava a sempre nuove imprese di guerra. Osserva nella locuzione virtus nescia stare, l' infinito dipendente da un aggettivo; e cf. altri esempi, come doctus loqui, aptus fieri dux, certus mori etc. Questo uso è poetico. pudor: di una sol cosa egli si vergognava: di non riuscir vincitore in guerra. Allusione al fatto che Cesare non indietreggiò dinanzi a nessun ostacolo, pur di appagare la sua ambizione. quoque =et quo. Ferre, e cosí pure i segg. parcere... urgere... instare, sono infiniti storici: cf. sopra, la nota ai vv. 6-10. et numquam temerando parcere ferro. Senso: Cesare, anche a costo di agire contro giustizia, non rinunziò mai all'uso delle armi. Temerando (abl. strumentale), da temerare = agisco ciecamente, offendo, commetto un'ingiustizia. Successus urgere suos: incalzava senza posa i suoi successi; non si contentava mai dei successi riportati, e agognava a conseguirne degli altri. instare favori Numinis: stringeva dappresso il favore della Divinità; non si ap pagava del favore concessogli dalla Divinità, e non si lasciava sfuggire alcuna occasione per istrapparle nuove concessioni. Ripetizione del concetto precedente.

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Numinis impellens quidquid sibi, summa petenti,
Obstaret, gaudensque viam fecisse ruina.

17-18 impellens etc. Qualunque ostacolo si parasse dinanzi alla sua insaziabile bramosia di potere, egli lo sospingeva (cioè lo abbatteva), e godeva di aprirsi la strada in mezzo alle rovine.

IX. Parole della patria a Cesare.

([PSEUDO] SALL., Epist. ad Caesar., I, 13).

Si tecum patria atque parentes possent loqui, scilicet haec 1 tibi dicerent: «O Caesar, nos te genuimus fortissimi viri, in optima urbe, decus praesidiumque nobis, hostibus terrorem. Quae 2 multis laboribus et periculis ceperamus, ea tibi nascenti cum anima simul tradidimus, patriam maximam in terris; domum familiamque in patria clarissimam; praeterea bonas artes, honestas divitias; postremo

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liamque: la gens Iulia, cui apparteneva Cesare, era fra

le più illustri di Roma e pre

Fig.134.-Giulio Cesare.

(Museo dei Conservatori in Campidoglio).

tendeva discendere da Iulus, figlio di Enea.

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bonas artes: le doti eminenti dell'ingegno.honestas divitias: ricchezze tali da permettere di vivere in onorevole

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3 omnia honestamenta pacis et praemia belli. Pro his amplissimis beneficiis non flagitium a te, neque malum facinus, pe4 timus; sed uti libertatem eversam restituas. Qua re patrata, profecto per gentes omnes fama virtutis tuae volitabit. Namque hac tempestate, tametsi domi militiaeque praeclara facinora egisti, tamen gloria tua cum multis viris fortibus aequalis 5 est. Si vero urbem amplissimo nomine et maximo imperio prope iam ab occasu restitueris, quis te clarior, quis maior in 6 terris fuerit? Quippe si morbo iam aut fato huic imperio secus accidat, cui dubium est quin per orbem terrarum vastitas, 7 bella, caedes oriantur? Quod si tibi bona libido fuerit patriae parentibusque gratificandi: postero tempore, republica restituta, super omnes mortales gloria agitabis, tuaque unius mors vita clarior erit ».

condizione.

honestamenta pacis, sono propr. gli onori, dignità e cariche che uno stato concede a que' cittadini che si sono segnalati nelle arti della pace; praemia belli, sono le ricompense dovute ai generali vittoriosi.

3. flagitium... malum facinus: allusione a un qualche attentato contro la libertà della patria, che si poteva temere da parte di Cesare. uti (ut), dipendente da

petimus.

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4. Qua re patrata << Compiuta tale impresa », cioè restaurata la libertà della repubblica. Patrare perficere. = tempestate =tempore.

5. amplissimo nomine et maximo imperio: abl. di qualità, che in italiano si può rendere col genitivo: «di grandissima fama e di vastissimo dominio ». iam ab occasu restitueris avrai quasi da morte restituita a vita ».

prope

6. Quippe e certamente ». - si morbo iam aut fato huic imperio secus accidat se a questo tuo imperio incogliesse sventura (cioè, se improvvisamente esso ve. nisse meno) o per una tua malattia o per voler del fato ». In fato è una allusione all'assassinio di Cesare.

7. bona lubido buona voglia, buona intenzione ». - patriae parentibusque gratificandi << di mostrare l'animo tuo grato alla patria ed ai parenti ». postero tempore... super omnes mortales gloria agitabis « nel tempo avvenire vivrai (agitabis) con fama superiore a quella di tutti gli uomini ».

X. Morte di Cesare.

Guerra di Modena.

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(Riduz. da EUTR., VI, 25; VII, 1).

Bellis civilibus toto orbe compositis Caesar Romam rediit. Ibi coniuratum est in eum a sexaginta amplius senatoribus

X. Cf. sopra il N.° VII, nota in principio. Cesare, sconfitti i Pompeiani in Ispagna, in Grecia ed in Affrica (49-46), tornò a Roma, ove si fece nominare dittatore perpetuo ed esercitò un potere assoluto. Egli, conoscendo che Roma non poteva più vivere senza un capo supremo, volle rivolgere a suo vantaggio questo inevitabile cambiamento di governo; ma, uomo di genio quale egli era, non cercò

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