e e 287 Già queste genti essendo giunte e quelle, Faceano un'armonia discorde e varia D'istrumenti, di gridi , e di favelle, Che rendean sordo l' uom , la terra, e l' aria ; E più le furiose damigelle Con una libertà non ordinaria Stridean cantando per tutto il cammino Versi in onor dell'inventor del vino. 288 289 appena ventra, che la madre il vede, 290 Contro quei riti sacri andando l'empio, Era stato da tutti abbandonato. L'acciecò il ciel per darne agli altri esempio , E fe che v’andò solo e disarmato ; La madre ch'era per entrar nel tempio, Tostochè il vede comparir nel prato , Prima di tutte l'altre insana e stolta Le spalle al tempio , a lui la faccia volta. e Prima suum misso violavit Penthea thyrso Mater: lö, geminae, clamavit , adeste sorores. Ille aper, in nostris errat qui maximus agris , Ille mihi feriendus aper. Ruit omnis in unum 715 Turba furens. Cunctae coëunt, cunctaeque sequuntur Jam trepidum, jam verba minus violenta locutum Jam se damnantem , jam se peccasse fatentem. Saucius ille tamen, Fer opem, matertera , dixit, , Autonoë: moveant animos Actaeonis umbrae. 720 Illa quid Actaeon nescit; dextramque precanti Abstulit : Inöo lacerata est altera raptu. 714. Ile aper. Pentheus matri Bacchi furore correptae aper esse videbatur. Aper. Oñpo, è dcxa, vềov div vocant Pentheum Euripides, Flacous taurum , vitulum Persius. 291 E siccome di lui dovean le stelle, Come avea detto già Tiresia il saggio; Disse la madre all'altre due sorelle: Togliete gli occhi a quel porco selvaggio, Ch'a turbar vien le feste sacre e belle : Andiam tutte d'un core a fargli oltraggio, Tantoche contro lui le donne unirsi Con mille spade ignude, e mille Tirsi. 292 Egli, che contro altier venir si vede Quel donnesco ebro, e furioso stuolo, Per fuggir volta l'avvilito piede, Perchè si trova disarmato e solo: Poi si volge a pregar perchè non crede, Ch'empia la madre sia contro il figliuolo , Nè men, che le due zie, di cui si fida, Possan soffrir giammai ch'altri l'uccida. 293 Non più quelle orgogliose aspre parole Usa con le parenti empie e superbe: Ma confessa il suo errore, e se ne duole Con quelle più che mai fiere ed acerbe: E con quell'umiltà, che usar non suole, Mostra, che il sangue suo già ringe l' erbe; E le prega che traggan di periglio Il nipote le zie, la madre il figlio. . 294 Ed alla madre d' Atteon ricorda Quel, ch'al suo figlio incognito intervenne; Ma quella ai preghi suoi spietata e sorda, A ferir lui poco cortese venne. Ino l'altra sua zia con lei s'accorda, E l'una e l'altra tal maniera tenne, Che una tagliò al nipote empio e prosano La destra , e l'altra la sinistra mano. Non habet infelix quae matri brachia tendat: 725 L'una, 295 E volendo abbracciar la madre irata , Che più dell'altre stride, e gli minaccia, e l'altra sua man trova troncata, Nè la ponno annodar le monche braccia: Deh dolce madre, dolcemente guata (Disse ), e pietosa a me volgi la faccia. Un gran grido ella diè, poichè mirollo, E di sua propria man troncogli il collo. 296 corpo morto il suo supplizio, Poi soddisfatte andremo al sacro oflizio. 297 298 Metamorfosi Vol. I. a 28 |