È dubbio, chi di lor più s' allegrasse O la vergine o l'uom delle parole, Che voglion, ch' alla donna avanti passe Del nobil Re del mar la terza prole: 0 quante volte aver le piante lasse Mostrò per non gli tor sì tosto il Sole: Alfin non senza suo tormento e doglia Addietro sel lasciò contro sua voglia,
Già il respirare era affannato e stanco D'Ippomene e la meta era ancor lunge: Gittando un pomo d'or dal lato manco, L'incanto fa che 'l peso all' oro aggiunge: La donna, che lo spirito ha più franco, Si piega all'ingrossato pomo, e 'l giunge : E quanto sente in man più grave il peso, Tanto più si rallegra averlo preso. 285
Mentre ella andò dall' avarizia vinta A tor fuor del cammin quel bel tesoro, La prole di Nettuno innanzi spinta Addietro si lasciò la donna e l'oro. Ma l'altra, che volea la fronte cinta, Come solea, del trionfale alloro, Ver dove corre il giovane rivolta, S'affretta per passarlo un'altra volta. 286
Gli spettatori fan plauso e coraggio Al giovane e in favore ha tutto il mondo, Ma racquista la vergine il vantaggio, E'l fa di novo rimaner secondo. Tosto ei le fa rotare innanzi al raggio L'altr'or, ch' accresce rotolando il pondo. Come l'avara femmina il riguarda, Si piega a torlo, e 'l suo cammin ritarda. Metam, Vol. IV.
Foetibus arboreis proles Neptunia misit. Obstupuit virgo; nitidique cupidine pomi Declinat cursus, aurumque volubile tollit: Praeterit Hippomenes; resonant spectacula plausu. Illa moram celeri, cessataque tempora cursu Corrigit: atque iterum juvenem post tergarelinquit 670 Et rursus pomi jactu remorata secundi,
Consequitur transitque virum. Pars ultima cursus Restabat: Nunc, inquit, ades, Dea muneris auctor: Inque latus campi, quo tardius illa rediret,
667. Aurum volubile. Aureum pomum, Similiter. Virgil, volubile buxum pro trocho.
Mentre il bell'or la vergine a sè tira Con la sua bella e prezïosa vista, Il bel garzon, ch' alla vittoria aspira, La lascia addietro e gran vantaggio acquista. Eila di nuovo il passa: ei fa, che mira L'altr'oro onde la mano era provvista; Dubbiosa al terzo don gli occhi ella volse, Ma tal gli diei splendor, che fei che'l tolse. 288
Come ha la palla in man, fo che s' aggiunga Gravezza all' or, perchè sia più impedita: Or per non esser' io più pigra e lunga Della lor corsa subita e spedita,
Fo ch' ei pria della donna al segno giunga, E salvo a lui la compromessa vita. Gli ornan di verde alloro il crin le foglie, E in premio ottien la desiata moglie.
Io fui che con l'ajuto e col consiglio Il temerario giovane salvai
Dal manifesto suo mortal periglio, E con colei, ch'amò, l'accompagnai: E ben dovea, chino il ginocchio e 'l ciglio, Non obbliar tal beneficio mai,
Ma render grazie al mio poter immenso Col far sull'altar mio fumar l'incenso.
Le ginocchia non mai chino, nè 'l lume, Di mne scordossi, e fu del tutto ingrato: Manco delle parole e di quel lume, Che fa fumar l'odor soave e grato. Perchè non sprezzi dopo altri il mio Nume, Come mi mostrò il cor d' ira infiammato, Gli accendo d' un ardor nefando ed empio, E do con danno loro agli altri esempio.
Jecit ab obliquo nitidum juveniliter aurum. An peteret, virgo visa est dubitare: coëgi Tollere; et adjeci sublato pondera malo: Impediique oneris pariter gravitate moráque. Neve meus sermo cursu sit tardior illo,
Praeterita est virgo: duxit sua praemia victor, 689 Dignane, cui grates ageret, cui thuris honorem Ferret, Adoni, fui? nec grates immemor egit; Nec mihi thura dedit. Subitam convertor in iram: Contemnique dolens, ne sim spernenda futuris, Exemplo caveo, meque ipsam exhortor in ambos. Templa Deúm Matri, quae quondam clarus Echion
680. Duxit sua praemia victor. Hippomenes, inquit, victor duxit 4talantam uxorem. Praeterita. Cl. Baconus hanc fab. inrerpretatus, Atalantae, inquit, id est, artis praerogativam et vigorem, mala aurea retardant: illa enim plerumque stadium deserit et ad lucrum declinat, ec. quae videre operae pretium.
685. In ambos. Contra ambos, Hippomenem et Atalantam.
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