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necessariamente è misurata. Or rimarrebbe, per proceder di grado in grado crescendo, di provare ch'ella più dal tempo, che dalla operazione sia misurata: e forse a me darebbe il cuore di recar sovra ciò alcuna verisimil ragione, s'io del mio ragionare ricercassi o gloria d'ingegno, o se più tosto desiderio di vittoria ch'amor di verità m'inducesse a sillogizzare. Ma vinca a torto il Sofista, se non trova chi gli s'opponga e faccia con mal'arti superiore la causa inferiore: chè io giudicherò di riportar assai piena vittoria, e di meritar assai lode d'ingegno, se in quel modo, che comporta la probabilità, mi sforzerò la verità manifestare. Dico dunque: che considerandosi questa diversità di migliore e di peggiore, o di più e men perfetto, fra le specie de' governi e non fra gl'individui: o ella si considera fra le specie, che sono diritte e per natura e per legge concesse; o fra queste e quelle, che sono non solo distorte, ma torcimenti ed illegittime e violente. Se fra queste e quelle si considera, allora non solo non avviene che l'azione della tirannide o del governo affatto popolare sia per lunghezza di tempo migliore, che la breve o momentanea azione del Re o degli Ottimati; ma più tosto tanto è ella più rea, quanto fra più larghi confini di tempo è dilatata. Perciocchè la lunghezza e la brevità del tempo accresce così infelicità, come felicità. Onde non essendo l'infelicità altro ch'operazione, che procede da vizio, ivi sarà ella maggiore, ove men sarà dal tempo ristretta. Ma se questa diversità di buono e di men buono si riguarda frai governi diritti, quali sono lo stato Reale e quel degli Ottimati, e quel che con più proprio nome si chiama Repubblica, appropriandosi il nome del ganere; allora il de erminare è più difficile. E certo, se tanta differenza fosse fra❜l Regno e'l governo di pochi buoni o di molti valorosi, che ubbidiscono alle leggi, quanta è fra l'uomo e'l bruto, o fra l'uomo e la pianta, o fra l'uomo e 'l sasso, vero sarebbe quel ch'afferma il leggiadro dicitore: che miglior fosse il breve governo del Re, che'l lunghissimo della buona moltitudine, siccom'è meglio viver un sol giorno com'uomo, che mill'anni come sterpo. Ma ei non s'accorge, che il governo

della Repubblica per tanto lunga distanza dal Regno non è lontano, per quanto l'umanità dalla natura degli alberi si dilunga, ma più tosto, che sì l'uno dall'altro s'aliontana; come fra' bruti l' adunazion delle formichè, che ci rappresenta il governo popolare, dalla ragunanza dell'api, che del Principato Regio è imagine e somiglianza. Onde se non è vero che meglio sia vivere un sol giorno come pecchia, che cento anni come formica, non è vero ancora che sia meglio il non durabil Principato d'un solo, che il durabile di molti. Quando dunque non è molta la diversità di bontà, allora può esser molto ben contrappesata dalla molta lunghezza del tempo; e si dee anteporre or l'esser più durevole, or l'esser più perfetto, secondo la varia lunghezza del tempo, e i diversi gradi di perfezione, e secondo altre circostanze, delle quali non si può dare determinata scienza: e 'l desiderio di trovare esquisita ragione è desiderio d'uomo incapace di ragione. Comunque sia l'uomo di Stato, che non ha per oggetto la rigida e severa onestà, ma l'onestà temperata ed ammollita dall'utilità, chiuderebbe sempre colle sue leggi la bocca a questi, ch' introducono nelle scuole de' Peripatetici la dottrina degli Stoici; nè men consentirà ch' in Senato o al popolo parlino i Catoni, uomini buoni, ma non buoni cittadini. Ma pure piacesse a Dio che ci fossero molti Catoni, ai quali fosse concesso l'operare e 'l favellare. Ma questi nostri non serbano altro di filosofo, che la gravità del ciglio, e la severità delle parole intricate con mille ravvolgimenti di tortuosi sillogismi; e nel rimanente ai Protagori ed ai Trasirachi, ed agli altri sì fatti sono somiglianti;

Avete la mia opinione, ch'io per opinione la vi dono, non ve la vendo per iscienza: vera nondimeno credo che sia, benchè sia opinione. Onde spero che, se Stesicoro, per biasimare ingiustamente Elena bellissima e castissima Regina perdè la luce degli occhi, per lodarla e per cantar la palinodia, la ricuperò: io, che per difendere alcuna volta il torto ho offeso la verità bellissima, e che vista addentro, sveglierebbe di sè amor maraviglio± so: ora, che la difendo la lodo e l'onoro, ricupererò, súa

mercè, quella luce dell'intelletto, che rimase accecata nelle tenebre delle passioni. E mi gioverà così in questo esser similissimo a Stesicoro: come per altro lodo la felice cecità d'Omero, che quelle cose ch' egli non vide, dipin→ se in modo, che tutti le veggiono, le mirano e l'ammirano ne' colori della sua imitazione. Ed a V. S. bacio la mano. Di Mantova a' 20 di settembre del 1587.

Di V. S. molto Illustre.

Servitore affezionatissimo

TORQUATO TASSO.

Lettera all' Illustriss, e Reverendiss. Signor Car-

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6

7

Discorsi dell' Arte Poetica e in particolare so-
pra il Poema Eroico, al Signor Scipione
Gonzaga.

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Lettera di Marcantonio Foppa, all'Eminentiss.

197

e Reveren. Sig. Card. Sforza Pallavicino: 249
Del Giudizio sovra la Gerusalemme di Tor-
quato Tasso.

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Estratti della Poetica del Castelvetro

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Lettera Politica, al Sig. Giulio Giordani. . 37a

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