Abbildungen der Seite
PDF
EPUB

Mente Divina, e quella dell' artificiali, delle quali si figura, e quasi dipinge l'intelletto umano; chè nell'una l'universale è innanzi le cose stesse; nell'altro dapoi le cose naturali. L'idea dunque delle cose artificiali è formata dopo la considerazione di molte opere fatte artificiosamente; nelle quali tuttavolta non è l'ottimo, ma quella è migliore, che più le s'avvicina. Dovendo dunque io mostrar l'idea dell'eccellentissimo poema eroico, non debbo proporre per esempio un poema solo, benchè egli fosse più bello degli altri, ma raccogliendo le bellezze, e le perfezioni di ciascuno insegnare come egli si possa fare bellissimo e perfettissimo insieme. Ma prima dobbiamo peravventura ricercare quel, che sia il poema eroico, o pur quel che sia il poema, che è il suo genere, e dapoi considerare l'idea; perchè dall'idea si conosce, come dice Aristotele nel medesimo libro della Topica, se la definizione sia vera e propria; e benchè in alcune cose non convenga affatto, in questa, di cui parliamo, sicuramente possiamo considerare l'una, e l'altra insieme. Oltre a ciò, se per abbondare d'argomenti dobbiamo rimirare nell' esemplare, rimiriamo nell'idea; perchè l'idea è il vero esemplare, e il vero esempio, se così vogliamo dire piuttosto, anzi possiamo usare la perfetta definizione in vece di regola, e d'esempio, come insegna Alessandro Afrodiseo, esponendo Aristotele nel medesimo luogo. Ricerchiamo dunque prima quel che sia il poema, o la poesia in generale, e poi troveremo la definizione di questa specie, io dico del poema eroico, o epico, che sia chiamato.

La poesia ha molte specie, e l'una è l'Epopeja, l'altre la tragedia, la commedia, e quelle, che si cantano colla cetera, e colle pive, o colle sampogne, o con altri istrumenti pastorali, le quali tutte convengono nell'imitare. Laonde possiamo affermare senza dubbio che la Poesia altro non sia, che imitazione; ma imitano anco la Pittura e la Scultura, e molte arti, oltre queste; però è necessario che s'aggiunga qualche differenza, che la separi dall' altre arti imitatrici. Nè già pajono diverse per la diversità delle cose imitate; perchè il medesimo argomento della guerra di Troja, o degli errori di Ulisse, potrà esser preso dal

pittore, e dal poeta: dunque la differenza delle azioni rase somigliate non le fa differenti; ma l'una nell' imitare adopera i colori, l'altra le parole, o sciolte, o piuttosto legate con qualche certo numero. È dunque la Poesia imitazione fatta in versi, ma imitazione di che? delle azioni umane, e divine, dissero gli Stoici; dunque coloro, che non cantano le azioni umane, o divine, non sono poeti. Non fu dunque poeta Omero, quando egli descrisse la battaglia fra le rane, e fra' topi, nè poeta Vergilio descrivendoci i costumi, e le leggi, e le guerre dell'api. Dall'altra parte chi descriverà le azioni divine, sarà poeta: poeta fu dunque Empedocle, insegnandoci come l'Amore, e la Discordia corrompano questo mondo sensibile, e generino l'altro intelligibile: o poeta Platone quando introduce Timeo a narrare come Iddio padre, chiamando gli altri Iddii minori, creasse il mondo: e se non fu poeta interamente, perchè gli manca il verso, almeno è degnissimo di questo nome, in quello, che appartiene alle cose imitate: ma se questo è vero, essendo tutte le azioni della natura amministrate con divina provvidenza, chi scrive le azioni della natura, par che sia poeta.

Nè credo già che gli eroici poeti avessero escluso Omero, o Empedocle, o Parmenide, ovvero Oppiano, o altro si fatto, il quale prendesse il verso in presto da' veri poeti a guisa d'un carro, come dice Plutarco: forse averebbono scacciato da questo numero poetico Lucrezio, perchè egli scaccia quella loro antichissima póva, laonde la creaziozione del mondo per suo avviso non fu divina azione, ma fatta a caso, e le azioni somiglianti non sono per opinione di Aristotele convenevole soggetto della poesia. Ma peravventura alcuno potrebbe desiderare di sapere la ragione, per la quale le azioni divine, ed umane solamente siano soggetto della poesia, e le azioni degli elementi, e l'altre naturali non siano; ma se tutte le azioni possono essere imitate, essendo molte le specie delle azioni, molte saranno le specie de' poemi; e perchè in questo genere equivoco, come dice Simplicio, ne' predicamenti, la prima specie è la contemplazione, la quale è azione dell' intelletto; la contemplazione ancora potrà essere imitata dal рое

ta, e come pare ad alcuni il poema di Dante ha per sog getto la contemplazione, perchè quello suo andare all' Inferno, ed al Purgatorio, altro non significa che le speculazioni del suo intelletto. Altri vogliono che il soggetto sia un sogno, come è quello de' Trionfi del Petrarca, e l'amorosa Visione del Boccaccio, ma coloro, che tengono questa opinione, il fanno soggetto a maggiore opposizione, che non è secondo Platone l'imitatore medesimo: perchè nel primo grado della verità è l'idea, nel secondo la forma naturale, e la cosa istessa; nel terzo la sua imitazione, o l'immagine: ma l'imitatore, il quale rassomiglia non una azione vera, ma un sogno, e l'immagine delle azioni essendo più lontana dalla verità, sarebbe per conseguente più imperfetto: nè si può concludere altro colla dottrina di Platone, quantunque Sinesio scrivesse che le favole hanno avuto principio da' sogni, e che non sia inconveniente che il sogno sia fine della favola, cone è principio: ma col parer d'Aristotele, dicendo egli che Empedocle è piuttosto fisico, che poeta, non si può concludere assolutamente ch' egli non sia poeta in modo alcuno: ma s' egli pure è poeta, le azioni degli elementi ancora, che sono nell' infimo grado, saran soggetto della poesia. Dunque poeta è similmente Lucreziɔ, e il Pontano, e gli altri, che in versi hanno scritte le cose della natura. E se questa definizione è vera, non si dee definir la Poesia : imitazione delle azioni umane, e divine, perchè ne escluderebbono quelle degli elementi, e le altre naturali, e quelle degli animali. Laonde sarebbono cacciati da questo numero non solo i poemi d'Empedocle, e di Lucrezio, e d'Oppiano, ma alcuno di quelli di Omero medesimo. Dall'altra parte a me non pare che sia imitata alcuna azione divina in quanto divina; perchè in quanto tale peravventura non si può imitare con alcuno di quegli istrumenti, che sono proprj della poesia: perocchè scrisse Aristotele nel primo della Politica, che molti fingono le vite degl' Iddii, come le figure, e l'immagini a somiglianza di quelle degli uomini, ed Isocrate, che la poesia d'Oero, e le prime tragedie sono degne di maraviglia, perchè avendo considerato la natura dell'ingegno umano usiamo impropriamente

l'una, e l'altra forma; altri trattando falsamente le guerre, e le battaglie de' Semidei, altri sottoponendo le favole agli occhi: e Marco Tullio disse che Omero aveva trasportate le cose umane alle divine, mallem divina ad nos, volendoci dare a divedere che egli aveva descritti gl' Iddii come uomini, e le passioni umane come divine; perchè il parlare, e il consigliarsi sono umane azioni, e l'adirarsi, e il muoversi a compassione, passioni degli uomini. Atanasio ancora, per aggiungere uno scrittore sacro a tanti profani, nel libro contra i Gentili lasciò scritto che Iddio adorato da' Gentili, è quasi un composto di ragionevole, e d'irragionevole, però nella sua immagine si congiunge l'una, e l'altra forma, cioè l'umana, e quella di bestia, come appresso gli Egizj Cinocefalo, e Anubi; e le azioni ancora furono attribuite a' loro Iddii quasi ferine. Laonde se il pittore, quantunque dipinga Giove, e Marte, Iside, ed Osiri, non è pittore d'altra forma, che dell' umana, o di quella di fiera, perchè la divinità non può da lui essere imitata, così il poeta di queste forme, e di queste azioni non è imitatore, ma delle umane principalmente, o propriamente; tanta è dunque la diversità fra l'imitatore delle cose divine, e delle cose umane, quanta fra quelle, che sono propriamente idee, e queste, che chiamiamo immagini, e simulacri: ma nelle idee ancora, come piace ad Aristotele nel primo della metafisica, e ad Alessandro suo comentatore, è questa differenza di ragionevole, e d'irragionevole, o cosa che con questa abbia proporzione: non è dunque maraviglia, se i simolacri siano stati formati in questa guisa.

Ma tornando ad Omero, dico che s' egli imita gl' Iddii sotto questa considerazione quasi contraria delle forme, delle azioni, e delle passioni de' mortali, si può affermare che egli sia imitatore dell'elezioni umane, e degl'Iddii, in quanto uomini. Parimenti nella battaglia fra le rane, e i topi sono trasferite negli animali le parole, e gli affetti, ed i costumi, che sono proprj degli uomini. Laonde io direi piuttosto che la poesia altro non fosse che imitazione delle azioni umane, le quali propriamente sono azioni imitabili, e le altre non fossero imitate ma per acci

per

3è 2

dente, o non come parte principale, ma' come accessoria, ed in questa guisa ancora si possono imitare, non solo le azioni delle bestie, come la battaglia del Liocorno col Leofante, o del Cigno coll' Aquila, ma le naturali come le tempeste marittime, e le pestilenze, i diluvj, gl'incendj, i terremoti, e le altre si fatte. Oltre a ciò dovendo, come abbiamo detto, ciascuna definizione risguardare all'ottimo, dobbiamo nella definizione della poesia preporci un ottimo fine: ma l'ottimo fine è quello di giovare agli uomini coll'esempio delle azioni umane, perchè l' esempio delle bestie non può giovare egualmente, e quel delle divine non è nostro proprio; dunque a questo dee esser dirizzata .

La poesia è dunque imitazione delle azioni umane, fatta per ammaestramento della vita; e perchè ogni azione si fa con qualche consiglio, e qualche elezione; si tratterà del costume, e della sentenza per conseguente, la quale da' Greci è detta diavola; e benchè facendosi questa imitazione si dia grandissimo diletto, non si può dire che due siano i fini, l'uno del diletto, l'altro del giovamento, come pare che accennasse Orazio in quel verso:

Aut prodesse volunt, aut delectare Poetae.

Perchè un'arte sola non può aver due fini, l'uno de'quali all'altro non sia subordinato, ma o si dee lasciare da parte il giovamento dell'ammonire, e del consigliare, come dice Isocrate, e coll'esempio di Omero, e de' Tragicì rivolger tutto lo sforzo dell'orazione al dilettare; o, volendo ritener il giovamento, si dee drizzar il piacere a questo fine: e peravventura il diletto è fine della poesia, e fine ordinato al giovamento. Però si legge nella seconda orazione del medesimo Isocrate che gli antichi poeti lasciarono ammaestramenti della vita, per li quali gli uomini divennero migliori; e nel Panatenaico, che la poesia ci divertisce da molti delitti; però null' altro esercizio più conviene alla giovinezza: ma il giovamento è considerato principalmente da quell'arte, che è quasi architetto di tutte l'altre. Però al politico s'appartiene di considerare quale poesia debba esser proibita, e qual diletto; acciocchè il piacere, il quale dee essere in vece di quel mele, di cui s' unge il vaso, quando si dà la medicina a' fanciulli, non facesse ef

« ZurückWeiter »