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CXLIX.

1569, 30 dicembre. Al conte di Tenda, perchè faccia prendere e consegni al vescovo di Ventimiglia Antonio Chianta, segatore e Innocenzo Gui detto Umeta, eretici.

[Loc. cit. Pii papae V brevia,

a. IV, arm. 44, to. 14, p. 320 e to. 17 p. 524.]

Dilecto filio, nobili viro, Honorato de Sabaudia, comiti Tendae, ut haereticos quosdam comprehensos episcopo Vintimiliensi tradi iubeat.

Pius papa quintus.

Dilecte fili, nobilis vir, salutem et apostolicam benedictionem. Quia exploratum habemus, te pro tuo singulari fidei catholicae zelo omnium haereticorum hostem esse acerrimum, idcirco fidenter facimus, ut in his, quae ad detestabilem haeresum pestem avertendam pertinere novimus, tua, quam nobis paratissimam esse intelligimus, cum necesse est, opera utamur. Quapropter nobilitatem tuam rogamus, ut Antonium quendam Chiantam, secandarum tabularum artificem, qui alias Genuae ac Vintimiliae haeresum, in quas, suadente diabolo, inciderat, abiuratione facta in easdem nunc relapsus est, Tendae commorantem; similiterque Innocentium Guium, qui Umeta appellatur, una cum quibusdam aliis, quorum nomina a venerabili fratre nostro episcopo Vintimiliensi accipies, adhibita ea, quae ad eiusmodi res valde necessaria est, taciturnitate ac diligentia, comprehendi iubeat, comprehensosque ad eundem episcopum Vintimiliensem adduci, in eiusque potestatem tradi curet: ut ipse, apud quem adversus praedictos haereticos indicia probationesque reperiuntur, id, quod aequum iustumque fuerit, in eorum causis statuere, atque exequi possit. Quod quamquam te, ut par est, sedulo pro tua in Deum omnipotentem pietate facturum esse pro certo habemus, tamen ita rogamus, ut te in eo rem omnipotenti Deo acceptissimam, nobisque gratissimam facturum esse scire velimus. Datum Romae apud sanctum Petrum sub annulo piscatoris, die trigesima decembris millesimo quingentesimo sexagesimo nono, pontificatus nostri anno quarto.

(T. Aldobrandinus).

CL.

Tomie. A da Emanuele Filiberto di Savoia perate consegni i escora & Mondovi un tal eretico Goran Tommaso Secero the preme molto al S. UP fine di Roma amere a sua Esposizione.

= 1 v. 17, 44, 10, 15, p. 300]

Cleare, accli tra Emand Philiberto di Sabaudae surer quodam Jane Thoma Secleto haeretico.

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Cene i acollis ~* salutem et apostolicam benedictionem. PerUm a 20 est, quendam Jamnem Thomam apud sanctum hoeretale pramus gatves faum Thurin captum detineri, homitemat som erats are infectam, sed etiam apostatam. Bom a potestatem nostram trades term sancti Inquisition's haereticae prantats thick, quod 3omae est, vide interest, ob eamque causam nos & magnopere des deramus, it ex eis scilicet dictis quorundamı compleun acto ter possit. Eaque pool tatem tam bertamur, en Demar ratemanner rogamus, pro sta erga Deum omnipebambut, y anime rei porisque cattolicae relo, eam ipsum bominem in ponestate 208 redirenton agenter mandare velit. Qua de re fratrem Vacentum episcopum Montisregalis nostrum, et Sets Apostolicae apos nook tatem tuam nonum diligentissime postro pomine cum spare ross mas co non mode at dem habeat, sed - is scher tatem re postulatis pro saa erga nos, Sanctamque hang Sederm Apostilam terrenta satisticat, nobitatem tuam valde Obsecramus quam etsi msum sponte sua facturum fuisse non dubita pina, tamen a mel gere volumes, eandem rem nov's gratissimam finiram Datum Romae apud sanctum Petrum sub annulo piscatoris, Lenges ma prima apris lesine quingentes mo septuagesimo,

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LE SEDI EPISCOPALI

NELL'ANTICO DUCATO DI ROMA

ELLO studio presente io mi propongo di raccogliere le notizie che ci rimangono sulla geografia episcopale dei dintorni di Roma nei tempi più remoti, vale a dire in quei secoli dell'antichità e dell'alto medioevo (dal quarto al decimo secolo circa) che hanno preceduto il tempo in cui le istituzioni ecclesiastiche si assestarono a un dipresso nella posizione in cui ora le troviamo. Delle sedi di cui si deve tener qui parola, talune nell' insieme della gerarchia episcopale hanno acquistata una posizione affatto particolare, proveniente non dalla importanza loro propria, ma dagli stretti legami che le annodavano al pontificato romano. Per conseguenza questo lavoro sarà diviso in due parti, la prima delle quali sarà consacrata ai cardinali vescovi e l'altra in generale ai vescovati della campagna romana.

I.

Col nome di sedi suburbicarie si designano ora le sedi di Ostia, Porto, Albano, Palestrina, Frascati e Sabina.

Prima del pontefice Calisto II ve n'era una settima, quella di Selva Candida, detta anche di Santa Rufina, o meglio delle Sante Rufina e Seconda. Questa sede fu riunita da Calisto II a quella di Porto (1). I vescovi suburbicari hanno grado di cardinali, anzi occupano il primo luogo nel sacro collegio.

Questo stato di cose peraltro non risale ad una antichità molto remota. Ancora nel dodicesimo secolo si parlava di cardinali e di vescovi (2) riservando la prima denominazione ai preti dei ventotto titoli e ai diaconi delle diciotto diaconic. Questi preti e questi diaconi rappresentavano la successione dell'antico clero superiore della chiesa locale di Roma. Senza dubbio essi avevano da lungo tempo delegato a degli inferiori l'esercizio delle loro funzioni locali per occuparsi col papa degli affari ecclesiastici generali. Ma la differenza che si persisteva a fare tra essi ed i vescovi, inclusi quelli più vicini a Roma o che facevano parte della curia pontificia, proveniva da un sentimento assai giusto delle antiche relazioni.

Tuttavia ciò non toglie che fin dal principio del dodicesimo secolo, i sette vescovi menzionati qui sopra non avessero una situazione tutta particolare nell' insieme dell'episcopato italiano. In origine il papa era stato il solo vescovo d'Italia. Assai per tempo, probabilmente fin dallo scorcio del secondo secolo, s'introdusse una suddivisione;

(1) Risulta da una bolla di Gregorio IX del 2 agosto 1236, nella quale è citato il priviligiam di Calisto II a ciò relativo. POTTHAST, 10217; UGHELLI, Italia sacra, I, 130.

(2) Si vedano PANDOLFO nel racconto della ordinazione di Gelasio II (Liber pontificalis, ediz. Duchesne, II, 312, 313), e nella notizia di Onorio II (ibid. p. 327); l'autore del racconto della captività di Pasquale II ibid. p. 340, L. 21; 341, L 24: 342, l. 6); il cardinale Bosoxɛ jõid p. 364 B. l. 25; 380, l. 1, e altrove passim). Questi scrittori, eminentemente curiali, sono ben qualificati per rappresentare P'uso del tempo loro.

nuove sedi episcopali furono stabilite, numerose nella bassa Italia, più ristrette di numero nella antica Gallia cisalpina. In quest'ultima regione si formarono anzi delle provincie ecclesiastiche, a Milano, ad Aquileia, a Ravenna, e ciò fino dal secolo quarto, per modo che la giurisdizione immediata del papa non si estese più che sui vescovi compresi in quella che era stata la diocesi suburbicaria civile. Nel decimo secolo, nuove fondazioni dello stesso genere vennero a diminuire al mezzogiorno la provincia metropolitana di Roma. I Bizantini, padroni dell'Italia meridionale, vi crearono un certo numero di provincie ecclesiastiche accettate poi dai papi, i quali dal canto loro eressero in metropoli le capitali dei principati longobardi, Capua, Salerno e Benevento. Da ultimo, nel secolo dodicesimo, venne la fondazione delle provincie di Pisa e di Genova. Tutte queste mutazioni diminuivano singolarmente il numero degli episcopati immediatamente sottoposti alla Santa Sede, vale a dire degli episcopati suburbicari secondo il primitivo significato della parola. Ne rimanevano nondimeno abbastanza perchè la distinzione accordata alle sette sedi fosse per sè stessa una distinzione assai seria.

Inoltre questi prelati non si distinguevano soltanto dall'episcopato suburbicario. Incorporati alla curia del papa, qualificati a supplirlo nelle funzioni episcopali, essi non potevano non venire a prendere poco a poco una posizione superiore a quella dei preti e diaconi cardinali. Questi nei concili, e generalmente nelle cerimonie ecclesiastiche, prendevano luogo dopo tutti i vescovi. Sebbene lo sviluppo crescente della loro importanza dovesse portare una inversione di precedenza, il principio antico fu mantenuto colla precedenza attribuita ai sette vescovi cardinali. Questi si posero a capo del clero romano, e il legame stringendosi più e più si venne a considerare che il papa, i sette vescovi, i cardinali preti e diaconi rappresentavano insieme la Chiesa romana, e che tutti insieme dovevano andare innanzi ai

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