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VARIETÀ

LA LEGAZIONE DEL CARD. D. CAPRANICA

AD ALFONSO DI ARAGONA

(Napoli, 29 luglio-7 agosto 1453).

Il grido di dolore, che s'innalzò dalla cristianità intera all'annunzio della caduta di Costantinopoli, fu il segno di allarme per un pericolo più grave in mezzo al rumore delle lunghe guerre accanite che da parecchio tempo tormentavano l'Occidente e l'Italia in ispecie. Si ebbe allora un momento di esitazione, durante il quale gli animi dei re e dei principi si volsero a considerare tanta sciagura e ad escogitare i mezzi per respingerla; ma fu un momento solo, giacchè non cessarono per questo in Italia le rivalità e i contrasti fra Napoli e Firenze, Venezia e Milano, nè, fuori d'Italia, la concordia regnò sovrana. Sicchè neppure di fronte al comune ed imminente pericolo poterono i principi dimenticare i meschini rancori personali e le loro ambizioni, unendosi contro l'aborrito nemico del nome cristiano. Che se la temuta minaccia e il pericolo furono in qualche modo e dopo lunghi sforzi, scongiurati, ciò si dovette, più che all'opera di re e imperatori, al sacrifizio e al coraggio di poche anime elette coadiuvate nell' impresa da una turba di miseri credenti animati in parte da un profondo sentimento religioso e in parte stimolati anche da bramosia di guerra donde speravano i mezzi per la vita.

Nicolò V si affrettò, subito dopo la triste novella, ad inviare da per tutto ambasciatori, ammonendo e consigliando la pace e l'unione: era necessario operare prontamente se

Archivio della R. Società romana di storia paira. Vol. XXVIII. 31

non si voleva vedere il Turco, imbaldanzito dal successo ottenuto, avanzarsi nell' Europa e celebrare altri trionfi (1). Presso il re Alfonso si recò come legato il cardinale Domenico Capranica, l'uomo più eminente che avesse il sacro collegio (2). Questi partì da Roma il 18 luglio (3) e dopo undici giorni di viaggio, essendosi fermato più volte per via, giunse a Napoli col suo numeroso séguito di ottanta persone, tra vescovi e gentiluomini, e sessanta cavalli. Il re lo accolse fastosamente, uscendogli incontro sotto un pallio di damasco cremisi, ornato di fregi di argento, di oro e di seta (4). Il giorno seguente il Capranica ebbe un'udienza privata in Castelnuovo. Il documento che qui pubblico ci fa conoscere il tema della conversazione e gli argomenti addotti dal cardinale per convincere l'Aragonese. Ricordò dapprima i meriti insigni di cui il genitore, Ferdinando il Giusto di Aragona, si era reso degno verso la Chiesa, avendo nel concilio di Costanza attivamente cooperato con l'imperatore Sigismondo a far cessare lo scisma; un accenno agli ultimi strascichi della guerra contro gli Angioini permise al Capranica di richiamare alla memoria la guerra combattuta dieci anni indietro, insieme col re, nella Marca, contro Francesco Sforza; il cardinale era allora legato di Eugenio IV e aveva saputo cattivarsi la benevolenza e la stima dell'Aragonese; da ultimo toccò con arte l'amor proprio del

(1) Cf. L. Pastor, Geschichte der Päpste in Zeitalter der Renaissance bis zur Wahl Pius' II, Freiburg in Breisgau, 1891, I, 2, p. 500 sgg.

(2) Cf. CATALANUS MICHAEL, De vita et scriptis Dominici Capranicae cardinalis antistitis Firmani Commentarius, in officina Firmana Palladii, 1793, pp. 98-99; PASTOR, op. cit. p. 502; L. PASTOR, Ungedruckte Akten zur Geschichte der Päpste vornehmlich im XV, XVI und XVII Jahrhundert, Erster Band, 1376-1464, Freiburg in Breisgau, 1904, p. 36, S. 12-13.

(3) PASTOR, Geschichte &c. ed. cit. p. 502.

(4) C. MINIERI-RICCIO, Alcuni fatti di Alfonso I d'Aragona. Dal 15 aprile 1437 al 31 maggio 1458, in Arch. st. per le provincie Napoletane (1881), VI, 420.

re: questi era tra i principi cristiani potente, saggio ed accorto, sì che il papa si aspettava da lui oltre che aiuti materiali, anche consigli in tale ardua impresa.

L'Aragonese si commosse alle lodi tributate alla memoria del padre che, come egli diceva, morendo, gli aveva raccomandato di favorire sempre l'unione della Chiesa, d'essere grato all' imperatore Sigismondo e di combattere i Mori; si ricordò volentieri delle fatiche durate insieme nella Marca, combattendo lo Sforza; lodò l'iniziativa del papa per un accordo fra i principi cristiani e promise infine di cooperare nella guerra contro il Turco, non dimenticando per altro di infiorare il suo discorso con ricordi di autori sacri e profani. Ma il cardinale desiderava una promessa formale, una risposta più categorica da comunicare al papa, e alle sue insistenze il re soggiunse che aveva bisogno di pensarci su dieci o dodici giorni, anche per intendersi con i Veneziani, perchè questi sono alquanto sospettosi et pure da conservarseli. Il cardinale riferisce la sua convinzione che il re ha già mandato un ambasciatore a Venezia, e perciò ha chiesto tanto indugio. L'ultima domanda dell'Aragonese ci potrebbe far supporre quanta poca voglia egli avesse di cacciarsi in mezzo a tale impresa che veniva a turbare i suoi sogni di ambizione: siamo a così breve distanza dalla catastrofe di Costantinopoli ed egli vuol sapere se il papa ha già dato particolari disposizioni e se ha raccolto denari per la bisogna, perchè il cominciare per non finire saria danno et vergogna. Certo, rispose il Capranica, il papa avrebbe fatto tutto ciò che poteva, ma aspettava anche aiuti dai principi cattolici e da lui specialmente.

Buone parole ebbe soltanto il cardinale, come egli stesso conchiude tristemente, confessando che non sa neppure quali habbiano a essere li effecti. Pur troppo questi per allora furono nulli: nè la pace tanto desiderata tra i principi italiani si potè conchiudere, nè alcuna seria intesa si ebbe per la lotta contro il Turco. Sicchè gli eserciti del duca

di Calabria ripresero l'offensiva nella Toscana e Venezia stipulò persino un trattato di alleanza con la vittoriosa potenza ottomana: ad essa premeva troppo per allora il grave pericolo che correvano le sue colonie e i suoi commerci con l'Oriente. Un anno più tardi la parola ispirata di frà Simonetto da Camerino riuscì ad ottenere ciò che il pontefice e i suoi nunzi avevano tentato invano: la pace di Lodi fu certo di grande importanza per la guerra contro i Turchi.

Poche parole ora intorno al documento. Esso è trascritto di mano dell'Ammanati nelle cc. 198-200 в del cod. dell'archivio Vaticano arm. XXXIX, t. 10; un codice miscel laneo (mm. 305 X 225, di cc. 292) che contiene per la maggior parte minute di lettere dell'Ammanati stesso, autografe oppure trascritte dal suo segretario Giacomo Gherardi da Volterra, alcune poesie dell' Ammanati e del Gherardi, poche lettere, anche autografe, del Bessarione e di altri cardinali di quell'epoca e documenti di varia natura che interessano la storia della seconda metà del sec. xv (an. 14531482) (1).

....

(1) Le lettere dell'Ammanati o a lui dirette dagli amici furono pubblicate, ad eccezione di pochissime tuttora sconosciute, nella edizione di Milano 1506: Epistolae et commentarii Iacobi Piccolomini cardinalis Papiensis, Mediolani, 1506; se ne ebbe poi una ristampa a Francoforte nel 1614, dove le lettere hanno una numerazione progressiva. Di questa ultima edizione ha fatto uso un anonimo annotatore del sec. XVIII, che ha avuto cura di segnare nel codice a ciascuna lettera il numero corrispondente dell' edizione, con la frase: ed.[ita] n. Circa il Gherardi e la parte avuta nella composizione di queste lettere, cf. Il diario di Iacopo Gherardi da Volterra, edito a mia cura nella Raccolta degli storici italiani dal 500 al 1500, ordinata da L. A. Muratori, nuova edizione rived. ampl. e corr. con la direzione di G. Carducci e V. Fiorini, fasc. 26-27, Città di Castello, Lapi, 1904, p. xii, n. 7, r. 51 sgg.; p. xvii, n. 3. Molti dotti hanno avuto fra mano questo codice, ma nessuno, ch' io sappia, ha dato uno spoglio completo dei documenti ivi contenuti, scritti per la maggior parte in forma di minuta e però non di rado di difficilissima lettura.

Non deve destare meraviglia che questa relazione sia stata scritta dall' Ammanati, in primo luogo perchè allora questi era segretario del Capranica (1), e poi perchè essa si ritrova fra le sue carte. A mio avviso il cardinale ebbe cura di comunicare subito a Nicolò V l'esito della sua legazione e incaricò all'uopo il suo segretario (2). Il quale, o presente egli stesso al colloquio del cardinale col re, o informato con esattezza dal cardinale stesso, per non dimenticare, avrà creduto opportuno prendere degli appunti su ciò che doveva riferire al papa e avrà per certo sottoposto l'abbozzo all'approvazione del suo patrono. Perciò il documento è redatto in terza persona e le frequenti correzioni ed aggiunte marginali e interlineari dimostrano che questa che noi abbiamo è una minuta fatta su fogli volanti e da servire solo per chi la scrisse, come si può argomentare anche dalla forma, per solito accurata ed elegante nei componimenti dell'Ammanati, qui invece trascurata e qua e là scorretta. Il legatore del codice ha poi confuso l'ordine dei fogli; perchè, a giudicare dal contenuto, la carta segnata col n. 200 doveva precedere la carta 199 (3). Ho creduto opportuno restituire l'ordine primitivo, avendo cura di darne indicazione in nota, dove ho riportato pure le parole e i passi aggiunti, soppressi o mutati dall'autore sì per esprimere più

(1) Cf. la breve Vita dell'Ammanati scritta dal GHERARDI a principio del suo Diario, loc. cit. p. 3.

(2) Il Capranica parti da Napoli il giorno 7 agosto; cf. MINIERIRICCIO, op. e loc. cit. p. 422.

Anche la chiusa della relazione dimostra che lo scrivente aveva avuto dal cardinale l'incarico di parlare col papa, o per lo meno scrivere a lui, come si potrebbe argomentare da un indice sommario, forse di mano del Gherardi, che si legge nel terzo foglio di guardia non numerato. Ivi, per la c. 198, si legge: « Instructiones ad scribendum «< pape, 198 ».

(3) Tra le carte 198 e 199 vi è un frammento che doveva formare un foglio con la c. 199: il frammento e la c. 198 sono tenuti insieme da un listino.

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