Abbildungen der Seite
PDF
EPUB

coronate da capitelli accennanti al corinzio, ma semplici e schiacciati, lavoro del secolo decimoterzo. La chiesa è tutta rimodernata. Il convento serve di alloggio ai soldati; ed io non vi ho trovato di medievale che questa lapiduccia murata nel pilastro prossimo alla scala, nel primo piano:

EX BVLLA VITAE PEREN

NICOLAI PP-DAT.VII

IVL MCCLXXXX-COLLIGI

TVR.QVOD.FF.MINORES

HIC MORABNR ANTE-D-ANN:

Se ne ricava che Nicolò IV, nella bolla Vitae perennis dei 7 luglio 1290 attesta aver quivi dimorato i frati minori prima di quell'anno, cioè antecedentemente. Discendiamo da questa collina ed ascendiamo a Valmontone. A sinistra ci si offre una piccola chiesa detta anticamente delle Grazie, ovvero di s. Antonio, perchè, come ho già sopra notato, fu dei monaci Antoniani. L'esterno consiste in una costruzione propria del secolo undecimo, con porta di facciata, ed altra laterale, ambedue murate, del secolo decimoterzo, sormontate da un archetto tondo sporgente. La porta della facciata contiene un importante affresco, in parte rovinato, che rappresenta S. Antonio abate. Sui peducci dell' archetto delle dette porte è scolpito il tau degli Antoniani. In alto esiste anche una fenestrella coronata dal solito archetto sostenuto da colonnette, delle quali non rimangono che i capitelli e

le basi.

Entrando nel paese noi possiamo tenere due strade, passare cioè per porta Napoletana, ovvero per porta Romana. Nel primo caso ci troviamo nel corso Garibaldi, che ci presenta i più singolari avanzi del medio evo. Quivi doveva essere concentrata la più ragguardevole parte della popolazione in quell'età. Il viaggiatore non lasci senza attenta osservazione quel punto largo della via, ove sorgeva un tempo una chiesa di s. Leonardo, convertita in una casa moderna. Quivi esistono a destra, per chi sale, tre bellissime fenestre

ghibelline di pietra locale con archetti acuti sfrondati e con colonnine ornate di capitelli corinzi l'uno diverso dall'altro. A sinistra si veggono le severe fenestre guelfe crociate della casa avversaria. Poco più oltre, al numero civico 8, a destra è un'altra fenestra ghibellina con archetto tondo. Al numero 42 ve n'è un' altra guelfa. Ma la più splendida è quella tutta marmorea, posta sopra al numero 36, che consiste in un arco acuto sfrondato incassato in un altro acuto semplice inquadrato entro cornice rettilinea tutta intagliata, con due scudi francesi nei vani superiori, e coronata da due

rosette all'estremità superiore. Entrando per la porta Romana percorreremo la via carrara, e vedremo prima l'arco della porta, semi-acuto, e poi presso la casa Marchetti, additata in nota come quella in cui si ravvisa l'antica porta, il sito della chiesa medievale di s. Andrea, nominata già nelle memorie diplomatiche, ed ora convertita in osteria del Conte; ma che ha lasciato il suo nome al vicolo adiacente. Giunti che saremo sulla sommità di Valmontone, ammireremo il sontuoso palazzo Pamphili, uno dei più grandiosi monumenti principeschi moderni della nostra provincia. A d. Camillo Pamphili costò scudi 600 000, somma immensa nel secolo decimosettimo; eppure non è finito, come si può vedere dalle morse del muro presso la chiesa collegiata, alla quale sembra aver voluto il principe stesso dar la preferenza nella costruzione. Nell' oratorio del Gonfalone si vede un presepio in pittura su tela con la firma D, che si attribuisce al Dughet (Gaspare Poussin).

Sulla sommità del paese abbiamo notato due sole cose del medio evo, cioè la custodia degli olii santi, ch'è nella Collegiata, la quale sembra del secolo decimoquinto ed è ornata col noto partito dei pilastrini e degli angeletti, ed ha nella sagrestia una Madonna del Pinturicchio; e la casa Aequaroli nella prossima via dell' Oratorio, la quale conserva le mura del secolo decimoterzo, ed alcune fenestre marmoree rettilinee.

Archivio della R. Società romana di storia patria. Vol. XXVIII. 10

Non conoscesi lo statuto comunale di Valmontone, ma soltanto alcune disposizioni di danni dati ecc., di età recente (1818 e seg. nel R. archivio di Stato in Roma, t. 115). Sembra che si governasse con gli statuti di Roma, poichè vengono spesso nominati negli atti, che si conservano nel pubblico archivio. Il più antico atto dell'archivio notarile è del 1527; ciò che indica essere stato disperso in occasione della nota invasione Borbonica di quell'anno.

Pimpinara, così detto da Fluminara castello del medio evo sul fiume Sacco, che serviva di guardia al confine tra il Lazio e la provincia di Campagna. Fu fabbricato dai conti di Valmontone circa il mille, sul sito dell'antica Sacriportus villaggio latino ascritto alla tribù Fabia, celebre per la battaglia di 150 000 combattenti tra Silla e il figlio di Mario, il quale vinto si rifugiò a Preneste, ove morì. La chiesa fu detta di santa Maria. Nel 1266 fu donato dai Conti a Gregorio Frangipani. Nel 1300 fu restituito a Giovanni Conti, quello che possedeva la tor de' Conti a Roma. Nel 1520 era già abbandonato. Nel 1547 Fulvia Conti lo portò in dote a Mario Sforza duca di Santa Fiora, poi dagli Sforza è passato per eredità ai Pamphili; ed al presente è dei DoriaPamphili.

Il castello è splendido come tipo del secolo XIII, ma edificato sopra un piano anteriore di almeno 200 anni. Alta torre spaccata in un lato; recinto forte, chiesa interna, come nei castelli di Borghetto del Lazio e di Capodibove; baluardi, tutto vi si riconosce. È opera del 1210, di Riccardo conte di Sora e di Valmontone. Crediamo utile a chi si diletta di questi studi la pianta di questo, che può dirsi il più bel castello medievale dei dintorni di Roma, rilevata dall'egregio sig. Gino FERRARI che ce ne ha favorito una copia ed un cenno descrittivo che qui riferisco.

[merged small][merged small][merged small][merged small][ocr errors][merged small]

La torre e le mura del castello, che coronano il ciglio dell'altura dominante la valle del Sacco, si debbono attribuire ai primi anni del XIII secolo, quando Riccardo conte di Sora attese ad assicurare alla sua famiglia il possesso dei beni ricevuti dal Pontefice suo fratello. Il «< Castrum Fluminariae » di cui si fa menzione nel documento del 1208 relativo all' investitura dei nuovi feudi, come pure in documenti anteriori del XII secolo, si riferisce ad un castello preesistente che per gli avanzi che ancora rimangono possiamo ritenere sorto nel secolo XI sullo stesso luogo, ed al quale appartiene il muro che abbattuto al livello del terreno, divide in due parti il recinto del nuovo castello, e l'altro adoperato in parte a racchiudere il cassero dal lato sud

ovest.

Libero da ogni avanzo di tempi anteriori, il nuovo tracciato potè svolgersi secondo i sistemi difensivi del tempo, occupando tutta la parte più elevata dell'altura, seguendo, per quanto era conciliabile colla natura del luogo, la forma rettangolare. La parte più conservata della cinta è quella di nord-est a differenza di quella opposta quasi del tutto scomparsa per i franamenti della collina. Le torri, prive di feritoie e salienti appena m. 1.60, servivano più al rinforzo che al fiancheggiamento delle deboli cortine. Due sono le porte per cui si accedeva nel recinto, entrambe aperte al piede di una torre chiusa da tutti i lati e formante alla gola una seconda porta. Presso quella di sud-est è situata la chiesa di cui non rimane che l'abside cou le custodie in qualche parte ancora dipinte, la torre attigua era adibita a campanile. Avanzando ci.si presenta un vasto fabbricato rettangolare di una sola stanza ove alloggiava il presidio.

Una seconda cinta di mura racchiude il cassero con l'alta torre posta a guardia della porta e del lato più debole della cinta. In esso era situato il palazzo di cui non ci rimangono che i due lati sul filo delle mura esterne, col camino nel saliente della torre d'angolo e una piccola porta protetta da uno stretto recinto, verso la campagna. Questa che era nascosta nel fianco di una torre fungeva da porta di servizio pel personale a guardia del castello, ed in guerra, di sicurezza per introdurre direttamente nel palazzo viveri, uomini, munizioni od altro, senza aprire le porte principali.

Dall'esame del lato sud-est del cassero si può ritenere che il palazzo fu aggiunto in tempo di poco posteriore alla costruzione della cinta che in questo tratto ancora conserva la sua merlatura guelfa riempita da costruzioni della seconda metà del XIII secolo su cui poggiano sovrelevazioni appartenenti al secolo xv che rappresenta il terzo ed ultimo periodo in cui si attese a risarcire in più parti la cinta ed

« ZurückWeiter »