Veduto il primo colpo senza effetto, All' arcier nuovo dardo inviar parve; Ma Mercurio cangiò subito aspetto, E si fece invisibile, e disparve. Come un aer si fe purgato e netto, E di lui più nulla sembianza apparve: Io non saprei ben dir che forma avesse, Che non soffrì, che allora altri il vedesse. 264
Apollo si raggira, e più non vede L'autor dell' altrui danno, e del suo scorno, E gira, e move indarno l'occhio, e'l piede; E cerca con gran studio quel contorno. Benchè Mercurio alfin visibil riede, E prega, e stagli con tai mezzi intorno, Che fan la pace, e rende il tolto armento, E fallo d'un bel don di lui contento.
Ebbe Mercurio un perspicace ingegno; poco prima ritrovato avea
Un istrumento più dolce e più degno Di quel, che Apollo allora usar solea: Questo era un cavo, e ben disposto legno, Che con nervi ineguali il suon rendea, Dando un l'accento acuto, un altro il grave, Faceano un suono amabile e soave.
Per dimostrar Mercurio in qualche parte, L'animo verso Apollo amico e buono, Gli diè questo intrumento, e insieme l'arte Gl' insegnò, che suol far sì dolce suono : Questa è la Cetra, ch'all' antiche carte Diè sì sonoro e dilettevol tuono; Rendè con questa Apollo esperte, ed use (Onde si dolce poi cantar )le Muse.
Despectabat humum, cultique arbusta Lycaei. 710
710. Lycaei. Locus amoenus prope Athenas a Lycio Pandionis filio nomen habens, ubi Athenienses deinde, operis praefecto Pericle, condiderunt gymnasium; frustra sunt qui vel Lycaeum Arcadicum aut Corinthiacum hic somniant.
Deh suona, Apollo, la tua cetra suona; Mentre la Musa mia di te favella: Dia grazia a quel, ch'ella di te ragiona, La tua dolce armonia sonora e bella: Si ch' un fiume novello d' Elicora Tragga la nostra ancor nova favella; Deh rendi a noi sì le tue corde amiche, Che possiamo imitar le carte antiche.
Febo un bastone avea di sua man fatto, Dov' eran due serpenti incatenati
Con quattro, o cinque groppi in un bell' atto Intorno a quel bastone avviticchiati; Ambi un cerchio facean, ma non affatto Verso la testa, ov' erano incurvati: E le teste guardavano a quel punto
Ch' un semicerchio, e l'altro avrebbe giunto. 269
Donollo a chi già Batto fe di pietra, Lo sbandito dal ciel nuovo pastore, Non più per ricompensa della cetra, Che per mostrar l'interno del suo core; Così, poichè perdon ciascuno impetra, E fede acquista al rinovato amore, Restando ognun del suo desio contento, Questi al ciel si tornò, quegli all'armento.
Mentre il messo di Giove al cielo aspira Con l'ali, che i piè gli ornano, e le chiome, La prudente città passando mira,
A cui Minerva diè l'oliva, e 'l nome; Porge gli occhi per tutto, e vaga, e gira, E di tornare al ciel si scorda, come Vede l'alme contrade ornate e belle Di mille vaghe e nobili donzelle.
Illa forte die castae de more puellae Vertice supposito festas in Palladis arces Pura coronatis portabant sacra canistris. Inde revertentes Deus aspicit ales: iterque Non agit in rectum; sed in orbem curvat eundem. Ut volucris visis rapidissima milvius extis, Dum timet, et densi circumstant sacra ministri, Flectitur in gyrum; nec longius audet abire : Spemque suam motis avidus circumvolat alis. Sic super Actaeas agilis Cyllenius arces Inclinat cursus: et easdem circinat auras. Quanto splendidior, quam caetera sidera, fulget Lucifer; et quanto te, Lucifer, aurea Phoebe; Tanto virginibus praestantior omnibus Herse Ibat: eratque decus pompae, comitumque suarum. Obstupuit forma Jove natus: et aethere pendens
711. Illa forte. In celeberrimo Palladis festo, cui hinc nomen zainpipia, virgines nobiles ac nubiles canistra ferebant Deae, in quibus inerant ea quae ad Panathenaeorum et aliarum pomparum sacra pertinebant. 714. Deus ales. Mercurius citus. Omnium enim planetarum celerrime suum conficit cursum.
715. Sed in orbem curvat eundem. In orbem ideo volasse dicitur, át diutius aspectu Herses amatae frueretur.
720. Super Actacas arces. Athenienses.
721. Incliuat cursus. Convertit volatus. Circinat. Circundat, et in gyrum volat.
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