191 192 193 donde un tuono 194 Nec mora: falcato nutantem vulnerat ense, Protinus exarsit, nec tempora distulit irae: .:18. Qua collo confine. Quà caput conjungitur cum collo. 720. Arge jaces. Virg. 10. Æn. Istic nunc, metuende jace. Hon. Iliad. % et v. 386. Κέιται παρ νήεσσι νέκυ άκλαυσος, αδειπ7ος, Hétporn.os, et alibi. De iis, qui ferro pereunt, qui non sua morte defunguntur. Cui contrarium stare, incolumem esse. Virgil. 2. Eneid. Dum stabat regno incolumis. suono, e fa fätellä 195 Dalla sampogna il Dalla sua lingua subito disgiugne. Con maggior sonno poi gli occhi suggella, Che con la verga sua toccando aggiugne; Sfodra la spada sua lucida e bella , E dove il capo al collo si congiugne , Fere , e tronca la spada empia e superba, E macchia del suo sangue i fiori , e l'erba. 196 Argo tu giaci, e'l gran lume che avevi In tanti lumi, un sol colpo ti fura; Tanti occhi , onde vegghiar sempre solevi , Perpetuo sonno or t'addormenta , e tura , E’l dì, che più d'ognun chiaro vedevi, Una infelice, e tetra notte oscura, Solo una man con tuo gran danno , e scorno T ha tolto i lumi , la vigilia, e'l giorno. 197 Ma la gelosa Dea , che gli occhi a terra Chinava spesso al suo al suo fido pastore, Quando il vide giacer disteso in terra, E'l capo tronco senza il suo splendore, 198 capo tronco, ivi gl' imprime, e inchioda, |