Miti, leggende e superstizioni del medio evo, Band 1

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E. Loescher, 1892 - 310 Seiten
 

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Beliebte Passagen

Seite 130 - venivano spezie in gran copia? che ad essa approdavano mercatanti e pellegrini in gran numero? Come avrebbe potuto Dante dire il lido di così fatta isola lito diserto Che mai non vide navicar sue acque Uomo che di tornar sia poscia esperto
Seite 20 - Quivi il balsamo nasce; e poca parte N'ebbe appo questi mai Gerusalemme. Il muschio ch'a noi vien quindi si parte ; Quindi vien l'ambra, e cerca altre maremme ; Vengon le cose in somma da quel canto Che nei paesi nostri vaglion tanto
Seite 125 - balza Dal cerchio della luna esser si stima. Tanto è il desir che di veder lo 'ncalza, Ch'ai cielo aspira e la terra non stima. Dell'aria più e più sempre guadagna, Tanto ch'ai giogo va della montagna.
Seite 277 - Alto fato di Dio sarebbe rotto Se Lete si passasse e tal vivanda Fosse gustata senza alcuno scotto,
Seite 275 - appartien sapere? Pensi tu, sempre qui bene operando, Di dover l'alta grazia possedere? Non sai tu che tu hai di lassù bando Per non saperti nel ben mantenere? E questo vuoi la tua ribellione, Che stii qui sempre in gran confusione. Se in Dio non esser giustizia dirai, Dappoi che vuoi chiunque ben fa dannare, Così per
Seite 33 - Ens ou vregiet l'amiral est entré; Dix ne fist arbre qui péust fruit porter Que il n'éust ens el vregiet planté. Une fontaine i cort par son canel; De paradis vient li rius sans fauser. Il n'est nus nom qui de
Seite 119 - Inteso avea che su quel monte alpestre, Ch'oltre alle nubi e presso al ciel si leva, Era quel Paradiso che terrestre Si dice, ove abitò già Adamo ed
Seite 150 - Tribus dietis longe ab hoc mari sunt montes quidam, ex quibus descendit fluvius lapidum eodem modo sine aqua, et fluit per terram nostram usque ad mare harenosum. Tribus diebus in septimana fluit et labuntur parvi et magni lapides et trahunt secum ligna usque ad mare harenosum, et postquam mare
Seite 205 - et violenta fames. Non ibi tempestas, nec vis furit hórrida venti, Nec gelido terram rore pruina tegit. Nulla super campos tendit sua vellera nubes, Nec cadit ex alto turbidus humor aquae. Sed fons in
Seite 205 - morbi, non aegra senectus, Nec mors crudelis, nec metus asper adit, Nec scelus infandum, nec opum vesana cupido, Aut Mars, aut ardens caedis amore Furor : Luctus acerbus abest, et egestas obsita pannis, Et

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