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croid que cela suffit pour aller prendre possession de ce Royaume sans que personne nous donne la main pour asseure la descente des Troupes sans le souslevement de quelques Provinces et l'assistance de quoyque ce soit qui pouvroit estre (sic) necessaire pour agir, ny un seul poste tant soit peu considerable ou lon puisse s'establir et asseurer en tout evenement la retraite.

Enfin ny la d. Reyne ne nous n'avons rien de positif en main qui nous puisse obliger de nous determiner a cette entreprise sans contrevenir a toutes les regles de la prudence. Et j ay plusieurs fois declaré a cette Reyne et respondu a tous ceux qui nous ont convient a faire une descente dans ce Royaume là. Que le Roy n'a pas de forces pour comencer une guerre aussy regulierement qu'il fait sur cette frontiere ou dans le stat de Milan, ma biens pour assister les Napolitains a se tirer de la Domination Espagnole et avoir un souverain qui les gouverne en Pere, mais que pour cela il falloit que le Roy pour n'hazarder pas mal a propos la reputation de ses armes receust d'eux des assistances reelles, Car au lieu d'attendre a se declarer quand il verroient l' Armeè du Roy avoir pris pied et faire des progres dans le Royaume de Naples, il faut necessairement que pour le faire Elle soit assisteè par eux des le comniencement (sic).

Beaucoup de gent aussy bien que la d. Reyne nous sollicitent de nous prevaloir de l'occasion favorable qui se presente de conquerir ce Royaume la. Et cependant Je promets a V. A. que nous n'avons personne qui ayt seulement proposé de se declarer quand on auroit mis pied a terre. Nous verrons se la d. Reyne ensuite de son arriveè a Rome, nous ecrira quelque chose de plus positif des intelligences qu'elle dit avoir, Mais Je ne croy pas et l'on n'est pas faschè pour cela de la despense que lon a faite pour equiper une Armeè navale a Toulon ni pour la faire renforcer de huit ou dix Fregates Angloises qui y dovient bientost arriver par ce que donnant Jalousie aux ennemis cela fait une grande diversion a leur forces et pour beaucoup contribuer aux progres de l'Armeè qu'elle comande.

De Calais le 19 Juin 1658. »

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Non ha guari mi furono da un rigattiere presentate alquante

monete antiche, che di buon grado acquistai nella speranza che fra loro alcuna ne fosse della quale la mia raccoltuccia potesse aumentarsi ma quello che più specialmente al piccolo acquisto mi indusse fu un pezzetto in piombo, il quale appena ebbi visto mi interessò, e volli dal venditore apprenderne la provenienza. Esso è della grandezza precisa del disegno posto in fronte allo scritto; dall' un de' lati ha un uccellaccio campato in aria col volo abbassato, dall' altro un cavallo al trotto senza cavalcatore; l'uno e l'altro entro un cerchiello, dal quale al lembo esteriore del pezzo, è in giro una serie di globettini alquanto l'un dall'altro distanti, che formano alle figure un contorno non affatto isgradevole. Per ciò che spetta alla provenienza poi, se al ven

ditore è a credere, il pezzo sarebbe stato, una con altre vecchie monete, trovato nel disfarsi di un'antica casetta nei pressi di Solarolo castello del Faentino, distante di qui un sette chilometri, il quale nei tempi andati ha avuta sua importanza, quantunque oggi glie ne resti ben poca. Feci anche qualche ricerca delle altre monete ritrovate col nostro piombo, ma per tutta risposta me n'ebbi che erano soldi vecchi che non valevan la pena di farne conto, come di niun valore era pur quel bottone di piombo che non sapevasi bene perchè fosse stato serbato, e si fosse meschiato alle belle monete romane allora vendutemi. Nulla ostante però questo disprezzo del mio bravo rigattiere, in quel bottone di piombo io vedeva una Tessera militare, ossia uno di que' segni di riconoscimento che usavansi nelle fazioni guerresche, specialmente medioevali, e furono poi suppliti nei moderni tempi dalla nostra parola d'ordine. Il pezzo adunque è di una certa importanza, e merita di essere studiato per vedere se ci venga fatto di scoprire cui sia appartenuto, e in quali circostanze ne sia stato fatto uso.

Per iscoprire cui sia la nostra Tessera appartenuta, altro modo non abbiamo che pur l'esame delle due figure sopra di lei impresse. Come abbiam detto, esse sono un uccello campato in aria dall' un de' lati, ed un cavallo dall' altro. E in quanto al primo, la sua figura un po' strana mi ha non poco tenuto in sospeso, e fu un momento che l'ebbi sospettato un astore, il quale so essere stato in una moneta di Astorgio Manfredi signor di Faenza. Con questo pensiero pel capo, mi tornò in mente di aver letto in alcuno istorico locale che nell'assedio posto a Faenza da quel micidiale che fu il Valentino, usaronsi appunto dagli assediati tessere di piombo, e fui li li per dire la nostra una di quelle, tanto più che comunicato il mio sospetto a giudice competentissimo, me n'ebbi parole di lusinghiera approvazione. Il medesimo cortesissimo aggiungeva che anche il cavallo poteva bene accennare ai Manfredi, i quali usarono alcuna volta eziandio di quell'impresa, se pure non s'amasse di pensare invece che la nostra tessera dovesse servire ad un condottiere di militi (lance a cavallo) cosa anche questa assai probabile. Ho detto che sono stato presso a giudicare la nostra tessera cosa del

Manfredi, non che l'abbia poi fatto, giacchè prima di decidermi interamente, avendo voluto vedere in quale guisa nella moneta di Astorgio sia figurato l'astore, ed avendo osservato che lo è in modo da quello del nostro piombo tutto diverso, ho finito con volgermi ad altro.

Esiste la rarissima monetina nella Cimelioteca Maceratense, e fu pubblicata nel Bullettino di Numismatica Italiana di Firenze (An. II. N. 1. Dic. 1867) con accurata incisione, ed eruditissima dichiarazione del ch. Ernesto Tambroni Armaroli, ed è l'unica che si conosca colla impresa dell' astore. Ma questo uccello di rapina, che è il falco gentile, nella moneta non è già campato in aria e volante, come nella tessera, ma posato in terra con piccola apertura di ali, come se stesse per prendere il volo. E posati pur sono altri due uccelli che ho osservato in armi Manfredi che sono in Faenza nella chiesa dell' Osservanza fuori le mura, uno dei quali è detto dagli eruditi un' aquila, e l'altro una rondine che è legata ad una colonna. Ma se il Manfredi usava lo astore posato, l'avrebbe mai usato volante nelle tessere, nelle quali non essendo pure una lettera, si doveva di necessità osservare la massima esattezza quanto agli altri segni, se si voleva che servissero allo scopo cui erano destinate? Sebbene adunque io avessi molto meglio amato che il mio piombo fosse stato, piuttostochè d' altri, del Manfredi, e della zecca di Faenza, della quale sì poco è giunto fino a noi, ho dovuto abbandonarne il pensiero e vedere di indovinare altra cosa. E quale delle nuove indagini è stata la conclusione? Che la tessera in questione debba essere ritenuta come cosa degli Estensi e ad un tempo Bagnacavallese, e per non tenere più a bada inutilmente il lettore, ecco senza più le ragioni per le quali ho dovuto fermarmi in questo pensiero, avvegnachè dal primo tanto diverso.

E in prima, come ognun sa, gli Estensi, per lungo tempo signori di Ferrara e suo ducato, del quale poi Bagnacavallo fu non ultima parte, usaron nelle armi loro su campo azzurro l'aquila d'argento col volo abbassato, nel modo appunto che tiene l'uccello della nostra tessera, il quale in sostanza lasciava alcun dubbio che aquila non fosse, per la sproporzione che è tra le zampe troppo lunghe e grandi, col rimanente del corpo assai

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