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NEW YORK

PUBLIC LIBRARY.

ATOR, LENOX AND
TILDEN FOUNDATIONS.

159

Tien per trovarla ogni modo, ogni via,
E più, che ne investiga, men ne sente;
Ne può pensar, che in alcun luogo sia,
che dimore fra l' umana gente:
Poichè luogo non trova dove stia,
In qual si voglia Occaso, ed Oriente.
lo, nome avea la fanciulla, e per frodo
Fu trafugata al padre a questo modo:
160

La vide un dì partir dal patrio speco
Giove, e disse ver lei con caldo affetto:
O ben degna di me, chi fia, che teco
Vorria bear nel tuo felice letto?

Deh vieni, o Ninfa, fra quest' ombre meco, Che fian oggi per noi dolce ricetto,

Mentre alto è il Sol, che 'l suo torrido raggio Non fesse a tal beltà noja, ed oltraggio. 161

E, se qualche animal nocivo e strano Temi, che non t' offenda, o ti spaventi, Non temer, che quel Dio vero, e soprano, Ch' ha lo scettro del ciel, mai gliel consenta : Quel Dio, che con la sua sicura mano Il tremendo dal ciel folgore avventa. Non fuggir Ninfa a me, che son quell' io Del ciel signore, e folgorante Dio. 162

Fugge la bella Ninfa, e non ascolta: Ma Giove che d' averla era disposto, Fe' nascer una nebbia oscura e folta, Che con la Ninfa il tenesse nascosto : Qui lei fermata, ed a suoi preghi volta, Non pensa di partirsi così tosto : Ma seco quel piacer sì grato prende, Che quel, ch'ama, e l'ottien, beato rende.

Interea medios Juno despexit in agros;
Et noctis faciem nebulas fecisse volucres
Sub nitido mirata die; nec fluminis illas
Esse, nec humenti sentit tellure remitti :

Atque suus conjux ubi sit circumspicit: ut quae 605
Deprensi toties bene nosset furta mariti.

Quem postquam caelo non repperit: aut ego fallor,
Aut ego laedor, ait: delapsaque ab aethere summo
Constitit in terris, nebulasque recedere jussit.
Conjugis adventum praesenserat; inque nitentem 610
Inachidos vultus mutaverat ille juvencam.

Bos quoque formosa est : speciem Saturnia vaccae,
Quamquam invita, probat; necnon et cujus, et unde,
Quove sit armento, veri quasi nescia, quaerit.
Jupiter e terra genitam mentitur, ut auctor
Desinat inquiri. Petit hanc Saturnia munus.
Quid faciat? crudele, suos addicere amores:

615

Non dare, suspectum: pudor est, qui suadeat illinc;

608. Delapsaque ab aethere summo. Celeritatem notat venientis: tanquam quae alis delata: Virg. 1. Æn. Ætheria quos lapsa plaga Iovis ales aperto Turbat caelo. Item 4. Eneid. Vade age, gnate, voca Zephyros, et labere pennis.

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163

Gli occhi in tanto Giunon chinando a terra,
Vide la spessa nebbia in quel contorno,
E che poco terren ricopre, e serra

E ch'in ogn' altra parte è chiaro il giorno.
Vedendo, che nè i fiumi, nè la terra
L'han generata, riguardando intorno,
Del marito ha timor, che in ciel non vede;
E conosce i suoi furti, e la sua fede.

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Nol ritrovando in cielo, è più che certa,
Che sian contro di sè fraudi, ed offese;
Discende in terra, e quella nube aperta
Non se le fe' quel, che credea, palese.
Giove, che tal venuta avea scoperta,
Fe', che la donna un' altra forma prese,
E fe' la violata Ninfa bella

Una matura, e candida Vitella.

165

Poi finse per diporto, e per ristoro
Andar godendo il bel luogo, ov' egli era;
Giunon con gelosia, con gran martoro,
La giovenca mirò sdegnata e altiera :
Pur finge, e dice: O ben felice Toro,
Che goderà così leggiadra fera!
Cerca saper qual sia, donde, e di cui,
E di che armento, e chi l' ha data a lui.

166

Per troncar Giove ogni sospetto, e guerra, Che la gelosa già nel suo cor sente: Perchè non ne cerchi altro, che la terra L'ha da sè partorita, afferma, e mente. Ella, ch'aver non vuol quel dubbio in terra, Cerca, che voglia a lei farne un presente. Che farai, Giove? a che risolvi il core? Quinci il dover ti sprona, e quindi amore.

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