Che non volendo adorar lui nel tempio,
Siccome certo io so che non vorrai,
Del sangue tuo per dare a gli altri esempio,
Citero, il nobil monte infetterai:
E con cor verso te sdegnato ed empio
Tua madre, e le tue zie correr vedrai;
E ti dorrai con tua gran doglia e pianto,
Ch'essendo io cieco, abbia veduto tanto.
Mentre ha dell'altre cose ancora in
Da dire intorno a questo il Sacerdote,
Penteo superbo il turba, ma l'effetto,
Che ne dovea seguir turbar non puote;
Che già l'eterno giovenil aspetto
Di Bacco torna alle contrade ignote;
Ignote a lui che fu menato altrove,
Poichè due volte il vide nascer Giove.
205
Avea Tiresia antiveduto il giorno,
Ch'ivi lo Dio Teban dovea tornare,
E detto a Tebe, ed alle ville intorno,
Che a più poter s'avesse ad onorare;
V'era concorso già tutto il contorno,
Per voler la gran festa celebrare,
Con varj suoni, insegne e simulacri,
In uno di quei riti ignoti e sacri.
Disse Tiresia, al cui divino ingegno
Il popol tutto già si riportava,
Che si mostrasse un manifesto segno
Di gaudio al Teban Dio, che ritornava,
E ch'era la ruina di quel regno,
Se con divoto cor non s' adorava;
Ch'onorar si dovea per divin Nume,
E celebrar l'ignoto suo costume.