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Han

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Solo una cosa ho spenta; ora a me pare,
Che s'avriano a mandar le cose uguali.
Perchè per tutto, ove la terra appare
preso imperio le furie infernali.
Pensate, che giurato abbian di fare
Gli uomini tutti i più nefandi mali,
Si ch' io condanno ogni mortale a morte,
Perchè pari all'error la pena porte.

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La sentenza di Giove ognun conferma, Altri con cenni, ed altri con parole: E stan con fantasia stabile e ferma Che splender debba a nuovo mondo il sole. Pur a ciascun, che in quel pensier si ferma, Si general jattura incresce e dole,

Che san, che il mondo esser non può perfetto Privo dell'animal, ch' ha l'intelletto.

65

Chi porterà, diceano, in nostro onore
Ne sacri altari gli odorati incensi?
S'han forse a dare in preda al gran
Le città d' animali orrendi e immensi?

furore

Lasciate andar, ch'io ho questa cosa a core, Rispose Giove e non sia chi ci pensi:

Con mirabil origin io fo stima

Far

gente assai dissimile alla prima.
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Co'suoi folgori ardenti allora allora
Giove distrutta avria tutta la terra :
Ma tanti fuochi ben poteano ancora
Ardere il cielo, e ruinarlo a terra:
Sa ben, che'l tempo ha da venire e l'ora,
Che'l fuoco a tutto il mondo ha da far
consumar con le sue fiamme ardenti

E

La terra, il cielo, e tutti gli elementi.

guerra,

Tela reponuntur manibus fabricata Cyclopum.
Poena placet diversa; genus mortale sub undis 260
Perdere, et ex omni nimbos demittere caelo.
Protinus Aeoliis Aquilonem claudit in antris,
Et quaecumque fugant inductas flamina nubes:
Emittitque Notum: madidis Notus evolat alis,
Terribilem piced tectus caligine vultum.
Barba gravis nimbis, canis fluit unda capillis:
Fronte sedent nebulae: rorant pennaeque, sinusque.
Utque manu late pendentia nubila pressit,
Fit fragor, et densi funduntur ab aethere nimbi.

265

260. Genus mortale. An non jure summores suas repetitum veniant SS. Patres, Justinus Martyr 1 apol. Lactanctius 2 lib. de origine erroris et alii; meritoque arguant Ethnicos furti simul et adulterii ? Qui, ut ait Tertullianus Apologetico contra gentes c. 47 nostram hanc paraturam suis opinionibus ad fabulas et philosophicas sententias adulteraverunt, et de una via obliquos multos tramites et inextricabiles sciderunt. Quaecunque enim fando audierant de universali illo diluvio Noëtico, A. Mundi 1656 deferunt ad diluvium singulare quod contigit in Thessalia A. Mundi 1437 regnante ibi Deucalione, qui, ut habet Arrianus 2. lib. rerum Bithynicarum, in editos montes cum suis confugit.

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Da parte tosto ogni pensier si mette,
Che d'intorno all' incendio il cielo avea,
E si ripongon tutte le saette,

Che fa Vulcan nella montagna Etnea;
In quanto al modo ogni Dio si rimette
A quel, ch'occulto ancor Giove tenea,
Che fu contrario al primo, e a tutti piacque
Di nasconder la terra sotto l'acque.
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Fa dire ad Eolo la corte superna,
Che vuol la terra all'acqua sottoporre:
Egli che i venti a suo modo governa,
E ch'a sua posta gli può dare, e torre,
Rinchiude Borea in una sua caverna,
Ed ogni vento, che la pioggia aborre
E l'Austral manda fuor, ch'è detto il Noto
Che per molti suoi segni a molti è noto.

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Con l'ali umide sue per l'aria poggia, Gl' ingombra il volto molle oscuro nembo, Dal dorso orrido suo scende tal pioggia, Che par che tutto il mar tenga nel grembo. Piovon spesse acque in spaventosa foggia La barba, il crine, e il suo piumoso lembo, Le nebbie ha in fronte, i nuvoli alle bande, Ovunque l'ali tenebrose spande.

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Quando con l' ali egli dibatte e scuote Le nubi intorno, e fra le palme preme, Un strepito, un rumor l' aria percuote, Che par, che l'aria, e 'l ciel s' urtino insieme. Vien giù la pioggia più spessa che puote, L'aria percossa ne borbotta, e freme: Arbori spoglia, ed erbe atterra, e biade, Dove la pioggia ruinosa cade.

Nuntia Junonis, varios induta colores,
Concipit Iris aquas, alimentaque nubibus affert.
Sternuntur segetes, et deplorata coloni

Vota jacent, longique labor perit irritus anni.
Nec caelo contenta suo est Jovis ira: sed illum
Caeruleus frater juvat auxiliaribus undis.
Convocat hic amnes: qui postquam tecta tyranni
Intravere sui, non est hortamine longo
Nunc, ait, utendum: vires effundite vestras:
Sic opus est: aperite domos, ac mole remota,

Fluminibus vestris totas immittite habenas.
Jusserat: hi redeunt, ac fontibus ora relaxant,
Et defrenato volvuntur in aequora cursu.
Ipse tridente suo terram percussit: at illa
İntremuit, motuque vias patefecit aquarum.

270

275

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270. Nuntia Junonis. Pluvias siquidem denuntiat, quae in aere, quem Juno suo nomine designat, concipiuntur: seu quoniam è nubibus fiunt, quibus Juno praeest, ut Servius ait. De causis Iridis multa Seneca Quaest. Nat. lib. 1 cap. 3. et seqq. Coelius Rhodig. lib. 22 cap. 3o. Varios induta colores. Virgil. 4. Mille trahens varios adverso sole colores.

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Il misero villan, ch' intorno mira
Venir dal cielo il non pensato danno,
Con intenso dolor piange e sospira,
Che perde il suo lavor di tutto l' anno:
L'arco incurvato suo carica e tira

La nunzia di Giunon, che quando vanno
L'aria offuscando i più torbidi venti,
Porge alle nubi i debiti alimenti.

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E non bastando il mal che abbasso infonde Il ciel, continuo, ch'ogni cosa atterra, Nettuno con le sue mortifer' onde, Contro il terren prepara un' altra guerra; Perchè più facilmente lo sprofonde, Gli Dei chiamò dell' acqua e della terra, E lor disse in parlar rotto ed altero, Il giusto degli Dei sdegno e pensiero.

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So ben che non bisogna, ch' io vi esorti, (Disse) adempir la volontà di Dio, Che vuol, che tutti gli uomini sian morti Sotto il potente ed ampio imperio mio. Or vi mostrate impetuosi e forti A ruina del mondo infame e rio; Or vedrò con che cor ciascun si move Per ubbidire il suo signore e Giove.

74

Com' egli ha detto, si torna ogni fiume, rompe all'acque ogni riparo, e sbocca; Percote col tridente il marin Nume

E

L'afflitta terra, ed

appena

la tocca,

Che trema tanto fuor del suo costume,
Ch'in sì gran moto il mar crudel l'imbocca :
ben che in precipizio cada,
E d'inghiottirla il mar s'apre la strada.

Trema: e par

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