Abbildungen der Seite
PDF
EPUB

3

830

Nec conata loqui est; nec, si conata fuisset,
Vocis haberet iter: saxum jam colla tenebat;
Oraque duruerant, signumque exsangue* sedebat.
Nec lapis albus erat. Sua mens infecerat illam.
Has ubi verborum poenas, mentisque profanae
Cepit Atlantiades, dictas a Pallade terras
Linquit, et ingreditur jactatis aethera pennis.
Sevocat hunc genitor*; nec caussam fassus amoris,

835

FAB. XIII. Arg. Has ubi verborum poenas, mentisque profanae, Cepil Atlantiades, ec. ) Cum Mercurius jussu patris in Phoeniciam transgressus esset, ut armenta illius regionis ad littus compelleret, Iupiter in tǝurum conversus, cum se juvencis Agenoris regis immiscuisset, et in amorem sui spatiantes in arena virgines consistere coëgisset, paulatim singulas alludens, novissime Europam Agenoris filiam, cujus amore compulsus averterat figuram, insidentem sibi tergo per mare in insulam Cretam detulit, ibique concubitu ejus potitus est.

207

Già duro ha il petto, e il respirar vitale Le toglie il troppo in su cresciuto sasso, Non provò di parlar, nè fece male, Perocchè chiuso avria trovato il passo. La pietra tanto in su crescendo sale, Che fa nell' alto quel, che fe nel basso: La nera mente sua, nera ancor fece La nuova statua, come inchiostro, o pece. 308

Quell'atto, quel dolore, e quell' affanno, Ch'ebbe volendo alzarsi, in lei si vede; E pontando le man sopra il suo scanno, Mostra un gran sforzo per levarsi in piede : Ma come avesse ivi inchiodato il panno, Par che non possa alzarsi dalla sede: E sì ben quella statua il tutto esprime, Che non vi ponno aggiugner le mie rime. 309

Il celeste corrier si torna dove Con desiderio, ed ansia l'attendea II superno Rettor, suo padre Giove, Che gran bisogno del suo ajuto avea : Come io ti voglio in ciel tu fuggi altrove, Giove, a cui novo amor l'anima ardea, Disse: Deh non aver te tanto a core, Che'l tuo ponghi in obblio padre, e signore. 310

Mercurio allor per iscusarsi in parte, E perchè Giove ha gran piacer d'udire Quando talvolta egli dal ciel si parte, L'esito, e la cagion del suo partire, Volea tutto narrar parte per parte; Ma Giove, ch' avea voglia d' eseguire Un nuovo amor, non volle, ch' ei seguisse, Ma, fattolo tacer, così gli disse:

Fide minister, ait, jussorum nate meorum,
Pelle moram, solitoque celer delabere cursu :
Quaeque tuam matrem tellus a parte sinistrá
Suspicit, (indigenae Sidonida nomine dicunt) 840
Hanc pete: quodque procul montano gramine pasci
Armentum regale vides, ad littora verte.
Dixit: et expulsi jamdudum monte juvenci
Littora jussa petunt : ubi magni filia regis
Ludere virginibus Tyriis comitata solebat.
Non bene conveniunt, nec in uni sede morantur,
Majestas et amor. Sceptri gravitate relictȧ,
Ille pater rectorque De im, cui dextra trisulcis
Ignibus armata est, qui nutu concutit orbem,
Induitur tauri faciem, mixtusque juvencis
Mugit, et in teneris formosus obambulat herbis.

845

850

$39. Tuam matrem tellus. Periphrasis est Phoeniciae, quae a parte sinistra Septentrionem versus, subjicitur Pleiadibus; quarum una est Maja, Mercurii mater.

845. Virginibus Tyriis. Tyrus a Tyrio Phoenicis filio dicta, et insula et urbs est Phoeniciae Sidoni vicina.

311

Non è tempo di dir, messo mio fido,
I bei diporti tuoi di questi giorni,

Che per un nuovo amor, ch' in me fa nido,
E' forza, che di nuovo in terra torni:
Vanne in Fenicia, e fa scender su❜l lido
L'armento regio, e fa, ch' ivi soggiorni:
Fa, che si presso al mar dal monte scenda,
Che'l mormorar, che fa Anfitrite, intenda.
312

Il nipote d' Atlante ubbidì tosto,
E l'armento regal mandò su'l lito:
Questo, non molto alla città discosto,
Era un ameno e dilettevol sito ;
Concorsero a tal loco a Cipro opposto,
Molte gran figlie allora atte al marito
Con la figlia del Re, la cui beltade
Non ebbi pari al mondo in quella etade.
313

Di questa il padre Agenore fu detto,
E di Tiro, e Sidonia fu Signore :
La figlia Europa ebbe sì grato aspetto,
Ch' accese del suo amor l'alto Motore:
Ahi! come stanno male in un soggetto
Con grave maestà lascivo amore;
Come opran, ch' altri fa (sì mal si regge)
Cose fuor di misura, e fuor di legge !

314

Quel, che dà legge agli altri Dei del cielo, Quel, ch' ad un cenuo il mondo fa tremare, Chi con sua pioggia, e con suo ardente telo Può sommerger la terra, ardere il mare Vesti mentito, e vergognoso pelo, Per lascivo pensier, per troppo amare Fuor d'ogni degnità, d'ogni decoro Prese per troppo amor forma d'un Toro.

« ZurückWeiter »