Assiduoque suos gemitu testata dolores, Qualescunque manus ad caelum et sidera tollit : Ingratumque Jovem, nequeat cum dicere, sentit. Ah quoties, sold non ausa quiescere silva, Ante domum, quondamque suis erravit in agris! 490 Ah quoties per saxa canum latratibus acta est! Venatrixque metu venantum territa fugit!
O quante, e quante volte l'infelice, Scordatasi, ch'avea cangiata faccia, Fuggì tai fiere, ch' agli Orsi disdice, Se non cercan di lor seguir la traccia ; Quante volte l'afflitta cacciatrice, Dai cani, e cacciatori ebbe la caccia : Se vide i lupi, ebbe paura d'essi, Ancorchè il padre in loro ascoso stessi.
Fugge gli orsi essendo orsa, e amor la sforza Fuggirsi al proprio albergo, o lì vicino. Misera dove vai? ragione, e forza
Ti toglie il tuo per l'empio tuo destino; Non può la mente tua sotto tal scorza Tenerne più possesso, nè domino: Che la legge del mondo nol comporta : Che sei fatta una fera, e t' ha per morta. 165
Quanto infelice sei, se ben ci pensi, Tu vergine, e compagua di Diana, per sfogar gli altrui sfrenati sensi, Dal suo tempio fatt' esule, e profana; Quanti uomini hai col tuo bel viso accensi Ed or non hai la sembianza umana; pur Tu vedi il tuo bel regno, e'l tuo potere Nè'l puoi più dominar, nè possedere. 166
Giovane, e nobil nelle cacce altera Ferir osasti ogni animal feroce ; Ed or, che sei sì valorosa fera Ogni vile animal ti caccia e noce; Deh mostra lor la faccia orrenda. e fera, Fa' loro udir la tua tremenda voce: Le forze, il morso, e l' unghie tue son tali, Che non hai da temer gli altri animali.
Saepe feris latuit visis; oblita quid esset : Ursaque cospectos in montibus horruit ursos: Pertimuitque lupos; quamvis pater esset in illis. 495 Ecce Lycaoniae proles ignara parenti Arcas adest, ter quinque ferè natalibus actis. Dumque feras sequitur, dum saltus eligit aptos, Nexilibusque plagis silvas Erymanthidas ambit;
495. Pater esset in illis. Lycaonem enim Callistonis patrem in lupum fuisse conversum, lib. 1. narravit poëta.
499. Erymanthidas. Arcadicas. Erymanthus quippe Arcadiae mons est, apro ab Hercule caeso celebris.
O sfortunata, abbandonata e priva D'ogni commercio, perchè fuggi gli Orsi? Della lor specie sei, lor non sei schiva, Non dei temere i lor graffi, i lor morsi, Quanto meglio saria non esser viva, Ch'ad animal sì brutto sottoporsi:
Pur per men mal, d' andar con loro eleggi, Ei lor costumi impara, e le lor leggi. 168
Figlia del re d' Arcadia, che potevi Fra tanti Regi eleggerti un consorte Ahi, quanto, quanto credo, che t'aggrevi Sopporti a un animal di sì vil sorte: Fallo, scontenta, fa che farlo devi, Mentre non ha di te pietà la morte: Per l'uom deforme sei stuprata e fella, Ma gli Orsi almen t'avran per buona, e bella. 169
Io veggo, io veggo ben come tu piagni Levata in piè, stendendo al ciel le braccia; Col batter zampa a zampa anco accompagni suon, che'l gozzo rauco fuor discaccia Oimè, non ti graffiar, vedi che bagni
sangue tuo la tua ferina faccia :
Che l'unghia è troppo aguzza, e fora, e fende: Quella solo usar dei, s' altri t' offende.
Arcade, il figlio che già fe Calisto, Così avea nome) del Rettor superno Fra le stagion dell'anno avea già visto Quindici volte esser signore il verno; E l'Orsa in quello stato infame e tristo Avea vagato il bel regno paterno, Insidiata, e piena d'ogni male, Senza tor compagnia d'altro animale.
Incidit in matrem, quae restitit Arcade viso; Et cognoscenti similis fuit; ille refúgit, Immotosque oculos in se sine fine tenentem Nescius extimuit: propiusque accedere aventi Vulnifico fuerat fixurus pectora telo:
Arcuit Omnipotens: pariterque ipsosque nefasque 505 Sustulit; et celeri raptos per inania vento Imposuit caelo, vicinaque sidera fecit.
506. Inania. Immensum vacuum Lucr. lib. 1. per spatium aërium, quod
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