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Giove come farà, ch' incontra , e guarda Un sì leggiadro, e sì divino aspetto , Che nuovo amor per lei nol prenda, ed arda, Che non cerchi gustar nuovo diletto? Per lo piacer, ch'egli ha, pur si ritarda Del suo libero andar senza sospetto: Quel bello andar dal suo desio l'arretra, Che fa superbo l'arco , e la faretra.

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e

Dal più supremo ciel Febo avea visto,
Tutto il caldo fuggir del mezzo giorno :
Volla era al cerchio l'ombra di Calisto ,
Ch'ella fe poi di sì bel nome adorno;
Col metro la cicala infame e tristo,
Rendea nojoso il mondo d'ogni intorno ;
Quando ella per fuggir quel caldo raggio,
Volle
por meta alquanto al suo viaggio.

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Dal Sole in una selva si nasconde
Di grossi faggi, e d'elevati cerri,
Che cento volte avea cangiate fronde,
Nè mai sentiti gl’inimici ferri ;
Si ferma ad un ruscel di limpid' onde,
Ma l'arco allenta prima che s'atterri :
L'arco s'allunga , e 'l nervo corto torna ,
E tocca un sol delle distese corna.

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Indi si china alla gelata fonte,
E spesso l'acqua in sù con la man balza ;
Le sitibonde fauci aperte e pronte
Quella parte n'inghiotton , che più s'alza;
Beve, e poi lava la sudata fronte,
Indi s'asside in terra , e si discalza;
Lava poi ( che veduta esser non crede )
Fin al ginocchio il suo candido piede.

0

Protinus induitur faciem cultumque Dianae , 425
Atque ait : o comitum virgo pars una mearum ,
In quibus es venata jugis? de cespite virgo
Se levat, et, Salve numen , me judice, dixit,
Audiat ipse licet , majus Jove: ridet, et audit,
Et sibi praeferri se gaudet , et oscula jungit; 430

425. Cultum. Habitum et ornatum Dianae. 427. Cespite virgo. Solo quod texerat herba, modo v. 420.

139 Vestito ch’ebbe il piè fatto più bianco, E ben tre volte trattasi la sete, E la faretra toltasi dal fianco, Pensa prendere alquanto di quiete; Distende il corpo travagliato e stanco Per darsi per un pezzo in preda a Lete : La faretra le serve in quel che puote, E fa guanciale alle vermiglie gote.

140 Giove che

sempre n'ha seguita l'orma Con l'animo, e con gli occhi ascosamente , Ed alla vaga sua ma iera, e forma, Di sì belle azioni ha posto mente; Non si cura aspettar, ch'ella s'addorma , Ma si muta di volto immantinente : Da lei la riverita forma piglia Della triforme sua pudica figlia.

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Già non saprà questo mio furto, e frodo,
Disse , la dispettosa mia consorte;
E se'l sa ben , debbo io stimarlo in modo ,
Che disprezzi un piacer di questa sorte?
Quando m’abbatterò, s'or non la godo ,
In così rara avventurosa sorte ?
E giunto a lei con la mentita faccia ,
Le domandò dov'era stata a caccia.

142
Tosto si leva la Vergine bella ,
E riverente alla sua Dea s'inchina,
E dice con la sua dolce favella :
O vera delle Vergini Regina ,
Sappi , ch'io preferisco la tua stella
A tutta quanta la corte divina;
Ed ancorchè egli m'oda , dire ardisco,
Ch'a Giove padre tuo ti preferisco.

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Nec moderata satis, nec sic a virgine danda.
Quà venata foret silva narrare parantem
Impedit amplexu: nec se sine crimine prodit.
Illa quidem contra , quantum modo foemina possit,
( Aspiceres utinam, Saturnia , miiior esses! ) 435
Îlla quidem pugnat : sed quae superare puella,
Quisve Jovem poterat? superum petit aethera victor
Jupiter: huic odio nemus est, et conscia silva;
Unde , pedem referens , pene est oblita pharetram
Tollere cum telis, et, quem suspenderat, arcum. 440

433. Se sine crimine. Et vi virgini illata se prodit.

435. Aspiceres utinam Saturnia. Haec per parenthesin Junoni a Poeta dicuntur in Callistus defensionem.

438. Conscia silya. Slupri ab Jove illali.

ed empio

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143
Tu sei di castitate un vero esempio
Alle dilette tue pudiche ancelle :
Egli si fa talor rapace,
Ver le donne, ch'a lui pajon più belle;
Trasforma il volto , e con lor grave scempio
Suole ingannar le semplici donzelle;
Rid' ei, che preferir s'ode a se stesso,
Ed accusar del suo propinquo eccesso.

144
Allegro Giove intanto al bacio viene ,
Bacio, che poco a donna casta lice,
E non che ad una Vergine stia bene ,
Ma saria troppo ad una meretrice:
Ella

per far quel, ch'a lei si conviene,
Della sua caccia le ragiona, e dice;
Ma trattosi egli le mentite spoglie,
Dir non la lascia , e l'onor suo le toglie.

145
La misera donzella per salvarsi,
Con parole e con fatti si difende;
Ma come puote una fanciulla aitarsi
Contra chi tutto muove, e tutto intende?
Pur l'infelice fa quel , che può farsi,
Guarda guarda Giunon s'ella contende:
Che non saran sì crudi i pensier tuoi ,
Nè il mal farai , che le facesti poi.

146
Giove nel ciel vittorioso riede,
E lascia quella sconsolata e mesta ,
Ch' ha quella selva in odio; e ciò, che vede ,
Ch' ha veduto il suo caso, la molesta.
Dal consapevol loco a torre il piede
Si move si sollecita e si presta,
Ed ha tanto la fretta d'andar via,
Che quasi l'arco , e la faretra obblia.

Metamorfosi Vol. I.

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e

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