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Il mar la terra abbraccia, e la circonda,
Qui fa la terra un braccio, altrove il mare,
E giunti in un fa la sfera rotonda,
Benchè qui Pluto, ivi Nettuno appare:
La terra d'animanti in copia abbonda,
D'uomini, e di città superbe, e rare,
Di monti, e boschi, stagni, e laghi, e fiumi,
Di Ninfe, e mille suoi terrestri Numi.
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Fetonte la facciata altera vede,
Che sotto all'equator guarda all'occaso;
Non cura l'altre, e ben degne le crede
Non men di quella, ch'ha veduto a caso:
Alza, e pon su la ricca soglia il piede
Da maggior cura spinto, e persuaso:
E vede il sol nel seggio suo giocondo
Vago di dar la nuova luce al mondo.

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Appena nel grande atrio entrò Fetonte, Che la luce del sol negli occhi il fere, per forza gli fa chinar la fronte,

E

El' ansioso suo passo tenere;

Uomini, e donne assai leggiadre e conte,
Che lo stanno a servir cerca vedere ;

E.

per mirar quel ch'a ciascun far tocchi, Delle sue proprie man fa scudo agli occhi. 18

Nell'atrio il sol s' adorna per uscire,
Gli ammantan l' Ore il ricco vestimento:
Queste fanciulle son, ch'hanno il vestire
Succinto per fuggir l' impedimento:
Han l'ali, e par, che stian sempre per gire,
E fan tutte le cose in un momento:
Stannovi ancora, e servitu gli fanno

Con

gran prestezza il giorno, il mese, e l'anno. Metamorfosi Vol. I.

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Lumina. Purpurea velatus veste sedebat

In solio Phoebus, claris lucente smaragdis.

A dextra, laeváque Dies, et Mensis, et Annus, 25 Saeculaque, et positae spatiis aequalibus Horae: Verque novum stabat, cinctum florente corond:

26. Horae. Solis ministrae, coeli janitrices. Apoi Te épave. Homer. 11. ε. πύλαι μύκον ἐρανα, ᾶς ἔχον ὡραι, etc.

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Gli sta dalla man destra una donzella,
Nè mai sta, che non rida, giochi, o balli,
È la stagion, che verde ha la gonnella
Sparsa di bianchi fior, vermigli, e gialli :
Di rose, e latte è la sua faccia bella,
Son perle i denti, e le labbra coralli;
E ghirlande le fan di varj fiori,
Scherzando seco i suoi lascivi amori.

20

Una donna, il cui viso arde, e risplende, V'è che di varie spighe il capo ha cinto, Con un specchio, che al sole il foco accende, Dove il suo raggio è ribattuto, e spinto; Tutto quel, che percote, in modo offende, Che resta secco, strutto, arso, ed estinto : Ovunque si riverberi, ed allumi,

Cuoce l'erbe, arde i boschi, e secca i fiumi.

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Stavvi un uom più maturo da man manca, Due de'tre mesi, i quai precede agosto, Che il viso ha rosso, e già la barba imbianca, E sta sordido, grasso, e pien di mosto: Ha il fiato infetto; e tardi si rinfranca Chi vien dal suo venen nel letto posto; D'uve mature son le sue ghirlande, Di fichi, e ricci di castagne, e ghiande.

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Un vecchio v'è, ch'ognun d'orrore eccede, E fa tremar ciascun, ch'a lui pon mente; Sol per traverso il sol talvolta il vede; Ei sta rigido, e freme, e batte il dente, È ghiaccio ogni suo pel dal capo al piede, Ne men brama ghiacciar quel raggio ardente, E nel fiatar tal nebbia spirar suole, Ch'offusca quasi il suo splendore al sole.

Stabat nuda Estas, et spicea serta gerebat:
Stabat et Autumnus calcatis sordidus uvis:
Et glacialis Hyems canos hirsuta capillos.
Inde loco medius, rerum novitate paventem
Sol oculis juvenem, quibus adspicit omnia, vidit.

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23

Un altro vecchio più grato, e più bello,
V'è molto amato, e conosciuto poco ;
Ha l'ali, e vola ognor come un uccello,
E par che non si muova mai di loco;
Or se ne sta col verno, or col fratello,
Ora con lei, ch'ha nello specchio il fuoco,
Or con l'allegra primavera il vedi,

Nè mai tien fermi i suoi veloci piedi.

24

Con qualunque si stia, vuol mangiar sempre, E cibi poco preziosi gode:

D'acciajo ha i denti, e di sì dure tempre,
Ch'ogni sporcizia, ogni durezza rode;

Par, che il ferro, e l'acciar divori, e stempre,
E se si puon trovar cose più sode;
Ma molto più si pasca, e si nutrichi
Di statue rotte, e d'edifizj antichi.

25

Sebben il tempo è tanto ingordo vecchio,
Ch' a lungo andare ogni cosa consuma,
Egli è padre del vero, un lume, un specchio,
Ch'ogni interno pensier scuopre, ed alluma.
Ha si buon occhio, e sì sottile orecchio,
Che non bisogna, che alcun si
Parlar mai si secreto, o mai far

presuma

opra

Si sol, ch' egli non l'oda, vegga, e scuopra. 26

Ciò, che i secoli suoi gli dan davante,
Ei lustri, e gli anni, e i mesi, e i giorni, e l' ore,
S'ingoja insino il porfido, e 'l diamante,

Non che il gaudio, e il dolor, l'odio, e l'amore :
Tranguggia le scritture tutte quante,
Mangia la gloria altrui, l'arme, e il valore ;
Sol tre libri v' ha salvi ornati d'oro,
Incoronati di palma, e d'alloro.

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