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Confuse tutte cercan far coperchio,
Ch'egli ignuda la Dea non vegga, e note:
E le fan mormorando intorno un cerchio,
E lei coprono, e lor più che si puote;
Ma il capo lor sovrasta di soverchio,
Nè può la Dea celar le rosse gote;
Le gote più che mai tinte ed accese
Per la troppa vergogna che la

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prese.

Come si tinge una nube nel cielo,
Che dall'avverso Sol venga percossa,
Come al tor del notturno ombroso velo
La parte Oriental diventa rossa;
Tal la sorella del signor di Delo

Si tinge in viso, e da grand'ira mossa
Si duol, ch' in man non ha gli strali e l'arco,
Per levarsi quel biasmo, e quell'incarco.
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Subito volta a lui la bassa fronte,

E non avendo altre arme da valerse,
Prese con ambe man l'acque del fonte,
E'l miser con quell' acque ultrici asperse;
Or voglio, se potrai, che tu racconte,
Come Diana ignuda si scoperse:
Questo gli disse la sdegnata Dea,
Che fu indizio al gran mal, ch'aver dovea.

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Vede intanto l'irata cacciatrice, Ch'a venir la vendetta non soggiorna, Ch'a lui già crescon sopra la cervice Di cervo a poco a poco un par di corna: Il naso entra nel viso, e la narice Resta aperta più sotto, e'l mento torna Dentro in se stesso, e in modo vi si serra, Che la bocca vien muso, e guarda in terra.

Cum pedibusque manus, cum longis brachia mutat
Cruribus: et velat maculoso vellere corpus.
Additus et pavor est; fugit Autoneïus heros,
Et se tam celerem cursu miratur in ipso.
Ut vero et rictus et cornua vidit in undis,
Me miserum! dicturus erat; vox nulla secuta est.
Ingemuit: vox illa fuit; lacrymaeque per ora

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197. Maculoso vellere. Pilo diversi coloris: rufo, leucophaeo etc.

198. Autoneius. Actaeon, filius Autonoës.

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Quell' aspetto sì vago, e sì giocondo, D'animal bruto nova forma prende, S'allunga il collo, e dove egli era tondo, Diventa piatto, e per lo taglio pende: Se di peli ei fu già purgato e mondo, Or novo pel tutto macchiato il rende. Da quattro piè quel corpo or vien sospeso, Che già dava a due piè soverchio peso. 68

Quel subito timor, quella paura,
Che suol nei cervi stare, a lui s'aggiunge:
E vedendo ogni Ninfa già sicura,

Che forte il grida, e minacciando il punge,
Dove la selva è più frondosa e scura,
Fuggendo va da lor più, che può lunge:
Si maraviglia ei, che non sa l'intero
Dell' esser suo, di correr sì leggiero.
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Mentre il paese via correndo sgombra,
Dal corso un'acqua limpida l'arresta :
Ma, come scorge nella sua nova ombra
Le nove corna, e la cangiata testa;
Si tira addietro attonito, e s' adombra,
E sì questo l'affligge, ange, e molesta,
Che vi torna più volte, e vi si specchia,
E non può ritrovar l'ombra sua vecchia.

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Mentre il meschin, misero me, dir vole, Queste son' ombre vere, o pur son finte? Trova, che più non può formar parole, Di più sillabe unite ovver distinte : Gemere è'l suo parlar, come far sole Il cervo, e le novelle luci vinte Dal duolo interior, stillan di fuore, Per lo volto non suo novo liquore.

Non sua fluxerunt: mens tantum pristina mansit.
Quid faciat? repetatne domum regalia tecta?
An lateat silvis? timor hoc, pudor impedit illud.
Dum dubitat, videre canes: primusque Melampus,
Ichnobatesque sagax latratu signa dedére;
Gnossius Ichnobates, Spartana gente Melampus.
Inde ruunt alii rapida velocius aurȧ.

209 Pamphagus, et Dorceus, et Oribasus; Arcades omnes: Nebrophonosque valens, et trux cum Laelape Theron,

206. Melampus. Canum aliis nomina Graeca indidit a forma; aliis a natura, aut colore; aliis a sexu et genere; laudat etiam a patria.

207. Ichnobatesque sagax. Ichnobates dicitur per vestigia vadens. 208. Gnossius. Cretensis. Spartana. Laconica, Cretenses autem et Laconici canes aptissimi sunt venationibus.

210. Pamphagus. Omnia comedens. Dorceus. Acute videns. Oribasus. Montes ascendens.

211. Nebrophonosque valens. Hinnulos, hoc est, cervorum catulos, interficiens. Trux Theron. Terribilis aspectu. Laclape. A velocitate atque impetu sic est appellata

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