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Tomaso Luciani. Documenti che riguardano le trattative di vendita del
Contado di Pisino in Istria, tratti dall' Archivio di Stato a
Venezia. (1640-1644). .

.. 211

Attilio Hortis. Documenti risguardanti la storia di Trieste e dei Walsee (Continuazione)

A. de Steinbüchel-Rheinwall. Un balletto di duemila trecento

255

più anni

fa. Bozzetto archeologico a dichiarazione di un passo di
Erodoto

-

Bibliografia statu

290

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305

Annunci Bibliografici. Di un dittico del Museo civico di Antichità
illustrato da PIETRO DR. PERVANOGLU.
taria italiana compilata da LUIGI MANZONI. (A. H.)
Pietro Dr. Pervanoglu. Idoletto Ciprio, rappresentante Venere. Terra cotta
del Museo civico di Trieste Con una tavola . .
Don Angelo Marsich. Spogli di notizie attinenti a Trieste, Gorizia e
l'Istria (1508-1510) tratte da un Codice autografo di LEONARDO
AMASEO Conservato nell' Ambrosiana di Milano

Don Pietro Dr. Tomasin. Vita di Giovanni Maria Manarutta, nell'ordine dei Carmelitani Scalzi Fra Ireneo della Croce, primo scrittore della Storia di Trieste . .

313

318

333 Carlo Kunz. Monte San Michele presso Bagnoli. Ricerche Paletnologiche 371 Attilio Hortis. Documenti risguardanti la storia di Trieste e dei Walsee.

(Continuazione)

-

. 375

Avv. Carlo Dr. Gregorutti. Iscrizioni inedite Aquileiesi, Istriane e Triestine 389 Tomaso Luciani. Lettera a TEODORO MOMMSEN intorno all' opera: Le

Antiche Lapidi di Aquileja pubblicate da Carlo Dr. Gregorutti. 404 Annunci Bibliografici

.

409

AAOPKHBIAI“
ΠΟΠΛΙΟΥ ΡΩΜΑΙΑ

ΓΙΟΥΤΟΡΠΙΛΙΟΥ
POMÁIOYFYNH
PHETHAIPE

Prem Lit: Linassi

LAPIDE SEPOLCRALE GRECA

nel Museo Civico di Trieste

LAPIDE SEPOLCRALE GRECA

ESISTENTE NEL

MUSEO CIVICO DI TRIESTE

Il sepolcro, ultimo riposo da laboriosa vita terrena, luogo che secondo le comuni idee rappresenta la fine di ogni cosa che fu, racchiude gli avanzi di una vita un giorno fiorente, ma non li custodisce così severo che essi in nuove forme tramutandosi e assumendo nuove parvenze non ne risorgano come nuovi organismi viventi. Poichè, secondo insegna la scienza moderna, nulla perisce, ma tutto cambia pur la sembianza e la forma, e ciò che un giorno fu consegnato alla madre terra da lei risorge con variata forma. Non altrimenti che agli occhi del naturalista dal sepolcro s'innalza una vita novella, per l'archeologo da' tumuli si ridesta la vita da migliaia d'anni dormente, e ciò che l'antico uomo di Grecia e di Roma affidava al sepolcro, ricompare dopo secoli alla luce, e dinanzi agli occhi meravigliati la vita degli antichi ne appare sempre più chiara e spiccata in tutto lo splendor d'una volta. Le migliaia di vasi dipinti, i milioni di antiche monete, le piccole terrecotte tanto svariate, gli specchi di bronzo cotanto numerosi ed altri arnesi che oggi adornano le nostre collezioni archeologiche quasi tutti derivano dagli antichi sepoleri, i quali sebbene in numero stragrande ritrovati ed aperti, pure in numero

ancora maggiore tuttavia racchiusi custodiscono fedelmente i tesori a loro affidati.

Dove un giorno stavano grandi e fiorenti città l'agricoltore conduce oggi a fatica l'aratro, e non s' immagina che la terra da lui coltivata di anno in anno col sudore della sua fronte nasconda nel profondo suo grembo mille e mille antiche tombe non ancora dischiuse, e più d'un capolavoro dell' arte antica.

Parecchi stati già floridi sono oggi così pienamente scomparsi dalla superficie del suolo che soltanto da' sepolcri, che di quando in quando si trovano, possiamo indovinar la grandezza e lo splendore del loro passato.

Ne' sepolcri scavati nelle roccie della Grecia o nelle camere sepolcrali d'Etruria, lo scopritore è sempre compensato da felici trovati che fanno ogni di più ricche le collezioni pubbliche e le raccolte private già tanto numerosc.

E, dagli antichi, al par del sepolcro noi ereditammo le pietre sepolcrali che gli erano segno ed ornamento. Le migliaia di antiche lapidi che oggi adornano i nostri musei stanno mute e prive di vita dinanzi al volgare visitatore, ma imparatane la lingua e'le s'avvivano e la storia narrano degli antichi: come vissero e amarono e piansero, come agli Dei sacrificarono e i loro nemici combatterono. Sulle lapidi vediam vivo l'estinto, lo vediamo alla caccia, a cavallo, alla pesca, il fanciullo giuocare co' suoi ballocchi, l'adolescente nella palestra, l'uomo in compagnia degli amici, o col cavallo o co' suoi cani prediletti; la donna vediamo in casa intenta al lavoro, attorniata dalle ancelle, e la famiglia tutta alla mensa.

Spesso miriamo la donna dal marito prender commiato stringendogli la mano, ed a ciò ornarsi, ed affidare il neonato bambino alla nutrice, giacchè deve abbandonarlo per la tomba. Imperocchè la lapide era per gli antichi segno di ricordanza che il caro estinto riconduceva agli occhi de' suoi superstiti come era usato comparir loro ogni giorno dinanzi; e già in Omero (Odissea XI, 75) l'ombra d'Elpenore supplica Ulisse nell' Orco, perchè egli voglia innalzare a lui, che fu audace nocchiero, un sepolcro alla sponda del mare e attaccarvi sopra un remo a ricordanza della più cara sua occupazione. O quanto differenti concetti dominavano

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