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quivi essi menarono, li ordinamenti religiosi, civili, politici, e sociali, che quivi stabilirono, le arti, le industrie, le lettere, e le scienze, onde furono autori e cultori, furono tutte tali opere, che pur troppo in sè riflettono la qualità del cielo, dell'aria, e della terra d'Italia; che quell'indole, quella forma, quel genio, furono e sono ancor proprie di queste contrade; e che quivi soltanto e non altrove essi ponevano la ragion d'essere, che portavano sculpita in fronte. Era, siccome si vede, mettere la mano dove stava il capestro che ci doveva strozzare; era scuotere dal fondo la coscienza nazionale, era svelarci il segreto della nostra incancellabile nazionalità, che ci rese superiori alle calamità secolari onde fummo travolti, e che ci promette di farci risurgere quali già fummo, a patto di voler essere noi e non altri, di volerci spogliare di quanto ci venne dal giudaismo e dal medio evo, in una parola dal misticismo.

Strana coincidenza! Dalla Germania uscì l'Austria su l'Italia, e dalla Germania venne Niebuhr con la sua scuola nazionalista, fierissima avversaria della civiltà Italo-romana. In lui prende consistenza questo malto dettato dei Tedeschi: Il mezzogiorno, tanto per ringiovanire quanto per rivivere, aver sempre abbisognato delle immigrazioni e delle invasioni nordiche. Stando all'antichissima storia d'Italia, questa verità è per essi manifesta nel fatto delle immigrazioni dei Raseni nelle nostre terre, da cui Niebuhr e i suoi volevano discesi li Etruschi. La è grossissima aberrazione, che oggi salta agli occhi degli stessi scolaretti d'antichità; dacchè per avere siffatta sentenza storica, la scuola di Niebuhr dovette prendere per un cenno storico diretto una denominazione pura e semplice data agli Etruschi da Dionigi d'Alicarnasso (1, 5); e per estendere siffatta significazione si fece dire a Tito Livio, nel toccare dei popoli di Rezia, proprio il contrario di quel che aveva scritto. Val dire, che quando quello storico mostrò ne' Reti i discendenti dirozzati degli Etruschi, fugiti davanti la furia de' Galli invasori dell'Etruria circumpadana, i Niburisti invece additano negli stessi Reti i progenitori degli Etruschi. Ecco un piccolo saggio delle fondamenta, su cui sogliono i Tedeschi costruire i loro sistemi storici intorno l'Italia.

Ma chi non s'accorge, che siffatti farfalloni sono l'effetto d'idee preconcette contro l'indole e il valore della nostra civiltà? Quanto più sanno, tanto più pesa ai Tedeschi il veder chiaro in essa queste due cose: l'aver incivilito e governato prosperamente il mondo occidentale; nè questo, senza ritemperarsi ne' principj di quella civiltà pur viva nelle nostre menti e ne' nostri costumi, poter oggimai aver grandezza, ordine, onore, progresso, e riposo.

Quindi spiegasi, perchè Niebuhr ebbe schivato di proposito il far uso de' preziosi schiarimenti monumentali per la sua storia dell'antichissima Italia, data per introduzione a quella di Roma. E pure un ingegno assai meno acuto del suo poteva capire, che siffatta esclusione davasi per ma

nifesta parzialità contro l'assunto da lui trattato, si che il lettore messo ben presto in sospetto, la sua opera diventava inutilissima. La critica più povera aveva diritto di non perder tempo in esaminare quanto egli aveva scritto, facendo filati e sottili ragionamenti su i semplici testi. Un'opera, che non poteva esser nuova, pregevole, interessante, se non a titolo di mettere a fronte dei testi o pochi o contradittorj i monumenti figurati, varj, splendidi, copiosi, e da tale studio comparativo trarne luce e vita storica; e tutto ciò essa lo metteva superbamente da parte era opera condannata appena annunziata. Intendasi bene, che noi parliamo della storia d'Italia, e non di Roma, scritta da Niebuhr. — Questi doveva naturalmente formare una scuola storica in Germania, scuola che dura tuttavia, non tanto per l'elevatezza del suo ingegno e sapere, quanto per il programma del primato germanico su l'Occidente, anima delle sue dottrine storiche, e ch'egli rese più esplicito d'ogni altro. Questo peccato originale de' dotti Tedeschi doveva radicalmente falsare ogni studio, ogni lavoro, che quind'innanzi uscisse da quella scuola storica. Valga per tutti C. O. Müller. Quante volte non fosse nato in Germania, e nutrito ne' concetti sistematici di Niebuhr, era ingegno fatto per recar ben alto la critica archeologica ai tempi nostri. A che riuscì co 'l suo lavoro su li Etruschi? Attaccato al simulacro di Niebuhr, da una parte non fece che amplificare stranamente il falso supposto del maestro su l'origine germanica dei Raseni, dati per progenitori degli Etruschi; e dall'altra introdusse il maggior disordine nella storia, così varia ma così graduata e distinta di quel popolo, arruffando, mescolando, intervertendo, confundendo, distruggendo epoche e date, eventi e rivolgimenti, immigrazioni e fusioni di genti e di popoli in Italia dentro la storia degli Italo-etruschi, sì che ne schianta via la parte caratteristica e vitale, lo svolgimento storico di quel gran popolo, che per via sensibilissima e monumentale, una volta che perdè il complesso etnografico e il nome di Tirreni, uscì di sotto al giogo teocratico per diventar gente laica, da prima costituita in aristocrazia pura o militare, e poi in aristocrazia temperata o industre e guerresca ad un tempo. È quanto oggidi si ravvisa di più certo e splendido nella storia dell'antichissima Italia: la trasformazione del genio orientale nel genio occidentale, e l'imaginazione sottomessa e disciplinata dalla riflessa ragione, sotto il cielo più bello e più temperato d'Europa. La repugnanza sistematica a far uso de' monumenti per l'intelligenza e l'esposizione di quella storia, repugnanza ereditata dal maestro, mantenne Müller nella cerchia di studj erronei intorno li Etruschi. Ecco perchè alla lettura di quel libro la mente rimane stanca e scombujata: tante sono le stranezze storiche, le oscurità etnografiche, le mostruosità umane, in cui ravvolgesi il popolo etrusco. E chi è quel lettore dabbene, che possa mai credere su la fede di Müller, che li Etruschi fossero così misteriosi, straordinarj, assurdi, pazzamente diversi da tutti li altri popoli di questa re

gione, la cui storia fu sempre conforme alla limpidezza e schiettezza della sua geografia?

Insistiamo su questa osservazione, ch'è per noi della massima importanza. La scuola storica tedesca ha sconosciuta e stravolta la storia dell'antichissima Italia, perchè sedutta dal suo nazionalismo, ha da prima scambiato l'etnografia Indo-europea con l'Indo-germanica, che è di quella pura e semplice frazione. Quindi la confusione de' Teutoni co' Celti: stiracchiatura solenne, dacchè i Teutoni non si fecero largo in Europa, se non negli ultimi tempi di Roma. Applicato all'Italia siffatto abbaglio, eccone le funeste conseguenze. Dato che la scuola storica tedesca non avesse voluto ne' suoi studj dell'antichissima Italia trovar da per tutto schiatte germaniche e germanici costumi, pur preesistendo il concetto generale del primato teutonico in Europa, le era difficile ravvisar nettamente in mezzo alle nostre primitive antichità la special missione d'Italia. Il perchè il genio tedesco non si trovò forte e sicuro abbastanza davanti quel fermento di fatti e di cose per afferrarne l'intimo senso.

L'Italia trovavasi in quel parosismo, in quel rimescolamento del suo portato nazionale e civile, in cui dalla sua incubazione con l'Oriente stava per mettere in luce il genio ordinatore dell'Occidente. Momento di critica effervescenza, che per esser compreso non vi vuole se non mente sana e schietta di pregiudizj; sono i diritti intelletti, a cui tutte le volte che non è dato cogliere una cosa su 'l fatto, la seguono con pazienza nella manifestazione de' suoi effetti, e da questi giudicano di quella, senza cader in fallo. Anche in questo luogo lodi a Micali, che scrisse appunto la seconda storia dell'antichissima Italia per disperdere con buona messe di fatti ogni ombra d'intervento germanico nell'elaborazione etnografica della storia nostra. Ancorchè vivesse in Stato, curvo sotto l'influsso austriaco in terra italiana, pur seppe far udire a chi aveva buone orecchie, che il suo libro tendeva a far evidente, che l'Italia ferma ancora al suo carattere nazionale, alle sue proprie e gloriose tradizioni, non disperasse di aver ragione quando che fosse de' suoi nordici oppressori. E ai nebulosi scrittori delle cose nostre, che da Niebuhr ai dottrinarj dell'Assemblea germanica del 1848, ci vogliono feudo di Teutoni fin dalla culla, Micali per quel che lo concerneva rispondeva con una sfida, che non ammetteva replica: «Signori, vi vogliono fatti, diceva ad essi nel 1832; il nostro secolo non chiede che fatti, ed ha ragione. » In così dire egli schiera davanti ad essi li stupendi tesori de' nostri copiosissimi monumenti, su cui fondasi la storia degl'Italo-etruschi. Ai due atlanti, l'uno publicato nel 1812, l'altro nel 1832, ne lasciava morendo un terzo, nel 1842, in cui terminavasi la solenne illustrazione della nostra antichissima storia. Ma devesi al dotto Inghirami, suo concittadino, la compiuta raccolta de' monumenti Italo-etruschi. Essa venne in luce in Firenze nel 1852 in sei grossi volumi.

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Sta ancora nello studio più largo e più intelligente di que' tanti monumenti figurati il vero e intimo senso della storia dell'antichissima Italia. Scopo nostro è quello di rivolgervi direttamente l'animo de' nostri lettori per mezzo della presente rassegna.

Essa non sarebbe completa, quante volte trascurassimo di offrire alcuni cenni storici su le scoperte delle più cospicue antichità italiane.

CARLO ARDUINI.

DÉFINITION DU MARIAGE

Protestation contre la loi qui le régit aujourd'hui

Les écoles socialistes ne pouvaient négliger la grave question du mariage; aussi l'ont-elles résolue. Je n'ai point à rapporter leurs solutions diverses, mais à constater seulement que toutes considèrent les convenances d'attrait comme le motif et le but de l'union des sexes; que dans cette union, elles reconnaissent que l'homme et la femme doivent être libres et égaux.

Que dans l'union des sexes il doive y avoir liberté et égalité des conjoints, mes précédents articles prouvent que je l'admets, puisque c'est la base de ma propre théorie.

Que l'attrait, sous son nom propre l'amour, doive former et maintenir les unions, j'en tombe d'accord; car où l'attrait n'est point, il y a prostitution, profanation de l'époux qui n'aime pas. Cette parole, qui paraîtra sévère, flétrira, je le sais, la plupart des mariages d'aujourd'hui : la raison qui ne saurait établir de catégories pour des faits identiques ou semblables, ne trouve aucune différence entre la femme qui se vend pour de l'or, et celle qui se marie pour une position; entre l'homme qui prête sa protection à la fille perdue qui le paie, et celui qui l'assure devant le maire à une femme en échange de sa dot: il peut y avoir plus de prudence chez les uns que chez les autres; l'opinion peut attacher l'honorabilité à l'une de ces profanations et la refuser à l'autre; mais au fond ces actes sont les mêmes: la raison les condamne, le sens moral les flétrit.

L'attrait doit former et maintenir les unions, rien donc de plus vrai; seulement, de quel attrait veut-on parler? Voilà la question, et les hommes ne pouvaient la résoudre seuls aussi leurs théories sont ou fausses, ou révoltantes, ou insuffisantes; en les lisant on retrouve sous toutes les formes l'attrait physique, bien peu de choses de plus : il se sont trompés,

et cela se devait pour mille raisons que je n'énumererai pas. Les réfòrmateurs sont mes pères spirituels, ils ont émancipé ma raison, ils m'ont instruite; aujourd'hui, marchant dans ma liberté, j'ai le droit de leur signaler leurs erreurs, de remplir les lacunes, qui ne peuvent l'être que par une femme.

L'amour réel, l'amour tel que nous le réserve l'avenir, l'amour tel qu'il existe déjà, très exceptionnellement il est vrai, est l'attraction simultanée de l'homme et de la femme l'un vers l'autre, non pas seulement l'attraction de l'élément physique, mais aussi celle de l'élément intellectuel et de l'élément sentimental. Entre l'homme et la femme qui s'aiment réellement, il existe des convenances d'intelligences, de sentiments, de tempéraments: ils sont appelés par leur union à ne faire qu'un seul être en représentant l'ensemble de la nature humaine; ils sont appelés à se compléter, à se modifier réciproquement.

De leur attrait physique naîtront des enfants, de leur attrait intellectuel des pensées, de leur attrait sentimental des sentiments, qui doivent les élever, les améliorer. Que des jeunes gens, dominés par les sens et l'imagination, ne voient que le plaisir dans le mariage, cela se comprend, puisque la femme n'est pas encore assez émancipée, assez digne, assez instruite pour leur faire sentir le contraire; que les hommes faits ne voient dans le mariage qu'une machine à produire des enfants légitimes, et une servante ou un meuble, c'est encore la faute des femmes; qu'un vieillard ne voie dans le mariage que le moyen d'avoir une garde malade à perpétuité, cela se conçoit: où tous ces gens-là auraient ils pris de saines idées? Ce n'est certes ni dans le code, ni dans le catéchisme, qui définissent le mariage: l'union de l'homme et de la femme dans le but de la procréation. Que le code et le catéchisme, vieilles défroques des temps qui vont disparaître, nous donnent cette définition, qui laisse dans l'ombre l'union de l'intelligence et du cœur, à la bonne heure; mais la Raison progressive a le droit d'en chercher une plus conforme à la vérité, à l'ensemble et à la dignité de notre nature; elle a le droit de la formuler; et ce droit, j'en use en tant qu'être raisonnable, et en tant que femme, pour faire entrevoir aux socialistes les côtés faibles de leurs théories. Je définis le mariage :

L'union libre de l'homme et de la femme, dans le but de trouver le bonheur en se complétant, pour progresser intellectuellement et moralement, et perpétuer leur race.

Cette définition est la preuve, que je considère le mariage comme indissoluble de sa nature: un homme et une femme, attirés l'un vers l'autre par tous les points de l'ensemble de leur être, ne désireront jamais se séparer; car si l'attrait physique s'éteint assez vite ou diminue, l'attrait intellectuel et l'attrait sentimental ont des attractives qui augmentent en raison de la durée; et les conjoints s'attacheront d'autant plus

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