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Les dépenses des bureaux de bienfaisance et de hôpitaux réunies, se sont élevées, en 1850, qui a éte une année ordinaire, à la somme de 14,540,000 franes.

En Belgique (1850), sur 100 familles, il y en a 9 tout au plus qui sont dans le bien-être, l'aisance, ou le luxe; 42 sont dans une position peu aisée, voisine de la gêne; et 49 (dont 20 secourues par la charité gouvernementale) appartenant à la classe des ouvriers salariés, n'ont pas toujours le stricte nécessaire pour vivre.

Montrons clairement l'accroissement du paupérisme en Belgique.
Population Belge en 1828
Id.

Augmentation de 20 pour 0/0.

1850

.

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3,679,000 âmes.
4,426,000

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En 1828, les pauvres inscrits formaient moins du 1/6 de la population totale; en 1850, ils en formaient déjà le 1/5.

Cette augmentation dans le nombre des pauvres inscrits n'a pu se faire que par le passage d'un certain nombre d'individus, d'une situation de fortune plus ou moins avantageuse, à un état de gêne ou de misère plus ou moins prononcé. Par conséquent, bien loin de pouvoir admettre comme vous que le nombre des familles riches et aisées augmente continuellement, nous sommes amenés à dire, tout au contraire, que quand le nombre des riches s'accroit d'une certaine quantité, celui des familles peu aisées s'accroit plus fortement, et que celui des prolétaires augmente avec une vitesse presque triple de celle que suit le développement de la population.

Vous ne pouvez pas, Monsieur, admettre le point de départ que je vous proposais, et vous donnez vos motifs pour cela (1). D'un autre côté, nous ne pouvons pas admettre celui que vous nous présentez le progrès continu vers le bien. Je n'ai pas besoin d'ajouter, je crois, qu'il n'est pas question ici des sciences physiques. Enfin il y a encore la note de Mr Carlo sur l'entrée du sol à la propriété collective. Mais ma lettre est déjà trop longue pour que je me permette de discuter ces questions. Je terminerai donc ici, et si vous le voulez bien, Monsieur, j'adresserai une réponse spéciale à Mr Carlo, dans un prochain numéro.

AGATHON DE POTTER.

(1) Parmi les raisons que donne Mr Ausonio Franchi pour son refus, se trouve l'absurdité de la guérison instantanée du paupérisme. Je dois alors faire remarquer, que je n'ai pas parlé d'anéantissement instantané du paupérisme.

Ausonio Franchi DIRETTORE.

Lesca Giuseppe Gerente,

Tipografia V. Steffenone, Camandona e C. via S. Filippo, 21, rimpetto alla Chiesa

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Li abbonamenti si ricevono alla Tip. V. STEFFENONE, CAMANDONA e C., via San Filippo, num. 21.

SOMMARIO

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Al signor Agatone De Potter, I. Le mariage au point de vue du progrès. Victor Hugo, Les contemplations, I.

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AL SIGNOR AGATONE DE POTTER

I.

Con tutto il mio desiderio di poter almeno in parte andare d'accordo con voi, mi vedo costretto a confessarvi, o Signore, che più avanza la nostra discussione, e più mi apparisce profonda la distanza che separa, non certo i nostri animi, ma le nostre idee. Voi cominciate la vostra replica con notare, che v'è già un punto, in cui consentiamo entrambi ; a me duole però di dovervi soggiungere, che anche quest'accordo riguarda un lato solo della questione, e il lato che meno importava alla sustanza della nostra controversia. Perocchè io vi ho concesso bensi, che i popoli liberi abuserebbero della libertà, se eccitassero rivoluzioni per il solo gusto di abbattere l'ordine stabilito, senza poi sapere come riformarlo; ma ho dichiarato insieme, che i popoli non liberi han diritto e dovere di vendicarsi in libertà per poter andare in cerca della verità; onde ben lungi dal dover conservare l'ordine che li opprime, devono anzi rovesciarlo per conquistare i diritti della coscienza e delle ragione. Ora i paesi d'Europa, che godano il pieno esercizio della libertà, e di ogni libertà; i paesi, in cui sia lecito ad ognuno di indagare e proporre una riforma piena ed intera dell'ordine sociale, son forse molti ? In alcuni la libertà è circoscritta da un sistema

legale e penale abbastanza restrittivo e rigoroso; nei più è interdetta severamente, e punita come un delitto assai grave. Noi dunque seguiteremo sempre a ripetere, che la maggior parte dei popoli europei non hanno verun obligo di mantenere il così detto ordine, che loro vien imposto dall'autorità despotica de' proprj governi; e che hanno invece ogni diritto di insurgere contro di essi, di scuotere il loro giogo, di schiantare l'infame ordine della tirannia per inaugurare l'ordine legitimo della libertà. La libertà! ecco dunque tutto il programma della loro rivoluzione non possono e non devono inscrivere nulla di più su la loro bandiera. Quando poi all'arbitrio d'uno o di pochi sarà subentrata la libertà di tutti e per tutti; allora, sì, noi grideremo con voi, che prima di distruggere l'ordine presente, vuolsi determinare l'ordine futuro da surrogargli. Ma finchè l'ordine presente è quello che è, perchè non gridate con noi, che attendere i frutti della libera discussione da gente che non può fiatare, è un assurdo? perchè volete biasimarci, se prima di raccommandare ai popoli oppressi, che si mettano d'accordo su l'ordine futuro da sostituire allo stato presente, inculchiamo loro la necessità di uscire dal presente per esser in grado di provedere al futuro?

Nella questione del suffragio universale, in luogo di ribattere le ragioni che io opponevo alla vostra critica, voi vi contentate di amplificare alquanto la stessa objezione, che mi avevate già proposta. E incominciate il vostro ragionamento con le due premesse seguenti:

1o Che sono molti più l'individui interessati a rovesciare l'ordine presente, che quelli interessati a conservarlo. Ed io torno ad inferirne, che un tale stato di cose non è dunque ordine sociale, ma è anarchia, è tirannide; e che il rovesciarlo non è un male, ma un bene; non è abusare della libertà, ma è adempiere la legge morale e sociale.

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20 Che l'Umanità non possede ancora la verità. Questa proposizione è uno dei ritornelli prediletti del sig. Colins, il quale ne' suoi libri la ricanta non so bene quante milliaja di volte. In bocca sua ha un significato, che a me suona troppo indegno d'un uomo, che rispetti almeno il senso commune; poichè vuol dire insomma : Dal principio del mondo infino ad oggi la verità era sbandita dalla terra; e son io il primo che vengo a rivelarla. Ora un uomo, che osa tenere un simile linguaggio, muove ancor più a compassione che a sdegno; e se i publicisti francesi, in luogo di esaminare gravemente la sua dottrina, si contentarono alcuni di riderne un poco, e li altri di non farne caso e tirar dritto, affè, che han dato prova di molta discrezione. Ma voi, o Signore, siete ben lontano dalla petulantissima vanità, onde il sig. Colins si mostra infatuato; nè vi farò mai l'ingiuria di sospettare, che vogliate come lui regalare un diploma d'imbecillità a tutto il genere umano. In che senso adunque pigliate voi quella proposizione?

Intendete dire, che l'Umanità non possede ancora tutta la verità,

cioè la verità assoluta su d'ogni cosa? Sarebbe un'asserzione evidentemente vera; ma non gioverebbe più nulla alla vostra tesi, O volete dire invece, che l'Umanità non possede ancora nessuna verità cioè che in tutte quante le dottrine filosofiche, morali, e sociali non v'è nulla di vero, non v'è altro che errore ed assurdo? Sarebbe una asserzione evidentemente falsa; e vi gioverebbe ancor meno dell'altra. Certo, nessuno è più inclinato di me, che professo il criticismo in tutto il suo rigore, a concedervi, che la scienza dell'Assoluto non è ancor costituita vado anzi più oltre di voi, e sostengo anche contro di voi, ch'essa non riuscirà a definitivamente costituirsi giammai. Ma che per ciò? Non saper tutto significa forse non saper nulla? E se l'Umanità non è giunta ancora, nè giungerà mai a toccare la cima ultima della scienza, infinitamente superiore alla portata della sua natura; vuol forse dire, ch'essa non conosca nulla di vero e di certo, che non abbia veruna regola delle sue azioni, verun criterio de' suoi giudizj, veruna guida per camminare al suo destino? Dire adunque in termini cosi vaghi, che l'Umanità non possede ancora la verità, non è stabilire un principio o un fatto, che possa tener luogo di antecedente legitimo a verun raziocinio.

E se non posso concedervi le premesse, tanto meno la conseguenza che ne volete tirare. Voi soggiungete, che dato un popolo libero e il suffragio universale, ne risulterebbe chi sa qual orrore: 1o Perchè la massima parte va d'accordo per rovesciare tutto ciò che esiste;

20 E perchè non vi sono due individui d'accordo su ciò che gli si debba surrogare.

Or bene, io nego di pianta e l'una e l'altra ragione.

Nego la prima, perchè non posso nè pur imaginare, che la massima parte di un popolo libero impazzisca a segno di voler abbattere tutto ciò che esiste. Ch'essa voglia abolire tutto quanto riconosce abusivo, ingiusto, tirannico, sta bene; ma tutto ciò che esiste per me non ha costrutto; giacchè fra tutto ciò che esiste c'entrano pure tutti li elementi naturali ed organici della società, i quali non dipendono punto dal buono o mal volere degli uomini; onde dato eziandio il caso impossibile, che la massima parte di un popolo si ficcasse in testa di rovesciare anche questi, sarebbe tanto probabile che vi riuscisse, quanto a rovesciare il corso delle stagioni, il flusso e riflusso del mare, o le fasi della luna.

Nego la seconda, perchè la credo un'esaggerazione più sperticata della prima. Che non si trovassero due uomini d'accordo su le instituzioni da sostituire a quelle abolite, se intendasi che debbano anticipatamente concertare un sistema di governo bello e compito, con tutte le leggi, regolamenti, e decreti per le sue più minute e remote applicazioni; non mi stupirebbe punto, e non m'importerebbe niente affatto. Di un simile accordo non c'è bisogno alcuno nè men nelle relazioni più intime della vita di famiglia: figuratevi dunque, se potrebbe mai abbisognar tanto nelle relazioni del consorzio civile! Ma che non si trovassero due d'accordo in alcuni principj o

riforme fondamentali, più che bastevoli a stabilire un nuovo e migliore ordine sociale; è un'asserzione smentita dai fatti più notorj e costanti. Valgano d'esempio i due paesi, che sogliono per lo più citarsi come tipi in fatto di disensioni e discordie: l'Italia e la Francia. Ebbene, nell'ultima loro rivoluzione, del 48, v'era pienissimo accordo su i principj fondamentali, non che fra due individui, ma fra le milliaja ed i millioni.

In Italia erano due o tre partiti politici, e ponete anche, se volete, otto o dieci; ma primieramente, su la questione dell'indipendenza s'accordavano tutti (tranne i fautori del dominio straniero, scarsi di numero, e più di credito: fazione, e non partito); e su quello dell'ordinamento politico, tranne i pochi amatori dell'assolutismo o di una dittatura, consentivano pur tutti di rimettersene ad un'Assemblea costituente eletta a suffragio universale. Senza dubio lo Statuto, ch'essa avrebbe decretato, qualunque si fosse, non sarebbe mai stato capace di operare il miracolo di soddisfare egualmente a tutti i partiti e confunderli tutti in un solo; ma avrebbe contentato la maggior parte della nazione, e guarentito ai partiti disidenti la libertà di concorrere per tutte le vie legali a far prevalere in un'altra elezione i loro principj. E tanto avrebbe bastato, ve l'assicuro io, alla generalità degl'Italiani; e se qualche fanatico d'assolutismo o di dittatura non se ne fosse contentato, peggio per lui; ; ma non sarebbe riuscito mai a turbare l'ordine della libertà nazionale.

In Francia i partiti erano più ancora sociali che politici; e sebbene professassero dieci, venti, e se volete, cento sistemi diversi, pure convenivano tutti in una serie di principj e di riforme capitali, che avrebbero potuto bastare all'opera progressiva di parecchie generazioni. Le prove e i documenti, che ne fanno fede, sovrabondano; io ne ricorderò due soli : - il programma della stampa democratica socialista, publicato il 5 aprile del 49 per le elezioni generali dell'Assemblea legislativa, tenuto qual professione di fede da quasi tutti i giornali republicani di Parigi e dei Dipartimenti, proposto come il credo politico della rivoluzione a tutti i candidati democratici, e in quella sola congiuntura sancito da più di tre millioni di voti; - e la solenne conferma, che ricevette il programma stesso a Parigi nelle elezioni particolari dell'aprile 1850, quando l'unione dei socialisti incusse tale e tanto terrore a tutti i partiti reazionarj, che sentirono di non aver più altra tavola di salute, fuorchè la restrizione, cioè l'abolizione del suffragio universale.

E l'esperienza del passato ci sta mallevadrice dell'avvenire. Sotto quella bandiera del socialismo, non ne dubitate, si raccoglieranno di buonissima voglia quasi tutti i democratici di Francia; e sotto quella dell'indipendenza e della sovranità nazionale, quasi tutti i liberali d'Italia. Rimesse dunque l'Italia e la Francia in possesso della libertà e del suffragio universale, che ne seguirebbe ? Nulla affatto di ciò, che voi paventate ne seguirebbe, che potendo ogni partito far valere pacificamente, lealmente i suoi principj, e sostenerli con

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