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Epperciò ordina, che d'ora innanzi i dottori che non dimoreranno stabilmente nella capitale debbano essere privati dei vantaggi loro spettanti. E qui ognun vede chiaramente, che, se l'università nei quindici anni che scorsero dal 1444 al 1459 fosse stata insieme col consiglio ducale in Moncalieri, non si sarebbero dati in Torino gli esami l'anno 1457, e sarebbe stato assurdo l'ordine del Principe, con cui s'imponeva ai dottori l'obbligo di non partirsi da Torino (").

Con questi argomenti il Malacarne (2) fu il primo che si accingesse a dimostrare lo sbaglio del Pingone; e il Tenivelli (3) e il Tiraboschi (4) non indugiarono ad arrendersi al parere del dotto Saluzzese. Abbiamo inoltre un autentico documento dal quale ricavasi, che sullo scorcio del 1445 lo studio generale era tuttavia in Torino. Di fatto sono di quell'anno le patenti, con cui il Duca Lodovico delega il vicario giudice di Torino ed altri uffiziali per esaminare la causa degli studenti, accusati di violare i privilegi conceduti dal Principe alla città di Torino, quando vi fu trasferita da Savigliano l' univer

(1) « .... Intellexi displicenter nonnullos ex doctoribus in civitate Taurini solitos residere, nunc in aliis locis moram trahere, et tamen tempore conventuum et licentiarum, ac aliis temporibus, quibus commoda aliqua percipiunt, venire Taurinum, et commoda percipere, ac deinde eadem die vel altera inde recedere.... Nos itaque.... hoc perpetuo edicto statuimus ut.... qui in civitate taurinensi non resident, commoda et honores in conventibus et licentiis scholarium et in aliis casibus occurrentibus non percipiant..... ».

(2) V. dissertazione ms. presso il conte Cesare Balbo, e stampata nell'opera intitolata: Delle opere dei medici e dei cerusici ecc. Torino, 1786, tom. I, artic. v, p. 114.

(3) Biografia piemontese di Carlo Tenivelli, vol. II, p. 57 e seg. (4) Loc. cit. nella nota.

sità degli studi ("). Ma come avrebbero potuto gli scolari venire accusati di questi mancamenti se a cagione degli studi fossero stati obbligati a dimorare fuori di Torino? Laonde e per queste ragioni e per alcune altre che si diranno in appresso (2) puossi giustamente conchiudere, che Moncalieri non fu mai sede della università degli studi; e vuolsi perciò mutare il titolo del diploma summenzionato (3), il quale riguarda solamente la traslazione del consiglio, e non si riferisce punto allo studio generale (4).

(1) Nell' arch. civ. di Torino, Iv, 1, 8, si conservano queste patenti del 10 dicembre 1445 e quelle del 1.° gennaio 1446, che riguardano lo stesso argomento.

(2) V. il cominciamento del capo vIII, pag. 97.

(3) Dei 15 marzo 1459.

(4) Il vero titolo di questo diploma vuol essere: Translatio consilii a Montecalerio Taurinum.

CAPO VII.

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Statuti del collegio di medicina e delle arti.

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Statuti del collegio dei Ordini del Duca Lodovico riguardanti l'abito dei

giurisconsulti.
dottori e degli studenti.

Fin dai tempi, che lo studio generale era stato trasferito nella città di Chieri furono ordinati alcuni statuti pel buon regolamento del collegio teologico. Restava a provvedersi in egual modo al maggior vantaggio e decoro delle altre facoltà. Per la qual cosa l'anno 1448 () furono compilati gli statuti del collegio di medicina (2), i quali sommano a ventuno. Alcuni di essi riguardano propriamente i dottori, gli altri poi gli studenti, ovvero gli esami. Nei primi viene stabilito, che il priore scelto fra i dottori più anziani alle calende di aprile, stia in carica un anno; che abbia l'autorità di radunare i dottori, di proporre quanto riguarda il collegio e di condannare

(1) V. il proemio, che precede la prima edizione degli Statuti del collegio medico dell'anno 1613 a pag. 7 e seg. «Volentes itaque venerabiles viri et famosi doctores faelicis studii huius almae universitatis urbis taurinensis de statutis et ordinamentis opportunis dicto collegio providere sub anno a nativitate domini nostri Iesu Christi millesimo quadringentesimo quadragesimo octavo regnante ill.mo Principe DD. Ludovico Duce Sabaudiae Principe Pedemontium. . . . decreverunt, edide runt et ordinaverunt statuta.... >>

(2) Questi statuti furono per la prima volta stampati nel 1613 col seguente titolo: Statuta vetera et nova sacri venerandique collegii DD. philosophorum et medicorum illustris civitatis Taurini apud Aloysium Pizzamilium typograph. ducalem, M DC XIII, in 4.o; e di bel nuovo l'anno 1664, Taurini apud Ioannem Iacobum Rustis, in 4.°

sino alla somma di sedici fiorini i dottori ed il bidello, che ricusassero di ubbidire a' suoi comandi. Si ordina, che il tesoriere (massarius) del collegio venga eletto fra

dottori più giovani; che il novello priore raduni il collegio otto giorni dopo la sua nominazione per esaminare se vi sieno richiami contra il suo antecessore; che i dottori vengano eletti a pluralità di voti, e nessuno possa essere membro del collegio se non è dottore di medicina o delle arti; che sieno esclusi gli scostumati, e tutti coloro, che non sono o cittadini, o nobili, od hanno esercitato qualche arte manuale, come sarebbe la chirur gia, la farmacia o altre somiglianti; che otto soltanto sieno i dottori aventi il diritto di dare il voto e di ricevere le propine, e questi si chiamino ordinarii (numerarii); altri quindici sieno soprannumerarii, ed a questi se ne possano aggiungere alcuni onorarii; a tutti poi è vietato di abitare fuori di Torino, od allontanarsene oltre lo spazio di un anno sotto pena di perdere il posto.

Per quel che riguarda gli scolari, viene ordinato, che chiunque si dispone a sostenere l'esame di laurea in medicina debba prima di tutto essere presentato da' suoi promotori (2) al priore del collegio; provare di avere stu

(1) Anche nella università di Parigi in tempi a noi più vicini i chirurghi erano irragionevolmente esclusi dal far parte della facoltà medica: « Les candidats, qui auront précédemment exercé la chirurgie ne seront point admis, qu'ils ne se soient engagés par un acte passé par devant notaire à n'en plus faire les opérations. Car il convient de conserver pure et entière la dignité de l'ordre des médecins ». V. CREVIER, Histoire de l'université de Paris, vol. vil, 1. xII, p. 86 et suiv. - Di questa istituzione, che trae la sua origine dalla incivile ignoranza dei tempi barbari, diremo poi a suo luogo le cagioni.

(2) I promotori erano scelti tra i dottori del collegio.

diato per cinque anni interi nell' università, e consegnare al bidello la somma di danaro destinata ai dottori. Notabile poi sopra ogni altro è lo statuto undecimo ("), in cui viene fissata la materia, su cui debbonsi aggirare gli esami, perchè ci ha conservato il nome degli autori, che si studiavano nelle diverse facoltà, e ci rivela in certo modo la condizione in cui si trovavano gli studi a quei tempi. Già ho accennato di sopra, che al collegio di medicina (2) era riunito quello delle arti, il quale comprendeva la filosofia, la matematica, le belle lettere e la musica. Per la qual cosa in questo capo si stabilisce, che i candidati di filosofia debbano essere esaminati sugli otto libri di fisica, sui libri de ortu et interitu e sui libri de anima; quelli di medicina sugli aforismi d'Ippocrate, sull'arte parva e sulla prima Fen di Avicenna; quelli di belle lettere sopra alcuni punti estratti dal Prisciano maggiore e dalla rettorica del nuovo Tullio; quelli di matematica sugli elementi di Euclide, sull' aritmetica di Boezio, ovvero sull' algoritmo di Giovanni De Sacro Busto (3), sulla sfera e sopra una parte dell'almagesto (4) di

(1) De assignatione punctorum.

(2) Il sigillo del collegio di medicina rappresentava san Luca evangelista colla leggenda: Sigillum collegii doctorum philosophorum et medicorum inclitae civitatis Taurini.

(3) L'inglese GIOVANNI DI HALIFAX, chiamato in latino barbaro Iohannes De sacro bosco o De sacro busto, il quale viveva nel secolo XIII, scrisse parecchie opere, tra le quali havvi l'algoritmo ossia Trattato di aritmetica secondo il sistema detto impropriamente arabico.

(4) È questo un trattato di astronomia che da Tolommeo che ne fu l'autore, era stato intitolato μeyán súrtakis, compositio magna. Tradotto poi in arabico sul cominciamento del secolo Ix ricevette il nome di almagesto dall'articolo arabo al e dal vocabolo greco péyistos maximus. Sarebbe perciò a modo nostro: il grandissimo (libro).

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