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CAPO XI.

Vittorio Amedeo III. Pietro Regis.

Maria Pellegrina Amoretti. Il Denina congedato dalla cattedra. Il conte Benvenuto Robbio di san Rafaele. - Conversazione letteraria o Società Paolina. Il conte Ignazio Corte gran cancelliere e capo del magistrato della riforma. Francesco Regis. - Gian Bernardo Vigo. Tumulto degli studenti. Imprudenza del conte Graneri e del cavaliere di Salmor. Il cardinale Costa d'Arignano. - Vien chiusa l'università. - Il conte Chiaffredo Peyretti. Il conte Filippo Avogadro di Quaregna. Divise concedute al collegio chirurgico. - Agostino Bono professore di dritto canonico, rimosso dalla cattedra. Conclusione.

Carlo Emmanuele dopo un lungo regno di quarant'anni morendo nel 1773, lasciava il trono al figliuolo Vittorio Amedeo III. Questi sebbene non avesse ricevuto dalla natura l'ampiezza di mente del padre suo; nondimeno ammaestrato in molte belle discipline ("), avea mostrato fin dai più verdi anni un singolare amore alle arti liberali e ai loro coltivatori. Ma salito appena sul trono spiegò umore molto guerresco; e voltosi ad aumentare e riordinare l'esercito, spese ben presto i dodici milioni risparmiati dal padre coi consigli del conte Bogino, e coll'opportunità di una pace di ben ventiquattro anni. Del resto quantunque sotto il novello Re prevalessero le armi, e mancasse allo studio torinese l'usato favore, tuttavia non.

(1) Egli ebbe per direttore degli studi D. Giuseppe Wilcardel marchese di Fleury, uomo assai dotto; per maestro di lingua italiana l'abate Ansano Vaselli da Siena, professore di matematica nell'università di Torino; per la lingua latina il cav. Francesco Verdelle, savoiardo; per la fisica l'abate Nollet, fatto venire per questo effetto da Parigi; e per gli studi militari il commendatore Ignazio Bertola.

venne meno la sua celebrità. Le buone leggi poc' anzi promulgate impedivano gli abusi; e l'antico splendore dell' università era sostenuto dall'Allioni, dal Somis, dal Cigna nella medicina, dall' Arcasio, dal Berardi e da Giambatista Agostino Bono nella giurisprudenza, dal Beccaria nella fisica, dal Denina nella eloquenza, e da Pietro Regis nella teologia (1).

Mentre sotto la scorta di valorosi professori gli studi si coltivavano a questi tempi con molto amore nell'università, anche il sesso, che noi sogliamo lodare solamente dalle grazie e dalla beltà, volle fare egregia mostra di sè nelle scienze severe, e venire, direi quasi, a paragone col sesso più forte. Maria Pellegrina Amoretti, ingegnosa fanciulla Onegliese di anni ventidue, dopo avere atteso allo studio della giurisprudenza nella casa paterna, domandò l'anno 1777 di essere ammessa a sostenere nella

(1) Pietro Regis nacque in Roburento, terra della provincia di Mondovì, il 17 di luglio 1747. Fu professore di sagra scrittura e di lingue orientali; poi di dritto naturale e delle genti (1800). Morì il 29 di novembre 1821. Questi nella giovane età di anni trentadue diede un saggio del suo valore colla seguente disputazione latina: Moses legislator, seu de Mosaicarum legum praestantia etc. Augustae Taurinorum, excud. Ioannes Michaël Briolus, 1729, in-4.o, di pag. 240, con dedicatoria a Vittorio Amedeo III. In questa fu lodata una profonda cognizione dei veri principii politici, una pellegrina erudizione, ed una singolare saldezza di ragionamento (V. Effem. letter. di Roma, num. ¡¡l, an. 1780 il 15 di gennaio al tit. Torino, pag 20). Stampò quindi l'opera: De iudaeo cive libri 11 etc. Taurini, 1793, ex typ. reg., due vol. in-8.o di pag. 188-295, la quale gli conciliò il nome di uno dei più dotti economisti dell'età sua. E se le infelici vicende de' tempi non avessero poi distornato il Regis dagli studi a cui erasi primamente applicato, il Piemonte avrebbe forse avuto in lui uno de' suoi più invidiabili ornamenti.

università di Torino il consueto esame di laurea. Rappresentavasi in quella occasione ai gravissimi nostri padri, non essere stati i cieli così avari col sesso gentile da negargli ingegno atto alle più nobili discipline, ciò provarsi manifestamente dalla esperienza degli antichi e dei moderni tempi, in cui le donne erano venute in eccellenza di qualunque arte, in cui avessero posto il loro studio; ragion volere adunque, che loro non si negassero quegli onori, con cui si ricompensavano le fatiche e la dottrina del sesso virile; non avere gli stessi sommi pontefici creduto, che si sminuisse il decoro delle loro università, consentendo che vi si addottorassero donzelle di singolare ingegno e sapere; una Bettisia Gozzadini ed una Maddalena Buonsignori, dotte nella giurisprudenza, avere in altri tempi con grandissimo applauso conseguito l'alloro dottorale nello studio generale di Bologna; una Novella, figliuola di Giovanni d'Andrea avere ad un numerosissimo stuolo di giovani commentato nel medesimo studio bolognese la ragion civile in vece del padre suo ammalato; e Bettina sua sorella, sposata a Giovanni Sangiorgi professore di dritto canonico in Padova, aver tenuto in sulla cattedra le veci del marito, qualunque volta egli fosse da infermità o da altra cagione impedito dal fare l'uffizio suo. Altri poi, come accade in siffatte occorrenze, lasciate dall' un dei lati le ragioni, e ricorrendo ad un fare declamatorio, andavano gridando, che Minerva non avrebbe certamente squassata l'asta, nè le Muse si sarebbono sdegnate all'udire nel loro tempio la dilicata voce di dotta e pudibonda vergine, o al vedere il sorriso di amabili ed oneste matrone, plaudenti al valore dell' incoronata donzella. Che più, il conte Giuseppe Maurizio

Turinetti di Pertengo, riformatore (1), vedendo la grande avversione di taluno a permettere, che entro alle mura dell'università fosse addottorata una fanciulla, offriva per questo effetto il suo palazzo. Ma indarno. Vinse la gravità subalpina; fu salvo il decoro dell'ateneo torinese; e i padri nostri soverchiamente riguardosi nello appigliarsi a modi ed ordini nuovi, ributtarono i prieghi di modesta fanciulla, che avea speso nei severi studi della giurisprudenza quel tempo, che molti giovani, i quali frequentano le università, gittano nello studiare in parere, azzimandosi e adornandosi.

La ripulsa ricevuta in Torino dalla Amoretti non le tolse la speranza di ottenere altrove il premio dovuto alle sue fatiche. Un trionfo assai più splendido, che non le sarebbe toccato in patria, aspettavala sulle sponde del Tesino. L'università di Pavia accogliendo di buon grado la sua domanda, consentivale di sostenere il 25 di luglio del 1777 publiche conclusioni, in cui era data facoltà a chiunque di argomentare. Nelle tesi, che si stamparono in quella occasione (2) si contengono cento proposizioni latine, delle quali ottantadue ricavate dalla ragion civile (3), quattro

(1) Era stato nominato con patenti del 24 di novembre del 1769. (2) Mariae Peregrinae Amorettiae Oniliensis theses, quas publicae disputationi subiiciebat, data cuique opponendi facultate, quum in regiocaesareo archigymnasio ticinensi solemni ritu lauream utriusque iuris peteret vil cal. quintil. an. M DCC LXXVII. Ticini regii, apud Marcum Antonium Porro et Ioseph Bianchi. Edizione 2. in-4.° di pag. xl,

con dedicatoria all'A. R. di Maria Beatrice arciduchessa d'Austria. Queste tesi precedono un volume di poesie latine ed italiane in lode della Amoretti, ed un discorso del professore Cremani.

(3) Sedici di queste proposizioni sono De testamentis; sei De substitutionibus; dieci De legatis; cinque De dote; cinque De servitutibus; e quaranta De pactis, contractibus, indeque nascentibus obligationibus.

dal gius criminale, sei dal diritto feudale, otto dalle leggi canoniche. È fama, che l'Amoretti sciogliesse vittoriosamente e con singolare facondia le difficoltà degli argomentanti; talchè le furono conferite con universale applauso le insegne dottorali. Quella funzione fu resa anche più bella dalla orazione latina (') del promotore D. Luigi Cremani da Siena, valoroso professore di gius criminale in quella università, dalla presenza di Carlo conte di Firmian, allora ministro in Lombardia, e dall'intervento di molti altri personaggi ragguardevoli, non che dal fiore delle gentili donne pavesi, le quali in vista giulive, pareva che godessero nel vedersi chiamate a parte di quegli onori, donde vedevansi prima sbandite non tanto dall'uso, quanto dalla ingiustizia delle leggi. Di questo addottoramento corse il grido per tutta Italia; e la virtuosa Onegliese fu onorata dalle lodi dei più riputati poeti di quella età, tra i quali giovami rammentare un Passeroni, un Teodoro Villa, un Bernardo Zamagna, un Alessandro Sappa, un Parini (2).

Del resto nessuno si maraviglierà, che fosse respinta

(1) Non mi riuscì di veder il testo latino di questo discorso, che fu voltato in italiano, e stampato insieme colle tesi e colle poesie dalla pag. cxxx alla pag. cxxxvII.

(2) Componimenti poetici per la laurea in ambe leggi conferita dalla R. università di Pavia alla signora M. Pellegrina Amoretti, cittadina di Oneglia, publicati dal P. Reggente MENAGLIOTTI carmelitano. In Milano, M DCC LXXVII, appresso Giuseppe Galeazzi, in-4.° di pag. 147. Sono stampati insieme colle tesi e coll' orazione del Cremani col seguente frontispizio: Laurea della signora M. Pellegrina Amoretti cittadina d'Oneglia. In Pavia, presso gli stampatori Porro e Bianchi. Si publicò ancora il seguente volumetto: Poesie inedite per la laurea della signora giureconsulta M. Pellegrina Amoretti. In Pavia, per Giuseppe Bolzani, in-4.° di pag. 32.

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