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Nel primo si ragiona de' sovrastanti ed uffiziali necessari al buon regolamento delle università. Nel secondo si discorre delle varie scienze ed arti che in quelle s'insegnano, del numero, della qualità e scelta dei professori, degli stipendi, e di quanto era opportuno per incominciare i nuovi studi nella reale università di Torino. Nel terzo finalmente si tratta dei gradi accademici, del modo di conferirli e de' collegi dei dottori in ciascuna facoltà. Quest'opera, che servì di norma nella compilazione delle costituzioni dell'università nel 1729, e che si potrebbe anche a' nostri giorni consultare con grandissimo vantaggio, fece vieppiù conoscere al Re l'acume della mente del D'Aguirre, e la grande esperienza che egli aveva delle cose riguardanti gli studi. Epperciò il 22 di maggio del 1717 lo nominò regio avvocato fiscale dell'università torinese (), collo stipendio di lire duemila cinquecento novantaquattro (2). Poco di poi Vittorio Amedeo volendo dimostrare quanto egli stimasse importante il ristorare gli studi delle buone lettere, già da tanto tempo intermessi nella università, incominciò dal ristabilire la cattedra di lingua greca, deputandovi il napolitano Bernardo Lama (3), del quale diremo a suo luogo. Intanto era giunto l'anno 1719; ed essendo compiuta la fabbrica del palazzo dell' università (), il Re pensò essere

(1) A questa carica fu poi accoppiata quella di censore della R. università, come vedrassi a suo tempo.

(2) R. Patenti del Re Vittorio Amedeo II, con cui nomina l'avvocato Francesco d'Aguirre, avvocato fiscale della R. università di Torino del 22 maggio 1717. GALLI, Cariche, vol. II, p. 39.

(3) Con lettere patenti del 12 di gennaio 1718, in cui viene fissata al Lama un'annua provvisione di lire 1500.

(4) Sbaglia all'ingrosso il Costa nello scrivere, che il palazzo della

venuto il tempo di coronare degnamente la gloria procacciatasi in mezzo ai rischi della guerra, col ridonare finalmente l'antico lustro allo studio generale, e ne ordinò per l'anno vegnente la solenne apertura. E perchè a questo fonte della sapienza avesse a concorrere tutta la gioventù studiosa de' suoi stati, con ordine del 24 di marzo e 14 di luglio 1719 privò tutti i collegi della facoltà di

università fosse già terminato il 15 di novembre del 1714. V. Calend. generale del 1829.

(1) Da una lettera autografa del monregalese Tommaso Perlasco, scritta l'anno 1719 all'arciprete Tealdi di Mondovì (Arch. capitolare di Mondovi), parmi si possa ricavare, che esistesse a quella età anche in Vercelli un collegio con facoltà di conferire la laurea. Inoltre Emmanuele Filiberto con diploma del 31 di gennaio del 1559 dato in Bruxelles, aveva conceduto alla città di Cuneo la facoltà di fondare collegi di dottori tanto di legge, quanto di medicina e de' notai coll'autorità di addottorare. Ma non si ha riscontro, che i Cuneesi si sieno mai giovati di questo privilegio. Ecco le stesse eleganti parole del diploma :

«Emmanuel Philibertus etc. Ea sunt fidelissimi nostri populi cuniensis in nos maioresque nostros merita; ea fide, studio, observantia, familiae nostrae dignitatem cunienses omni tempore coluerunt, ut dignissimi merito videri possint, quorum egregia et gloriosa facta illustri non solum gratia excipiamus, sed amplissimis etiam et honoribus et praemiis cumulate decoremus..... Primum Cunium oppidum nomine et honore civitatis afficimus, Cuniensesque omnes tam ex eo loco ortos, quam incolas in civitatem adscriptos cives in perpetuum haberi nominarique volumus et iubemus, atque adeo eo iure cives esse, quo qui optimo ab omni vetustate fuerunt. Ad haec iurisconsultorum, medicorum, librariorum, seu notariorum omnisque generis opificum collegia instituendi, exemploque institutoque caeterarum civitatum, amplam ipsis tribuimus authoritatem, ipsisque collegiorum corporibus ius esse volumus, iurisprudentiae artisque medicinae studiosos, uti ad unumquodque eorum ea res pertinebit, laurea donare, doctorumque insignibus ornare, doctoresque ab eis ita creatos eo numero ac loco usquequaque haberi, quo caeteri omnes, qui in aliis civitatibus publicisve gymnasiis eum sunt gradum dignitatis adepti; sed ea omnia ita demum rata nobis esse placet, modo ut unumquodque iurisconsultorum medicorumque corpus septenos non minus doctores

conferire la laurea. Con questo mirava il savio Principe a far sì, che tutte le parti del regno si giovassero egualmente della felice ristorazione dello studio torinese, e a troncare ad un tempo le cause, che potessero in qualche modo scemarne lo splendore. Questa legge ferì nella più viva parte del cuore la città di Mondovì, la quale, come accade, intendeva piuttosto a conservare il suo privato interesse, che a concorrere anche con qualche lieve danno, nel generoso disegno dell'accorto Sovrano. Per la qual cosa si ridestarono più acerbi negli animi de' Monregalesi i mali umori, che sorti per cagione dello studio fin dai tempi di Emmanuele Filiberto, non si erano poi mai acquetati. Tornarono in sul lamentarsi, parlarono di dritti violati, scesero alle preghiere, ed interposero ogni maniera di uffizi presso coloro, che reggevano le publiche faccende. Ma prima che io venga a parlare di questi inutili sforzi dei Monregalesi, conviene che io mi faccia da più alto principio; e i miei lettori forse mi sapranno grado dello aver loro posto sott'occhio le varie vicende, a cui andarono soggetti i collegi di Mondovì per lo spazio di oltre un secolo e mezzo.

habeat..... ».

Questo diploma leggesi stampato nell'opera seguente : Secoli della città di Cuneo composti da TEOFILO PARTENIO. Mondovì, 1710, in-4° picc. a pag. 172 e seg.

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CAPO X.

Facoltà di conferire la laurea conceduta ai collegi di Mondovì anche dopo la soppressione di quella università. L'instituta e la logica

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insegnata publicamente in Mondovì. Lettere patenti di Carlo Em

manuele I contra gli abusi introdottisi negli esami di medicina.

Larghezze usate negli esami dei leggisti. - Bolla di papa Urbano VIH a favore dei collegi di Mondovì. Privilegio loro conceduto dal cardinale Maurizio di Savoia. - Dissensioni sorte tra il collegio medico e quello dei leggisti. Francesco Vigliotto.

Come abbiamo già raccontato (, Emmanuele Filiberto sopprimendo l'anno 1566 lo studio generale di Mondovì, consentiva, che durassero tuttavia i tre collegi di teologia, di giurisprudenza e di medicina, colla facoltà di conferire la laurea tanto ai paesani quanto agli stranieri, che avessero udito le lezioni private di alcuni dottori. Questo privilegio, che i Monregalesi dovettero' riconoscere piuttosto dalla improntitudine delle loro istanze, che dalla libera volontà del Principe, tornò a grave danno degli studi subalpini. Imperciocchè desiderando i collegi del Monteregale, che una numerosa scolaresca si recasse in quella città per addottorarvisi, anche per una cotale emulazione sorta tra loro e lo studio torinese, incominciarono ad attirarvela con quelle arti, di cui niuna per mio avviso è più possente a far languire gli studi, e ad imbarberire le nazioni. E voglio dire principalmente della soverchia indulgenza usata negli esami, per cui avvenne, che non solamente dalle vicine terre e città, ma eziandio

(1) V. il Libro I di questa Storia, cap. XII.

dalle parti più lontane del Piemonte molti giovani convenivano in Mondovì, e ne riportavano senza troppa fatica le insegne dottorali. E questo ancora non bastando ai Monregalesi, l'anno 1569 ottennero da Emmanuele Filiberto di poter far leggere publicamente l'instituta e la logica nel collegio delle scuole affidate poc'anzi ai Padri della Compagnia di Gesù (9).

Nè sia chi si maravigli di questa inopportuna concessione del Duca. Imperciocchè i Monregalesi, naturalmente assai tenaci delle loro voglie, quando una volta si sono messi per una via, difficilmente se ne ritraggono; anzi con una maravigliosa costanza si adoperano per conseguire il loro intento. Ma siccome questa facoltà violava apertamente i diritti dello studio di Torino, Carlo Emmanuele I, uditi su questo proposito i richiami dei Torinesi, con sua lettera dei 29 di dicembre del 1584 vietò a quei di Mondovì di far insegnare publicamente qualunque facoltà si leggesse allora nell'università di Torino, sotto pena di cento scudi per ogni lezione. E lo stesso tenore di questo divieto (2) rivela in certo modo la pertinacia dei Monregalesi, e la mala soddisfazione del Principe.

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(1) Le lettere patenti del Duca sono dei 2 di aprile del 1569. Archivio civico di Mondovi, libro rosso. GRASSI, Dissert. cit. p. 73. (2) Carlo Emmanuele ecc. Inibizione a quelli del Mondovì, che NON TURBINO OLTRE IL SOLITO la città di Torino nelle ragioni et possesso del studio, prohibendo il legger ..... instituta, nè logica, nè altro di quello, che si legge in questa università di Torino, sotto pena di cento scudi per ogni uno et per ogni volta che si contravverrà, intendendosi etiamdio i lettori et uditori. Torino 29 dicembre 1584 ». Arch. capitol. di Mondovì. Ms. VERNAZZA,

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