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distretto, e non consentirà che alcuno scolare sia preso per debiti.

Se uno scolare sarà rubato nella città o nel distretto, il comune si adoprerà perchè egli riabbia il fatto suo, non altrimenti che farebbe per un suo cittadino.

Il comune non patirà che siano offesi gli scolari per cagione di guerra che avesse con qualche città o principe. Manterrà agli scolari i loro privilegi; li provvederà di due bidelli e di due copisti exemplatores), affinchè ciascuno possa essere fornito degli esemplari convenienti dei trattati di teologia e di dritto civile e canonico, corretti tanto nel testo quanto nella glossa. E gli scolari sborseranno per questi esemplari quel valsente che sarà fissato dai rettori. Ove nascesse qualche discordia tra gli scolari, il comune non favorirà più l'una parte che l'altra; ma si adoprerà per recarli a concordia.

Il comune osserverà questi patti per otto anni. Nè gli scolari nè i loro messi pagheranno alcun pedaggio nel distretto di Vercelli.

I tesorieri (massarii) che debbono distribuire il danaro agli scolari saranno due, ed il comune non potrà cangiarli che una volta all'anno.

Il podestà si obbliga di mandare per le città d'Italia e fuori l'avviso, che lo studio generale è stabilito in Vercelli.

(1) I massarii avevano la custodia dell'erario civico, e godevano ad un tempo dell'autorità edilizia. In Torino questa carica potevasi solamente affidare a persone di chiesa, ovvero a stranieri. Per lo più facevano quest'uffizio i monaci umiliati o quelli dell'ordine di s. Benedetto. V. SCLOPIS, Statuta et privilegia civitatis taurinensis, M DCCC xxxv, a pag. 8 nella nota.

Il comune farà registrare questi patti negli statuti della città, e ciascun podestà giurerà di osservarli.

I rettori poi a nome degli scolari promettevano di adoperarsi di buona fede e sinceramente, affinchè tanti scolari si recassero allo studio di Vercelli quanti erano necessari per abitare le cinquecento camere, e spezialmente affinchè tutto lo studio di Padova si trasferisse a Vercelli, e vi stesse per otto anni; sì veramente, che ove non potessero ciò ottenere, fossero sciolti da ogni obbligo.

Promettevano ancora, che nè i professori nè gli scolari si sarebbono intromessi in alcuna causa tanto in città quanto nel distretto, eccetto che in difesa degli scolari o dei fatti loro.

Che e professori e scolari e rettori avrebbero in ogni cosa favorito l'onore e l'utile del comune; senza aderirsi a nessuna delle fazioni, che potessero sorgere nella città o nel distretto.

E finalmente, che nessuno dei rettori avrebbe maggiore autorità di un altro, ma sarebbero tutti eguali.

Da questi patti, che io sono venuto finora esponendo, appare abbastanza quanto grande fosse nel comune di Vercelli fin dal cominciamento del secolo XIII l'amore per le nobili discipline; con quanta liberalità quei cittadini invitassero dalla Francia, dall' Inghilterra, dalla Spagna e dalla Svizzera studenti e professori; e con quanta industria si travagliassero, perchè fiorisse tra loro uno studio generale allorquando nelle altre parti d'Italia o era spento affatto ogni lume di lettere, o cominciava appena a spuntarne il primo albore. E questi generosi sforzi dei Vercellesi, come era desiderabile, sortirono il loro effetto.

Che l'intero studio di Padova siasi trasportato a Vercelli, non si può con certezza affermare. Ma riesce assai probabile, considerando massimamente, che l'anno 1228, in cui seguì la convenzione predetta, ebbero principio le fazioni che divisero la città di Padova per cagione di Ezzelino da Romano, la cui tirannide oppresse i Padovani infino al 1256 (". Quei tempi, in cui gli animi erano sempre spaventati da atroci delitti, non corsero certamente propizi per gli studi. E di vero, come osserva il Tiraboschi (2), dal 1228 infino al 1260 non trovasi alcuna menzione della università patavina.

Del resto raccogliesi chiaramente da una carta del 28 di gennaio del 1231 (3), che in quell'anno era aperta in Vercelli l'università. Imperciocchè ivi si parla delle franchigie concedute agli scolari, e vi si legge questa espressa condizione. Se però durerà insino a quel tempo lo studio generale in Vercelli ». E durava certamente l'anno 1234 e nei seguenti. Di fatto il proposto Iacopo Carnerio, che succedette poi ad Ugone De Sessa nella sedia vescovile di Vercelli, nel suo testamento dei 13 novembre dell'anno predetto (5) lascia certi legati a tre poveri scolari

(1) RICCOBONI, De gymnas. Patav. cap. II, 2. p. dizione degli studi ecc. p. 148.

(2) Op. cit. vol. iv, lib. I, p. 59.

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(3) << Item omnes mercantie sint hinc inde ab omni parte libere sine contradictione utriusque civitatis, solis conditionibus scolarium commorantium apud Vercellas usque ad tempus conditionum promissarum scolaribus si tamen usque ad illud tempus studium generale in civitate Vercellarum permanserit ». È nell'archivio civ. di Vercelli a fol. 40 del registro dei Biscioni.

(4) Morì l'anno 1235.

(5) . . . « Similiter in coena Domini annuatim dentar tredecin camisiae aliis tredecim de tela grossa; residuum vero reddituum prae

dello studio di Vercelli; lega i suoi libri di teologia ai pp. Domenicani di quella città, colla condizione che non debbano imprestarli ad alcuno fuorchè a certi pochi che egli nomina, tra i quali è il publico professore di teologia; e ordina che i libri di fisica e di letteratura si distribuiscano agli scolari poveri di Vercelli.

Nel libro I dei Biscioni leggesi una carta del 7 di marzo del 1240, in cui il marchese Manfredo Lancea, vicario generale del sacro impero, ordina al podestà di Vercelli di pagare per conto del comune al signor Guglielmo De Ferrario, professore di legge, cinquanta lire pavesi (2) pel suo stipendio di un anno. Inoltre è pervenuta insino a noi una lettera di Federigo II, in cui scrive

rum.

dictarum possessionum per consilium abbatis et prioris eiusdem loci in usus pauperum et maxime scholarium audientium sacram paginam expendantur; ita quod eleemosinarius cum consilio praedictorum ad minus tres scholares pauperes audientes theologiam, si doctor in theologia Vercellis fuerit, eligat, quorum quilibet singulis dominicis percipiat quindecim panes sicalis, quorum quilibet sit quindecim unciaomnes autem alios libros meos de theologia non dispositos nec disponendos a me, ecclesiae sancti Pauli vercellen, relinquo et lego, ita quod fratres praedicatores morantes et moraturi ibidem ipsorum librorum usum habeant, nec liceat eis vel aliis ipsos libros impignorare vendere vel alio modo alienare, accomodare quoque non liceat extra septa claustri sui nisi canonicis sancti Eusebii et sanctae Mariae et sancti Andreae et illis de Lucedio et fratribus minoribus sancti Mathei vercellen. et D. episcopo et magistro, qui Vercellis de theologia doceret, et Ioanni de Raddo clerico socio meo. . . . . libri autem physicae et artium distribuentur pauperibus scholaribus vercellen...». Questo brano è stralciato dall'intero testamento, che trovasi stampato a pag. 84, 85 e 86 dell'opera intitolata: IOANNIS ANDREAE IRICI, Rerum patriae, libri II ecc. Mediolani м DCC XLV. (1) A carte 381.

(2) A quella età la lira pavese equivaleva a franchi 9. 50; epperciò cinquanta lire pavesi corrispondono a franchi 475.

ai Vercellesi, che volendo acconsentire alle loro preghiere manda un valoroso professore di dritto civile (2), il quale farà in Vercelli il doppio uffizio di maestro di leggi e di suo ambasciatore. Questa lettera non ha veramente la nota dell'anno; ma si riferisce evidentemente ai tempi di cui parliamo. Trovo poi in un volume di statuti (3) che l'anno 1212 (4) si ordina, che il podestà debba, tra l'anno nuovo e il carnevale, fare le opportune indagini e adoperarsi per avere lo studio generale (ad habendum studium scolarium), e che otto giorni dopo la Pasqua abbia a tenersi su di ciò publica consulta. La

(1) V. Veterum scriptor. et monumentor.

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ampliss. collect. opera MARTENE et DURAND. tom. II, col. 1141, epist. vil.

(2) Wilelmo. Il DURANDI e il MALACARNE credono essere stato il celebre Durante Guglielmo discepolo di Arrigo di Susa; quel desso, che scrisse la rinomata opera intitolata Speculum iuris, della quale parlando il Baldo soleva dire, che non potevasi chiamare giurisconsulto chi fosse privo di questo libro. V. DEGREGORY, Della vercellese letterat. P. I, p. 258.

(3) << Item statutum est quod potestas teneatur inquirere vel inquiri facere inter annum novum et carlevarium et dare operam ad habendum studium scolarium et z′′ (inde?) octo dies post Pascham teneatur facere consilium ad campanam pulsatam quod super facto studii facere potuerit et secundum quod toti consilio vel maiori parti placuerit faciet et observabit ». È nell'archiv. civ. di Vercelli a carte 47 del volume già citato, contenente molti statuti dell'anno 1242 ed altri anteriori, compilato d'ordine del podestà di Vercelli VITALE DE BECCARIA ecc. (4) Allo stesso anno appartiene un altro statuto con cui si vieta ai cittadini di entrare mallevadori per scolari che non sieno della giurisdizione di Vercelli. « Item statutum est quod nullus homo civitatis sive iurisdictionis Vercellarum possit nec debeat fideiubere nec intercedere pro aliquo scolari, qui non sit iurisdictionis Vercellarum, et quicumque contrafecerit, si fuerit miles solvat bannum librarum decem papiensium pro qualibet vice. Si vero pedo, solvat bannum librarum v pro qualibet vice, nec propterea auxilietur a comuni Vercellarum de illa fideiussione sive intercessione ».

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